Festa del papà, Ceccarelli (Figli Negati): “Abolirla a scuola? Una porcata”
Giorgio Ceccarelli, attivista diritti padri separati: “Col Daddy’s Pride premiamo i genitori dell’anno. Vorrei ci fosse Francesco Totti”
Una ricorrenza civile sviluppata e diffusa in diverse parti del mondo. Il 19 marzo, domenica prossima, si celebra in Italia la Festa del papà. Una ricorrenza che da sempre appassiona grandi e soprattutto piccini.
Un appuntamento che in queste ore sta già facendo parlare di sé, anche in virtù della decisione da parte di una direttrice di una scuola d’infanzia di Viareggio, di non celebrare questa ricorrenza perché ritenuta discriminatoria per una parte di alunni che non vivono da vicino la figura paterna.
Per parlare di questa celebrazione abbiamo intervistato Giorgio Ceccarelli, ideatore del Daddy’s Pride e attivista dei diritti dei padri separati, presidente dell’Associazione “Figli Negati“.
Che valore ha la festa del papà per coloro che vivono o stanno vivendo una situazione complicata con i propri figli?
“Io sono l’esempio vivente di quanto sia importante dopo aver subito una grandissima ingiustizia, come finire in carcere da innocente, trasformare il male in bene. Mi sono impegnato molto dopo quell’avvenimento per far sì che venissero modificate delle leggi. Io dovrei essere un esempio per quegli uomini deboli che hanno vissuto separazioni e che in virtù di queste optano, dopo un allontanamento, per comportamenti violenti nei confronti di ex partner. Sono follie mentali, che sono la rovina di tutte le persone coinvolte. E’ importante sempre però che entrambi i genitori lavorino perché il figlio possa vivere serenamente anche due genitori che decidono di intraprendere percorsi personali di vita ormai differenti. Separare un figlio dall’amore di un genitore, significa provocargli un danno incalcolabile. Leggevo alcuni dati un po’ di tempo fa. Pare che negli U.S.A. l’80% dei detenuti in carceri minorili siano cresciuti senza una figura paterna di riferimento vicino. Il papà, esattamente quanto la mamma, è fondamentale per l’educazione di un figlio”.
In queste ore si parla di scuole che aboliscono la festa del papà. Che idea si è fatto?
“Per mè è una follia. Per una minoranza, vai a danneggiare una maggioranza di persone. E’ una porcata! E’ come se una manifestazione dedicata ai figli non viene fatta per evitare di ferire quelli che non hanno figli. Prima di questa situazione dei due genitori, due papà o due mamme, questi problemi non c’erano. In passato qualcuno si è mai posto il problema di quei bambini il cui papà per esempio fosse venuto a mancare? Tutti festeggiavano il papà, quell’unico bambino o quei pochi bambini no. Ci si è mai chiesto come potevano sentirsi?”
Queste dinamiche pensa potrebbero danneggiare il percorso formativo dei bambini?
“Certo. Una volta si portavano i bambini anche ai funerali. Ora non più. La scuola serve per educare non per sopprimere, per cancellare. La scuola dovrebbe spiegare a una classe che a volte possono esserci situazioni particolari. E’ anche formativo spiegare ai bambini che per esempio se un papà è morto lo segue dall’alto. Che magari è comunque presente in un’altra maniera. In ogni caso lo si aiuta ad affrontare un problema serio. Evitando di festeggiare la festa del papà, il bambino certamente non soffrirà di meno. Qual è il dolore più grande: vivere da solo una situazione drammatica o parlarne e condividerla con altri? Questo è secondo me fare cultura. Vale anche secondo me per le famiglie che contemplano due mamme. Io sono sempre stato dalla parte delle coppie omosessuali, anche in prima linea con iniziative. Ma è importante da questo punto di vista che sappiano cosa vuol dire per un bambino crescere sapendo che un padre non esiste”.
E’ importante per lei, contemplare per i più piccoli una presa di coscienza concreta della realtà?
“Certo approfondendo il ruolo del papà. Nel 2005 feci due manifestazioni davanti all’allora ministro dell’istruzione Letizia Moratti per difendere gli interessi dei padri separati anche in questioni apparentemente banali, come avere la copia della pagella di un figlio, o parlare con i professori. I genitori dovevano spendere del denaro, per fare un ricorso al Tar, per ricevere un pezzo di carta relativo al proprio figlio. Prima dunque la sofferenza dei figli non esisteva? Sembrava che la scuola volesse dire al bambino che il padre, se separato, non aveva valore. E che se la madre avesse voluto, avrebbe avuto il diritto di allontanare il padre dalle dinamiche quotidiane del figlio. Fortunatamente adesso le cose sono un po’ cambiate, almeno su questo aspetto”.
Ci parli del Daddy’s Pride, manifestazione da lei ideata, in occasione della quale saranno premiati il papà e la mamma dell’anno…
“La marcia del Daddy’s Pride difende il diritto dei figli di amare 2 genitori e 4 nonni. Sempre, anche dopo la separazione. Io sono leader mondiale in questo. Non perché io sia il più bravo, ma perché nessun altro lo fa. L’ho fatta in 7 nazioni europee. In città come Parigi, Vienna, Berlino, Praga. Per me è stata una bella soddisfazione portare questa rivolta civile in mezza Europa. L’informazione in Italia, o dovrei dire disinformazione, spesso la trascura. Noi premiamo i genitori che si sono comportati in maniera lodevole. Come Francesco Bia, lo ‘Schindler italiano‘ che attraverso la sua associazione Gabb dal 1997 ha gestito l’arrivo in Italia di 12mila bambini chiusi negli orfanatrofi della Bielorussia dopo il disastro di Chernobyl. O Teresa Mennuni, che ha adottato due bimbi bielorussi, portandoli in Italia. E’ questa la cultura da copiare e seguire. Bisognerebbe premiare anche i figli dell’anno, così da essere d’esempio per gli altri che delinquono o fanno cose deplorevoli. L’Italia ha bisogno di esempi positivi”.
Ha un desiderio particolare per quell’appuntamento?
“Mi piacerebbe che il 19 marzo a Piazza San Giovanni a Roma, insieme a noi per premiare i genitori dell’anno ci fosse Francesco Totti. Soprattutto anche per dare un conforto a quei genitori che non possono abbracciare i figli, perché qualcuno o qualcosa glielo impedisce”.