Figli: tante belle parole ma la politica è contro le famiglie
Le nostre città, Roma in testa, non sempre mettono la famiglia nelle condizioni di poter crescere dei figli come si dovrebbe: perché?
Le nostre città, Roma in testa, non sempre mettono la famiglia nelle condizioni di poter crescere dei figli come si dovrebbe. Ci sono esempi virtuosi, anche da noi, dove ciò appare più facile. Perché non si imitano? Perché tutti parlano di famiglia ma poi non si fa niente per sostenerla?
Caro figli, calo demografico ed esempi virtuosi
Crescere un figlio è un problema per le famiglie di oggi. È anche il motivo per cui si fanno meno bambini e per cui l’Italia soffre di un pericoloso calo demografico. Pericoloso perché alla lunga significa non avere quegli impieghi che serviranno a coprire le carenze professionali del prossimo futuro. Questo farà mancare anche la copertura necessaria per il volume di pensioni in aumento.
Aggiungete che molti giovani già adesso abbandonano l’Italia per trasferirsi a lavorare all’estero, dove è più facile trovare una occupazione adeguata al loro livello di preparazione, di studi e anche per le migliori condizioni economiche e sociali.
Danimarca, un Paese a misura di genitori
La soluzione non sarebbe difficile, il difficile è fare le cose giuste e logiche in Italia. Impedimenti burocratici, raccomandazioni, scelte che non premiano il merito, imposizioni fiscali che non facilitano l’investimento d’impresa, sono alcuni dei fattori che complicano le cose attualmente.
Se volessimo saper allora dove le cose funzionano e perché funzionano meglio che da noi, basterebbe informarsi con i dati della ricerca svolta dalla Wharton School dell’Università di Pennsylvania, negli Stati Uniti d’America.
Uno studio che ha avuto come scopo individuare quale fosse il Paese migliore in cui crescere un figlio e perché. Su 73 paesi in Europa, Asia, Africa, Americhe e Medio Oriente; la Danimarca si è classificata al primo posto, per qualità e costi dell’istruzione, tutela dei diritti umani, sicurezza dei cittadini e congedi per maternità e paternità.
Seguono Svezia, Norvegia, Canada e Paesi Bassi, l’Italia figura sedicesima. Questa classifica è relativa al 2020. Possibile che oggi, a tre anni di distanza, si sia modificata, ma non credo. Quasi certamente l’Italia non avrà guadagnato posizioni migliori. Secondo il sociologo Paolo Landri, del Cnr-Istituto ricerche sulla popolazione e politiche sociali, la percezione dei cittadini europei intervistati coincide con i dati statistici conosciuti sui rispettivi stati e i Paesi scandinavi sono sempre nei primi posti.
Tutti a “difendere” la famiglia ma nessuna politica di sostegno
In Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca non si è mai smesso di investire in politiche di assistenza e benessere sociale. La qualità dei servizi è altissima. Ovviamente le dimensioni ridotte della popolazione e l’alto livello culturale dei cittadini hanno facilitato i risultati di queste politiche, alle quali la gente ha dato il suo contributo.
Dice il sociologo Landri: “Se da noi i sistemi di welfare sono compensativi, vale a dire pensati per intervenire quando c’è un problema, quelli scandinavi sono generativi: fanno girare l’economia, contribuiscono al benessere dei lavoratori”.
In Italia, pur se in molti si riempiono la bocca con il concetto di famiglia, di fatto questa istituzione non è sufficientemente messa in grado di svolgere il ruolo per cui la si vorrebbe mettere al centro della società. Viene sovraccaricata di problemi, non ha congrui sostegni né economici né assistenziali sul piano logistico. Il risultato sono i bassissimi tassi di natalità.
L’occupazione femminile, che da noi viene vista come un ostacolo alla procreazione, nei paesi scandinavi è molto alta ma le politiche del benessere consentono alle donne di conciliare i tempi di lavoro con quelli da dedicare alla famiglia.
Così accade che in un Paese di grandi tradizioni pedagogiche come il nostro, non si faccia nulla o quasi per valorizzare tutto quello che ci aiuterebbe a far crescere meglio i nostri figli.
Qualità della vita: non dipende solo dalle istituzioni
La civiltà dei loro abitanti, il livello di partecipazione democratica alle scelte, la presenza di strutture di servizi facilmente accessibili e con una storia di funzionalità ed efficienza che ha fatto scuola, sono i motivi per cui qualità della vita è migliore.
Se gli stessi abitanti sono coinvolti nelle decisioni cittadine e si sentono responsabili del livello di funzionamento delle istituzioni cittadine, le stesse istituzioni sono in qualche maniera costrette ad essere efficienti.
Se gli abitanti si astengono e si defilano delegando tutto alle istituzioni, il funzionamento della macchina sarà molti più complicato. Le metropoli come Roma, Napoli e Milano hanno oggettivamente dei problemi in più, legati alle dimensioni dei problemi.
Ritengo che uno Stato serio, dovrebbe impiantare una programmazione che riduca la crescita demografica delle metropoli e favorisca la proliferazione di centri medi a misura d’uomo. L’Italia partirebbe avvantaggiata in questo, perché ha già una distribuzione urbana che si sviluppa in tal senso. La tendenza mondiale invece va verso la crescita assurda delle super metropoli con tutta una serie di problematiche esistenziali e logistiche.
Quello che ci interessa, ai fini dell’articolo, è però la provincia o la città in cui in Italia si cresce meglio un figlio. Il dato si desume dai dati raccolti sulle varie classifiche della ricerca.
Quali sono le condizioni per crescere al meglio dei figli
Di fatto quali sono le condizioni per crescere al meglio un figlio? Innanzi tutto ci vuole una stabilità lavorativa, per almeno uno dei genitori. Un introito economico che non faccia vivere in apprensione la coppia, poi nel momento in cui nasce un figlio, questa rassicurazione è ancora più indispensabile.
Non occorre essere proprietari dell’appartamento ma almeno potersi permettere di pagare l’affitto per vivere decentemente in un ambito che permetta spostamenti agevoli con mezzi pubblici e a piedi.
Servono politiche a misura di coppie che vogliono una famiglia
Queste prime considerazioni già ci fanno capire che occorrono politiche che agevolino la possibilità per una famiglia giovane di sobbarcarsi un mutuo per l’acquisto di una casa senza dover dissipare tutte le entrate oppure stipendi che per un giovane impiegato non possono partire da livelli che in Europa nessun Paese ha. Ci vuole un minimo dignitoso, magari col contributo di istituzioni pubbliche o agevolazioni contributive. Occorre poter contare su una qualità dei servizi di trasporto urbano che possano aiutare la famiglia a non dover ricorrere necessariamente al mezzo privato, per ogni spostamento. Dati i costi crescenti del carburante e di gestione delle auto anche qui manca completamente una politica di sostegno.
La presenza di asili nido, possibilmente gratuiti o a basso costo, sicuri, con orari adeguati alle esigenze della coppia. La possibilità, per entrambe i genitori, di poter contare su permessi o congedi retribuiti per maternità e paternità, alternativamente. Nella ricerca era stato inserito anche il dato della disponibilità di pediatri sul territorio. Anche questa è una voce essenziale.
Favorire le politiche di aiuto alla maternità
Da qui la necessità, in prospettiva, di favorire, da parte dello Stato, una decrescita urbanistica nelle grandi metropoli e una diffusione territoriale di città medie, dove la vita è migliore. Insomma ci siamo capiti.
Se davvero si vuole che le famiglie riprendano a fare figli, vanno messe nella condizione di farlo, Altrimenti succederà che andranno sempre più dove queste politiche si praticano e non ci si deve lamentare se l’Italia subirà dei vuoti demografici molto gravi.
Se vogliamo che cresca il tasso di natalità bisognerà programmare degli interventi e investimenti pubblici a lungo periodo, che favoriscano la vita di coppia e la maternità, proprio per le agevolazioni che si rendono indispensabili alla crescita dei figli.
Dare fondi una tantum, o ridicoli aumenti con assegni familiari, non cambia le cose. C’è bisogno di molto di più. Non dico di copiare dalla Danimarca, ma almeno ispirarsi ai Paesi in cui il tasso di natalità non decresce, per via delle politiche di benessere e di ausilio ai genitori e alla maternità.