Gioconda Torlonia, Sgarbi: “Non è di Leonardo, è una copia seicentesca”
“Ha certamente qualche interesse documentaristico ma escludo che sia di Leonardo e che sia del Cinquecento”, spiega Sgarbi al nostro giornale
“Escludo che sia di Leonardo, è una copia seicentesca”. Il celebre critico d’arte, Vittorio Sgarbi, commenta così, in esclusiva al nostro giornale, la “Gioconda Torlonia“, un dipinto simile a quello esposto al Louvre di Parigi, concesso nel 1925 dalla Galleria nazionale d’arte antica di palazzo Barberini. L’opera è attualmente conservata a Montecitorio, nell’ufficio più importante della Camera.
Sgarbi: “Escludo che sia di Leonardo, è una copia seicentesca”
“Non c’è nessuna Gioconda, non c’è nessun Leonardo… è un’invenzione di un mio collega simpatico che si è esaltato ma è una copia seicentesca. Era nell’ufficio più importante della Camera che è l’ufficio di un Questore. Si tratta di una copia che io ho visto bene. Ha certamente qualche interesse documentaristico ma escludo che sia di Leonardo, escludo che sia del Cinquecento”, prosegue Sgarbi.
Il Questore della Camera, Francesco D’Uva, infatti, aveva dichiarato a Repubblica che “si tratta di una copia del quadro del Louvre realizzata dalla bottega di Leonardo, forse addirittura con la sua stessa collaborazione”.
Non solo, perché, come riportato sempre dallo stesso quotidiano, Antonio e Maria Forcellino avevano sostenuto che gli allievi del maestro impiegarono colori della sua tavolozza, che il dipinto presenta pentimenti incongrui con una copia, che le velature negli incarnati e nel paesaggio sono di una “trasparenza che echeggia in maniera puntuale la tecnica esecutiva di Leonardo operata nel dipinto del Louvre“.
Sgarbi in ogni caso elimina ogni speranza sulla possibile mano del maestro sul quadro, sostenendo che il dipinto era “uno di quelli che non si era studiato abbastanza. Dire che sia di Leonardo è solamente un’illusione”.
L’arte nascosta nei depositi
Tema che ci fa riflettere su quello altrettanto importante dell’arte nascosta. Sono infatti circa 4,5 milioni le opere contenute nei depositi italiani, anche se non è il caso della “Gioconda Torlonia”, perché come ci spiega Sgarbi “quello di Montecitorio è un ufficio pubblico. Non è un deposito in un luogo chiuso, è un edificio aperto al pubblico con visite. L’opera era, come tanti dipinti, considerata poco importante per cui non messa in particolare evidenza. Non è che fosse nascosta, tuttalpiù sconosciuta.
Tra l’altro abbiamo dei dipinti di Morandi, di De Chirico nell’ufficio del Presidente della Camera, che non è accessibile a tutti, ma è un ufficio. Abbiamo dei dipinti della Rai, negli uffici dei dirigenti… Le cose in deposito sono altre, quelle che non vedi perché sono messe in magazzino. Ma molte di esse sono multipli o frammenti di scavo, cose che devono essere ricomposte… per cui certamente quelli sono dei veri e propri magazzini. Poi ci sono depositi attrezzati, le sedi pubbliche di frequentazione non fisiologica come quella di un museo (come quella di Montecitorio), però sono comunque aperti, non sono nascosti”.
Opere pubbliche in sedi non museali
“Questo in ogni caso – spiega il critico d’arte – è un tema complicato perché i musei hanno depositi che sono legati alla loro storia. Le opere quindi possono girare, ma questo vale per tutti i musei del mondo. Non è un tema così semplice. L’altro tema che io invece ho affrontato quando ero in Parlamento qualche legislatura fa è la restituzione ai musei delle opere che sono a Montecitorio, che ho fatto fare in blocco. Cioè tutto quello che era importante è stato restituito e in cambio abbiamo avuto opere minori.
Per cui in effetti, essendo un deposito di opere improprio, la Camera ha delle opere interessanti, ma che starebbero nei depositi di un museo. Noi abbiamo quindi restituito quelli di primo piano, come ad esempio Tintoretto, e abbiamo preso delle opere di seconda fila. Quest’operazione fu fatta dalla commissione che io presiedevo, quando Luciano Violante era Presidente della Camera. Per cui adesso al Parlamento ci sono pochi dipinti che sarebbero esposti in un museo. Vi sono comunque molte opere, da deposito, che sono per altro visibili. In ogni caso il tema delle opere pubbliche in sedi non museali è reale e difficilissimo da affrontare” conclude Sgarbi.