Francia, le Legislative anticipate sono già un caos: e Macron gode
A destra i Repubblicani sono lacerati dal possibile apparentamento con la Le Pen, a sinistra il Nuovo Fronte Popolare, appena (ri)nato, già (ri)litiga: tutto a vantaggio di Monsieur le Président (forse)
La Francia è nel caos dopo la decisione del Presidente Emmanuel Macron di sciogliere l’Assemblea Nazionale e indire nuove Elezioni legislative dopo la débâcle alle Europee. Colpa soprattutto della legge elettorale in vigore, che costringe gli schieramenti a unirsi in alleanze momentanee, “innaturali” e dunque costitutivamente fragilissime. Che infatti stanno terremotando tanto la destra quanto la sinistra.
Le Elezioni legislative in Francia
Per comprendere il bailamme scatenatosi Oltralpe intorno alle Legislative anticipate, bisogna partire dal sistema di voto, che è uninominale a doppio turno. Significa che ogni circoscrizione elegge un solo deputato, immediatamente (il 30 giugno) se questi supera il 50% delle preferenze, altrimenti dopo il secondo turno (il 7 luglio). Non si tratta però di un ballottaggio vero e proprio, perché sono ammessi tutti i candidati che ottengono almeno il 12,5% dei consensi.
In ogni collegio predominano dinamiche locali, il che rende il quadro molto meno scontato di quanto si possa pensare. Per dire, se anche il Rassemblement National di Marine Le Pen replicasse l’exploit (nazionale) ottenuto col rinnovo dell’Europarlamento, non necessariamente avrebbe il 31,37% degli scranni.
Questo meccanismo, inoltre, tende a favorire gli apparentamenti tra forze politiche con corredi valoriali (teoricamente) simili: ed è proprio qui che, paradossalmente, nascono i problemi.
La destra di Francia piange…
A droite, in particolare, Les Républicains (eredi della formazione che fu di Nicolas Sarkozy) sono in preda a un vero e proprio psicodramma. A scatenarlo è stato, suo malgrado, il numero uno Éric Ciotti, annunciando un accordo storico col RN.
Troppo storico, probabilmente, per i dirigenti gollisti che, come riporta Le Figaro, hanno reagito estromettendo dal partito il diretto interessato. Il quale però ha presentato ricorso presso il Tribunale di Parigi che, come puntualizza l’ANSA, lo ha accolto, annullando quindi l’espulsione. E riuscendo contestualmente nell’impresa, per parafrasare The Big Bang Theory, di “incasinare il casino”.
Dulcis in fundo, come rileva France 24, i vertici repubblicani hanno deciso tafazzescamente di presentare uno sfidante alternativo per il seggio cui aspira il proprio Presidente. Alla cui sessantina di aspiranti parlamentari, aggiunge Le Parisien, hanno oltretutto opposto circa 400 nomi (tutti, naturalmente, rivendicando per sé il simbolo LR).
…ma la sinistra non ride
Per parte sua, la gauche ha costituito il Nouveau Front Populaire, riedizione di quella Nupes che aveva già corso all’ultima tornata di due anni fa. E che era andata in frantumi lo scorso ottobre, dopo che il radicalissimo Jean-Luc Mélenchon, volto de La France Insoumise, aveva rifiutato di qualificare Hamas come un’organizzazione terroristica. Otto mesi dopo, non solo le ragioni dell’implosione restano valide, ma altre se ne sono sommate – e con lo stesso epicentro.
I malumori sono infatti iniziati quando il leader di estrema sinistra ha affermato di sentirsi «in grado» di assurgere al potere. Mandando su tutte le furie il socialista Raphaël Glucksmann, che lo ha accusato di essere troppo divisivo per poter espugnare Matignon (il Palazzo Chigi parigino). Tant’è che in seguito il “ribelle” ha fatto una parziale retromarcia, precisando che «se pensate che io non debba essere Primo Ministro, non lo sarò».
Ma non solo. Il Nostro ha purgato le liste elettorali da alcune figure storiche de LFI “colpevoli” di averlo criticato – o, per citare un’epurata, di «lesa mélenchonità». Però vi ha incluso l’uscente (e suo fedelissimo) Adrien Quatennens, condannato nel 2022 per violenza domestica, che travolto dalle polemiche ha poi preferito auto-escludersi spontaneamente dalla contesa.
La prospettiva per i membri dell’unione eco-comunista, insomma, è quella di arrivare alla meta divisi benché uniti, come del resto può sempre capitare con una “fusione fredda”. Senza dimenticare che, in politica, 2+2 non fa mai 4.
E Macron (forse) gode
Frattanto, tra i due proverbiali litiganti (interni ed esterni) a godere è Macron che, scrive Le Monde, si è autoproclamato comme d’habitude unico argine contro gli estremismi. E che evidentemente spera di invertire la tendenza che vede la sua creatura, Renaissance, in crollo verticale nel gradimento dei citoyens.
Va detto comunque che Monsieur le Président ha già assicurato che resterà saldo al suo posto anche in caso di nuova disfatta. Né d’altronde, come riferisce La Stampa, la sua rivale alle ultime due Présidentielles ne chiederà le dimissioni, puntando invece alla coabitazione col proprio delfino Jordan Bardella.
Lo scrutinio anticipato, dunque, è a rischio zero per l’inquilino dell’Eliseo, perché al massimo lo scotto lo pagherà l’attuale Premier Gabriel Attal. Il che, en passant, suona decisamente ipocrita in una Nazione come la Francia, che si riconosce piuttosto nel Capo dello Stato.
Sia come sia, non si chiamano “urne” a caso. Allons enfants de la Patrie, / Le jour de gloire est arrivé!