Giletti e la7. Oggi c’è molta più censura sui mass media
Non si fa comunicazione per un pubblico ma si vende un pubblico ai pubblicitari. Nel caso della Rai lo si fa anche per i politici, non solo per i pubblicitari
Urbano Cairo chiude in anticipo la trasmissione “Non è l’Arena” di Massimo Giletti. Senza dare spiegazioni. La polemica e le illazioni fioccano da tutte le parti. Ma è solo la censura dei soliti noti.
La trasmissione di Massimo Giletti, Non è l’Arena è stata soppressa quando ancora mancavano due mesi alla conclusione del contratto. Non sono ancora chiare le vere motivazioni che hanno portato l’editore Urbano Cairo a prendere una decisione così apparentemente controproducente per un’azienda, che vive di introiti pubblicitari, ai quali dovrà evidentemente rinunciare.
Il conduttore ha subito posto il quesito di fondo: “Chiediamoci perché ci hanno chiuso. Stavamo preparando tre puntate importanti, delicatissime. Deflagranti. E siamo stati fermati”. Le tre puntate riguardavano la strage di via d’Amelio, Marcello Dell’Utri e l’ex sottosegretario di Forza Italia, Antonio D’Alì, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Nella domanda di Giletti si adombra la possibile causa.
Salvatore Baiardo pareva usare il programma come megafono
Recentemente avevano fatto scalpore alcune puntate del programma nelle quali Salvatore Baiardo, amico e confidente dei boss della mafia Giuseppe e Filippo Graviano, aveva rilasciato dichiarazioni importanti. Come annunciare alcuni mesi prima l’arresto di Salvatore Messina Denaro, “Un regalo”, forse in cambio di qualcosa da parte dello Stato.
Anche tutta una serie di rivelazioni che hanno costretto Giletti a dare testimonianza davanti ai pubblici ministeri Turco e Tescaroli, che indagano sulle stragi del 1993. Giletti ha detto ai giudici che Salvatore Baiardo gli ha mostrato una foto dove si vedono Silvio Berlusconi insieme a Giuseppe Graviano e al generale dei carabinieri Francesco Delfino. Una foto che, se fosse in possesso della magistratura, sarebbe una vera bomba per le inchieste su quelle stragi, per capirsi quelle di Falcone e Borsellino, cui seguirono quella di via dei Georgofili a Firenze e quella di Piazza San Giovanni a Roma.
Qualcuno ha voluto fermare le rivelazioni di Baiardo?
Mentre l’editore di La7 smentisce la censura (che di fatto c’è) e i dirigenti Rai dicono che non ci sono stati incontri e che quindi la chiusura del programma non ha nulla a che fare con eventuali ritorni di Giletti all’emittente pubblica, una delle sue più strette collaboratrici: Sandra Amurri, che scrive anche sul Fatto Quotidiano, ha avuto modo di gettare benzina sul fuoco: “Mi chiedo: c’è davvero qualcuno disposto a credere che la ragione di una tale decisione della rete possa essere dipesa dal pagamento di Baiardo per le sue partecipazioni al programma? E non sia, invece, scaturita dalle inchieste in cantiere su altre verità nascoste sui cosiddetti “intoccabili?”.
A confermare di aver ricevuto pagamenti per andare in trasmissione è stato lo stesso Baiardo ma non si tratta di emolumenti in nero e fuori dell’amministrazione del programma. Ogni ospite in tv viene pagato per la prestazione e la tariffa dipende dal valore della persona o delle dichiarazioni. In questo caso si parla di un compenso tra i 30 e i 48.000 euro. Ci sta. Questo Salvatore Baiardo non è un pentito, non è indagato per reati mafiosi, almeno a me non risulta. È uno che sembra sapere molte cose ma le dice a mezza bocca, lascia all’interlocutore completare il puzzle e poi, davanti al magistrato, ritratta tutto e così ogni velata accusa resta avvolta in una nube.
Ma come si dice: “dalle e dalle se spezza pure o metalle” e a forza di mezze verità e di dettagli il quadro potrebbe essere chiaro a tutti e forse questo è proprio quello che non si vuole che avvenga.
Le censure non sono una novità in Italia
Correva l’anno 2003 e regnava, anzi dirigeva il governo del Belpaese ancora lui, Silvio Berlusconi, quando la Rai interruppe dopo la prima puntata il programma satirico Raiot – Armi di distrazione di massa ideato e condotto da Sabina Guzzanti e scritto con Curzio Maltese e altri. Avrebbe dovuto durare almeno sei puntate la domenica sera su Raitre, in terza serata, ma venne bloccato. Da allora non si è mai saputo la versione ufficiale di quella decisione.
La stessa Guzzanti, intervistata da Libero, si espresse così qualche anno fa in merito a quello che le dissero i dirigenti Rai: “Si producono in contorsioni semantiche, diciamo pure in cazzate, ma nessuno che lo dica”, appoggiando la battaglia di Fedez sulla censura: “C’è molta più censura che un tempo. E le parlo come una a cui hanno chiuso un programma di successo su Raitre, e nessuno ha mai capito chi sia stato. Ruffini diceva la Annunziata, la quale diceva Cattaneo. Un programma chiuso da solo, a sua insaputa”.
Per i non addetti ai lavori Paolo Ruffini era il direttore di Raitre, Lucia Annunziata era Presidente della Rai e Flavio Cattaneo il direttore generale, non ancora convolato a nozze con Sabrina Ferilli. Tra l’altro una delle interpretazioni della stessa Guzzanti riguardo al titolo diceva che Raiot stava per Rai Otto, ottavo canale libero rispetto agli altri 7 tra Rai, la7 e Mediaset gestiti in qualche modo dalla Presidenza del Consiglio.
A titolo di curiosità (per vissuto personale), erano gli anni in cui si chiedeva agli autori di non esagerare nella concorrenza a Mediaset, di non puntare a massimizzare lo share ma di accontentarsi. Erano gli anni in cui una dirigente Rai, arrivata dai piani alti di Forza Italia, sapeva in anticipo le programmazioni e pare ne desse conto al palinsesto Mediaset, che poteva correre in tempo ai ripari. Sì, c’era molto spirito unitario.
L’Editto bulgaro colpì anche le grandi firme in Rai
Proprio quello spirito “unitario” faceva si che la satira non piacesse al potere e anche l’informazione libera godesse delle medesime antipatie. Ne furono vittime illustri anche i giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e il comico Daniele Luttazzi che, in base a una dichiarazione di Berlusconi, ancora lui, del 18 aprile 2002, rilasciata in una conferenza stampa da Sofia e nota con il nomignolo di “Editto Bulgaro” vennero allontanati dalla Rai e le loro trasmissioni chiuse senza spiegazioni.
O meglio, la motivazione c’era già nell’Editto del Presidente, ovvero quello di un “uso criminoso” della tv pubblica da parte dei tre e che sarebbe stato “un preciso dovere della nuova dirigenza Rai non permettere più il ripetersi di tali eventi”. Ci vollero due sentenze giudiziarie per far rientrare i giornalisti in Rai, protetti da norme a loro tutela. Mentre per il comico si dovettero aspettare ospitate benevole da parte di Pippo Baudo e degli stessi Biagi e Santoro, alcuni anni dopo. Questo tanto perché sia chiaro che politici, che si fregiano del titolo di “liberale e democratico”, di fatto lo sono mai stati.
Se non coi propri dipendenti ma quando si arrivava al confronto duro, era il dipendente a doversene andare, come accadde con Indro Montanelli direttore de Il Giornale, da lui stesso fondato.
Cambia il Governo: cambiano i dirigenti e programmi
Siamo in fase di cambio di dirigenti in Rai, una prassi consolidata a ogni nuova legislatura e alternanza di guida al Governo. La Rai, si dice sempre, che dovrebbe essere libera, non gestita dal potere politico che ne limita non solo la libertà d’ informazione ma anche lo sviluppo qualitativo stesso dei suoi prodotti, costringendola a operazioni di sostanziale sottomissione nelle scelte programmatiche, culturali, perfino nella gestione degli spazi di spettacolo e intrattenimento.
Ormai è palese che la politica entra nel merito non solo della gestione delle testate giornalistiche ma anche della programmazione e spesso influenza o decide le conduzioni, gli autori, i registi e anche gli ospiti, oltre che i dirigenti interni. Già suonano le sirene per i nuovi direttori e anche questo dato ha fatto pensare al ritorno di Giletti in Rai, lui che come altri personaggi televisivi è uno dei più riconosciuti dell’area di centrodestra. A maggio potrebbe realizzarsi la soppressione di Che tempo che fa di Fabio Fazio su Raitre, per motivi opposti a quelli del rientro ipotetico di Giletti. Che vi possa essere un’alternanza nell’occupazione, proprio di quello spazio di domenica in prima serata su Raitre, non saprei. Certo su Raiuno imperversa Vespa e Raidue è poco appetibile, potrebbe anche darsi, si.
Fazio ha fatto il suo tempo
Fabio Fazio, con il suo programma, va in onda dal 13 settembre 2003 e da allora ha cambiato sovente rete di emissione, girandole tutte e tre, per poi riapprodare su Rai tre il 27 settembre 2020. Questi spostamenti non erano dovuti credo a scelte del conduttore ma dell’editore, diciamo così. Il programma che spesso è unico, nel palinsesto Rai, con un certo tipo di ospiti, schierati, come Michele Serra e Roberto Saviano. Che, solo, nel panorama della tv pubblica ospita rappresentanti di movimenti libertari asiatici o medio orientali. Che dà spazio a musicisti e letterati, artisti ma anche scienziati che difficilmente potremmo vedere al salotto di Porta a porta o nelle altre reti Rai, Mediaset e La7 tutte assieme, è uno spiraglio di realtà alternativa nel panorama nazionale. Poteva, in questa fase, passare sotto silenzio?
Report
Neanche Report, sempre su Raitre, sfugge a critiche e richieste di abrogazione da parte dei soliti noti. Spesso non sono d’accordo con le inchieste di Report e con le interviste di Fazio che trovo anzi, molto mainstream, ovvero molto allineate col pensiero dominante. Ma da qui a volerne la soppressione no. Sarà come ridurre gli spazi di libertà e scivolare ancora più giù nella classifica della libertà di informazione. In base alla classifica annuale del World Press Freedom Index che valuta lo stato del giornalismo e il suo grado di libertà in 180 paesi, l’Italia si trova al 58° posto, 17 in meno rispetto all’anno passato. Siamo stati superati da Gambia e Suriname, che molti giornalisti italiani non sanno nemmeno dove sono.
Insomma il contratto di Fazio con la Rai è in scadenza e il rinnovo non sarebbe automatico, con i nuovi vertici che potrebbero arrivare a maggio, così come non è sicuro il rinnovo della trasmissione Che Tempo che fa. Secondo quanto riportato da TvBlog, la trattativa tra Giletti e la Rai sembra essere avviata e potrebbe concretizzarsi presto, dopo il cambio ai vertici dell’azienda. Questo perché, come abbiamo detto, il giornalista avrebbe buoni rapporti con l’attuale compagine governativa, che potrebbe facilitare il suo ritorno.
La comunicazione è tutta in poche mani e anche il web…
Si parla sempre di diversità di opinioni e di autonomia dai partiti per la Rai e poi nessuno vi rinuncia. Più trasmissioni diversamente orientate sarebbero una ricchezza per l’azienda e per i fruitori. Ma i Tg vanno controllati, fanno comodo per indirizzare l’opinione pubblica, così come i giornali, racchiudibili in pochi proprietari, e anche il web, la rete internet, è ormai controllata da società di informatici che assecondano e indirizzano le opinioni e gli acquisti del pubblico.
Lo spettacolo in tv, ma anche il Cinema e il Teatro non sfuggono, fanno comodo per dare e ricevere favori, di varia natura. Il canone serve a tenere legata la Rai allo Stato, altrimenti se ne potrebbe fare a meno e lasciare l’azienda libera sul mercato pubblicitario, ma questo sarebbe un problema per Mediaset, voi capite, sarebbe una bella concorrenza per le reti di Berlusconi. Le tv commerciali, lo dice la definizione stessa, hanno un padrone e sono soggette al capestro delle inserzioni pubblicitarie, senza le quali non si va avanti.
Di fatto non si fa comunicazione per un pubblico ma si vende un pubblico ai pubblicitari. Nel caso della tv di Stato, lo si fa anche per i politici (da qui il canone) non solo per i pubblicitari. Ogni programma ha un suo valore in termini di ascolto, o share, questo determina gli introiti pubblicitari. Se lo share diminuisce lo fanno anche gli introiti e per questo molti programmi che deludono le aspettative chiudono. Altri invece, pur confermando le aspettative, chiudono per motivi superiori, che scavalcano quelli pubblicitari, pur importanti.