Genitore 1 e 2 invece di padre e madre su carta identità. Il Tribunale dice ok
Il tribunale di Roma accoglie il ricorso di due mamme contro un decreto che imponeva sul documento la dicitura “padre” e “madre”
Avevano presentato un ricorso contro il decreto del 31 gennaio del 2019 dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il decreto imponeva la dicitura “padre” e “madre” anziché “genitore”, sul documento di identità.
La vicenda
Due mamme, una naturale l’altra adottiva, hanno ottenuto dai giudici l’ok a far comparire sulla carta di identità della bambina la dicitura neutra. Questo perché il decreto che glielo impediva, come spiega l’avvocato delle due donne, “oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali”, era “viziato da eccesso di potere“.
“Mi è stato segnalato che sul sito del ministero dell’Interno, sui moduli per la carta d’identità elettronica c’erano ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’. Ho fatto subito modificare il sito ripristinando la definizione ‘madre’ e ‘padre'”, aveva dichiarato Matteo Salvini. “Difenderemo la famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna”, aveva concluso l’ex ministro dell’Interno.
Diverse le reazioni all’epoca dei fatti, tra il supporto e l’approvazione di associazioni come “Pro Vita” e “Generazione Famiglia” e l’indignazione delle famiglie Arcobaleno e di altri esponenti della politica che avevano definito il provvedimento, “retrogrado e fascistoide”.
La risposta del Garante per la privacy
Il Garante per la Privacy aveva dato parere negativo sulla sostituzione dell’indicazione “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2” , in quanto rilevava che sarebbero potuti insorgere dei problemi relativamente ai profili di protezione dei dati personali. Infatti, si leggeva, “la modifica in esame è suscettibile di introdurre, ex novo, profili di criticità nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un soggetto minore, è presentata da figure esercenti la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica ‘padre’ o ‘madre’.
Ciò, in particolare, nel caso in cui sia prevista la richiesta congiunta (l’assenso) di entrambi i genitori del minore (documento valido per l’espatrio)”.
Dunque le probabili criticità sarebbero potute insorgere in caso di “trascrizione di una sentenza di adozione o la trascrizione di atti di nascita formati all’estero, il riconoscimento in Italia di provvedimenti di adozione pronunciati all’estero, la rettifica di attribuzione del sesso”.
L’ordinanza del Tribunale di Roma
Intanto, la disposizione è arrivata da una ordinanza del Tribunale civile di Roma.
Federica Tempori, il legale delle due donne, ha spiegato che le sue assistite avessero una sentenza di adozione passata in giudicato. Le mamme si sono presentate al Comune per richiedere il documento, ma allo sportello, giustamente, hanno spiegato l’impossibilità di applicare la dicitura neutra, perché sarebbe stata necessaria quella riportante la scritta ‘padre e madre o chi ne fa le veci’.
Una situazione che ha di fatto scaturire l’indignazione della coppia che, dopo un primo ricorso al Tar, ha deciso di rivolgersi al tribunale ordinario, il quale ha dato loro ragione.
Secondo il giudice, nel provvedimento il ministro va oltre le sue competenze. La carta di identità certifica una realtà “già preesistente nell’atto nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l’atto di nascita”.