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Festival di Sanremo 2022, la zampata dei vecchi leoni: Ranieri e Morandi su tutti

La prima serata di Sanremo 2022 conferma ancora una volta la forza di alcuni protagonisti della musica italiana

Fiorello, Amadeus, Sanremo 2022

Fiorello e Amadeus, Sanremo 2022

Come le bollette da pagare, torna, però con scadenza annuale, il Festival di Sanremo. La settantaduesima edizione della rassegna canora non ha mostrato particolari segni di cambiamento rispetto alle ultime stagioni. Prova ne è la conduzione, la terza, affidata ad Amadeus. Per la serata di apertura, accanto a lui ‘’Ama’’ ha voluto una delle ultime dive del cinema italiano: Ornella Muti, ancora splendida nonostante i suoi sessantasette anni. Peccato che, malgrado le rilevanti esperienze cinematografiche, la Muti fosse a proprio agio sul palco dell’Ariston quanto un gatto in tangenziale.

Uno dei momenti più soporiferi della serata è stato, senza ombra di dubbio, l’arrivo di Fiorello, che, ahinoi, ha addirittura rispolverato un contributo video dello scorso anno e nella sua seconda apparizione ha giocato la sua gag su un bacio con mascherina tra Amadeus e il direttore di Rai Uno Stefano Coletta.

Per un attimo siamo tornati bambini. Il momento dell’intervista a Ornella Muti è, infatti, sembrato il gioco che facevamo da infanti: nomi, cose, città, animali. Amadeus chiede all’attrice un aggettivo per ogni attore con cui ha lavorato, da Tognazzi a Sordi, da Depardieu a Stallone. Comprenderete che pareva più un cruciverba che un’intervista. Ma gli autori di Sanremo?

Unica nota sul cambiamento ‘’sociale’’ della rassegna: sempre più gli artisti in gara incarnano, ma già dallo scorso anno, l’evoluzione della sessualità ‘’liquida’’.

Attesissimi, tornano come super ospiti i Maneskin, di cui dal presanremo, tutti sbagliano la pronuncia del nome. I ragazzi romani baciati dalla fortuna si esibiscono con il pezzo vincente dello scorso anno e una stucchevole ‘’ballad’’, Coraline. Non li apprezzavamo un anno fa, non abbiamo cambiato idea. Ragazzi fortunati e Damiano probabilmente il loro unico punto di forza.

Altro ‘’super ospite’’: il tennista Matteo Berrettini. È bravo e bello, soprattutto altissimo, sfiora quasi i due metri, ma un ‘’velino’’ avrebbe fatto lo stesso effetto.

La classifica provvisoria è tutta da comprendere. Concordiamo soltanto sul secondo posto a La Rappresentante di Lista. Il primo posto a Mahmood e Blanco lo apprezziamo per le doti artistiche dimostrate dal primo, ma il brano è senza infamia e senza lode. Per quanto concerne il terzo posto a Dargen D’Amico, crediamo che forse all’ora della sua esibizione la sala stampa fosse un po’ stanca e, perché no, avvinazzata.

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Ma veniamo ai cantanti e ai brani in gara.

Achille Lauro, “Domenica”. Ha aperto la manifestazione fasciato di soli pantaloni in pelle nera Gucci mostrando un fisico palestrato che sui social ha ottenuto molti apprezzamenti. La canzone non altrettanto, essendo un nuovo, forse involontario, chissà, rifacimento della sua celebre Rolls Royce. Possibile che non sappia scrivere altro? Gioca facile sull’autocitazione. Eravamo suoi estimatori al suo esordio sanremese, adesso arrivano i dubbi che proprio lui, ‘’l’alternativo’’, sia ‘’il cantante che esiste solo a Sanremo’’. Non sono bastate le voci gospel né l’acquasantiera a fine esibizione a redimerlo, il nostro è un voto impietoso.

Voto: 5-

Yuman, “Ora e qui”. Non riusciamo ad apprezzarne né la vocalità, né il pezzo né il look. Ci prova a cantare un brano con venature ‘’soul’’, ma risulta poco convincente.

Voto 5


Noemi, “Ti amo, non lo so dire” . Arriva, bellissima come non mai, in un abito splendido, leggiadro, color cipria che si sposa con il suo incarnato eburneo e i capelli fulvi, sempre più magra. Zigomi così ‘’alti’’, così sporgenti, non li ha mai avuti. Chiudiamo gli occhi e la voce somiglia sempre di più a quella di Michele Bravi, è proprio l’epoca del ‘’liquid gender’’. Canzone che sembra una delle tante noiose ascoltate in passato, non ha guizzi. Ripetere il titolo ‘’Ti amo non lo so dire’’ nel testo non aiuta. Molto banale

Voto: 4 e 1/2

Gianni Morandi, “Apri tutte le porte”.  Canzone firmata per lui da Jovanotti, il che, per chi scrive, non è un valore aggiunto, ma tant’è. Pezzo che riecheggia il passato glorioso degli anni sessanta del Gianni nazionale, ‘’Andavo a cento all’ora’’ solo per citarne una. Morandi è un colosso della canzone pop italiana: voce, passione, simpatia, grande presenza scenica, ma si emoziona anche lui all’inizio a trovarsi di nuovo in gara su quel palco. Il brano ha un ritornello orecchiabile, radiofonico, ballabile, adatto anche alla prossima estate. Sempre strepitoso Gianni Morandi, una certezza, e il pezzo gli calza a pennello.

Voto 7 e 1/2

La Rappresentante di Lista, “Ciao ciao” Il duo Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina aveva già fatto breccia nei cuori di molti lo scorso anno. Stavolta la cantante e autrice appare in una sorta di versione ‘’principesca Courtney Love’’ con tanto di tiara e capello lungo platino stile Heather Parisi degli anni Ottanta. Bella esibizione, convincente la vocalità, la musica ‘’rubata’’ alla disco anni settanta, il ritornello un po’ ‘’gioca-jouer’’ e quel ‘’ con il culo’’ che non ti aspetti. Che groove!

Voto 7 ½

Michele Bravi, “Inverno dei fiori”. Con un nuovo look molto ‘’Edward mani di forbice’’ e una vocalità sempre singolare si lancia in una canzone piuttosto piatta, senza colpi né nell’arrangiamento, né nel testo. Fluisce e va via senza ricordo alcuno.

Voto: 5

Massimo Ranieri, “Lettera di là dal mare”.

Prova di grande presenza scenica: classe, voce, canzone classica dall’impianto tradizionale e raffinato. Un fuoriclasse, insomma, che si mette in gioco senza averne alcun bisogno. Forse qualcuno del suo entourage dovrebbe consigliargli di cambiare il colore della tinta, questo sì. Ha problemi con il ‘’ritorno’’ negli auricolari, ma la sua maestria gli fa superare tutto. Emozionante. La canzone e l’interpretazione, ad ora, più belle del Festival. Le linee vocali non sono facili, sembrano tutte costruite sui ‘’levare’’ più che sui ‘’battere’’. Quello che ha lasciato Tosca l’anno scorso, quest’anno lo fa il grande Massimo Ranieri. Poesia.

Voto: 8

Mahmood e Blanco, “Brividi”. Mahmood è uno dei rari autentici artisti emersi negli ultimi anni. Ha talento, carisma e una voce singolare e potente. Blanco non pervenuto. La canzone è troppo prevedibile, romanticona al limite dello sdolcinato, deludente, testo banale. L’armonia quasi sempre sincrona a due voci non convince. Ci aspettavamo di più.

Voto 5 e 1/2

Ana Mena, “Duecentomila ore”. Ignoriamo chi sia e dopo averla ascoltata capiamo perché. Sembra uscita dalla combustione tra la Napoli ‘dei neomelodici e la musica volgarotta sudamericana da balere e discoteche.

Non classificabile

Rkomi, “Insuperabile”. Boh! Leggiamo, apprendiamo, che il suo album, Taxi Driver, è stato il più venduto nel 2021. Cerchiamo di comprendere soprattutto le parole mentre canta, ma proprio, nonostante la buona volontà non ce la facciamo. Forse era meglio che si fosse lasciato la mascherina nera con cui è arrivato, quel tocco di ‘’Zorro’’ in più. Sarà un problema nostro? Mah!

Voto: 4

Dargen D’Amico, “Dove si balla”.  Pensavamo che il peggio fosse già arrivato e invece…Sembra la sagra del debuttante accompagnata dalle stonature, dall’abito orripilante e dall’arroganza, almeno apparente, dell’interprete che sforna un brano irrilevante, brutto. Canta: ‘’mi piace, mi piace, mi piace’’, solo a lui, perché a noi per niente. Con il coretto che gli va appresso. ‘’Fottitene e balla…Paraparapapa…’’. Bisogna aggiungere altro?

Voto: 2

Giusy Ferreri, “Miele”. Purtroppo Giusy Ferreri si conferma una delle voci più ‘’ingolate’’ della canzone italiana con, in più, un pessimo gusto nella scelta dei pezzi. Non bastavano i suoi tormentoni estivi, ne aggiunge un altro prima del tempo, questo.

Voto: 1