Francia “ingovernabile”, Israele quasi? L’Europa prenda esempio dall’Italia
Macron è in difficoltà, a Tel Aviv cade (di nuovo) il Governo, mentre da noi la frammentazione del quadro politico è quasi la norma: ma quali sono le sue cause profonde?
Dalla Francia a Israele, pare proprio che le democrazie europee (e più in generale occidentali) siano attraversate dall’equivalente politico di uno sciame sismico. Generato dalla sempre più spinta frammentazione dei quadri elettorali, a sua volta espressione di un disagio sempre più profondo da parte dei cittadini. Che ora magari spaventa il Vecchio Continente, ma per il Belpaese rappresenta una (avvilente) normalità.
Dalla Francia “ingovernabile” alla caduta del Governo di Israele
Forse, dopotutto, un “modello Italia” esiste veramente. Anche se ha poco o nulla a che vedere con la propaganda pandemica dell’ultimo biennio, e molto con l’atavica consuetudine di avere composizioni parlamentari estremamente eterogenee.
Un contesto che rappresenta invece una sconvolgente novità Oltralpe dove, in seguito alle Legislative, il Presidente Emmanuel Macron ha clamorosamente perso la maggioranza nell’Assemblea Nazionale. Tant’è che da giorni i principali commentatori internazionali si interrogano esplicitamente, come ha fatto ad esempio France24, sul rischio di «una Francia ingovernabile». Ipotizzando anche che Monsieur le Président, qualora fallissero i colloqui attualmente in corso con le altre forze politiche, possa decidere di sciogliere immediatamente la Camera bassa.
Une #France 🇫🇷 ingouvernable ?
"Il faut une réforme constitutionnelle" estime @ArmandZorn, député allemand @spdbt ⤵️ pic.twitter.com/w5jQgcq1Lv— Le Débat – France 24 (@DebatF24) June 20, 2022
Eppure, l’esperienza di altri Paesi insegna che ben difficilmente gli elettori voterebbero in maniera sensibilmente diversa a così breve distanza dalla tornata precedente. Paradigmatico è il caso di Israele che, con la caduta dell’esecutivo di Naftali Bennett, tornerà alle urne per la quinta volta in circa tre anni. Ma anche la Spagna ha vissuto quattro elezioni in quattro anni, tra il 2015 e il 2019, prima dell’accordo tra il PSOE del Premier Pedro Sánchez e Podemos.
Le cause della frammentazione
In effetti si tratta di un andazzo ormai piuttosto diffuso nel Vecchio Continente. E per quanto ogni Stato abbia – naturalmente – le proprie peculiarità, si possono ravvisare delle caratteristiche comuni. Cominciando dalla crisi dei partiti tradizionali come Les Républicains e il Parti Socialiste in Francia – o dei leader come l’israeliano Benjamin Netanyahu.
Questa crisi, inevitabilmente, genera nell’elettorato smarrimento e, a volte, rabbia, che vengono estrinsecati essenzialmente in due modi. Con l’astensionismo, che per esempio in Francia è ormai “il primo partito”; e con la crescita esponenziale delle forze che si presentano come anti-sistema.
Bisognava usà queste come cabine elettorali #affluenza pic.twitter.com/jDFq90J9Ij
— Le frasi di Osho (@lefrasidiosho) June 12, 2022
A Parigi sono stati il Rassemblement National di Marine Le Pen e, soprattutto, la Nupes, la coalizione di estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Ma il trend è analogo a Madrid, dove Vox potrebbe diventare il terzo partito, e anche a Roma, dove i sondaggi continuano a premiare FdI.
Da noi, poi, ci sono anche questioni ulteriori alla base del sensibile calo della fiducia. Tipo il fatto che dal 2011, dal “golpe bianco” ai danni dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non c’è più stato un Premier designato dagli Italiani. E che da allora, in 10 degli ultimi 11 anni è (stato) al potere un partito – il Pd – che non vince un’elezione (nazionale) dal 2006.
Gli Italiani, insomma, potrebbero chiedersi se continuare a votare abbia davvero senso. Oltre a quello, ça va sans dire, di conservare “l’ambito” ruolo di prototipo dei cahiers de doléances per il resto d’Europa.