Gas, Descalzi: “Occhio, benefici da aumento estrazioni solo in 2-3 anni”
Il monito dell’AD di Eni sul caro bollette. Eppure le soluzioni ci sono (nucleare e trivelle), ma occorrono una strategia strutturale e l’abbandono delle follie ideologiche ambientaliste
Il CdM ha approvato un ulteriore pacchetto di misure contro l’impennata delle tariffe di luce e gas, la cui produzione crescerà ma senza nuove trivellazioni. Un provvedimento che, pur andando nella giusta direzione, non è certamente sufficiente, come ha sottolineato anche Claudio Descalzi, Amministratore Delegato dell’Eni. Anche se va precisato che, a monte, la responsabilità è sempre del peggior affermazionismo ambientalista – e dell’Europa che s’inchina a questi deliri.
Il monito di Descalzi sul gas
Il Governo guidato da Mario Draghi ha stanziato altri 5,8 miliardi di euro contro il caro bollette, come riferisce TGcom24. Aggiungendo che il nuovo Decreto prevede tra l’altro l’incremento della produzione di gas autoctono, ma senza aumentare gli impianti di estrazione (facile immaginare a causa di chi).
L’esecutivo ha già avuto rassicurazioni in tal senso dall’AD dell’ex Ente Nazionale Idrocarburi, Descalzi. Lo ha confermato lui stesso in un’intervista a La Stampa, lanciando però contestualmente un avviso ai naviganti. «L’attuale situazione andrà avanti fin quando l’offerta di gas resterà scarsa rispetto alla domanda». E, per quanto concerne lo sfruttamento dei giacimenti nostrani, «potremmo avere una scaletta di crescita interessante in 2-3 anni, non in sei mesi».
Nessuna illusione, insomma, anche perché l’obiettivo, come riporta Il Giornale, è «arrivare a circa cinque miliardi di metri cubi» di gas estratto dagli attuali 3,2 miliardi. Lo ha affermato Roberto Cingolani, Ministro della Transizione ecologica, ricordando però contestualmente che il totale di consumi nazionali è pari a «circa 70 miliardi». Altro, quindi, che le misure strutturali auspicate dallo stesso fisico.
Ma il vero paradosso è che proprio il MiTE ha recentemente pubblicato il “Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee” (PiTESAI). Che, come ha illustrato Panorama, sarebbe la «mappa dei tesori del sottosuolo italiano», approvata da tutte le Regioni – incluse quelle No-triv.
Tanto per ribadire che le soluzioni alla crisi esistono (c’è anche il nucleare, per dire, come sa bene il Presidente francese Emmanuel Macron). Tuttavia, per poterle adottare bisogna prima liberarsi della zavorra rappresentata dall’ideologia eco-catastrofista.
La greenflazione
Peraltro, quanto a brevimiranza, Bruxelles è la proverbiale Sparta che non ride. Per esempio perché, come ha puntualizzato l’accademico danese Bjørn Lomborg su Tempi, soddisfa oltre l’80% del proprio fabbisogno energetico primario mediante combustibili fossili. E solo il 3% attraverso le rinnovabili, oltretutto penalizzate da un’estate poco ventosa.
In compenso ci sono i venti di guerra russo-ucraina a introdurre un nuovo fattore di destabilizzazione. Soprattutto per i Ventisette, che importano i due terzi del gas naturale e ne acquistano il 41% proprio da Mosca. Superfluo specificare cosa accadrebbe in caso di chiusura (forzata o meno) dei rubinetti.
La vera colpa comunitaria, però, va sotto il nome di European Green Deal. Perché non è certo la prima volta che il Vecchio Continente affronta un’emergenza energetica, che in passato veniva risolta ricorrendo al vituperato carbone. Ora però l’Unione Europea ha pensato male di raddoppiare i prezzi dei permessi di emissione della CO2, da 30 a 63 euro a tonnellata. E, conclude l’Economist, «se viene bruciato più carbone per compensare la mancanza di gas naturale», c’è un effetto valanga che compromette il potere d’acquisto dei cittadini. E nessuno è disposto a tollerarlo.
Vale su questo lato dell’Atlantico, dove un importante politico ha avvertito anonimamente il Financial Times del rischio di avere gilet gialli ovunque, ma anche negli Usa. Dove un sondaggio del Washington Post ha rilevato che la maggioranza degli Americani non accetterebbe neanche 2 dollari di rincaro tariffario annuo per finanziare politiche verdi. E per i traguardi della Casa Bianca ne occorrerebbero 11.300 pro capite l’anno.
Con buona pace – ça va sans dire – della già altissima inflazione. O, come la chiamano sarcasticamente da quelle parti, la greenflazione.