Giorgia non è una cantante. Il punto di svolta nel segno del presidente del Consiglio Meloni
Per quanto possa dispiacere a molti, la Destra italiana potrebbe avere i requisiti necessari per tracciare nel solco di Giorgia Meloni il punto di svolta
Gli eventi storici non accadono mai per caso, sono sempre determinati dai grandi personaggi, dai protagonisti della società che riescono ad abbracciare nello stesso periodo il consenso, spesso incondizionato, di almeno tre generazioni.
La sommatoria di questi eventi, spesso correlati tra loro, produce (a volte scatena) un punto di svolta che una volta imboccato può durare generalmente venti anni.
Questi periodici cambi di paradigma posti in atto sulle macro aree umane della scienza, della politica e della cultura esistenziale, adattando la teoria di Fritjof Capra, sono frutto dell’unione di tutte le facce di una unica crisi che inevitabilmente si genera allorquando i gruppi, fino a quel momento egemoni, si intestardiscono nell’applicare pedissequamente fondamenti ormai superati di una visione della società che da tempo non è più la stessa.
Ora, con ogni probabilità, i grandi leader diventano universalmente tali nel momento in cui la propria visione del mondo, al netto di tutte le trasformazioni ed attualizzazioni, interpreta contemporaneamente e pienamente i desiderata della maggior parte del popolo che, attraverso la partecipazione al voto, diventa così effettivamente sovrano.
La coincidenza tra la visione politica di una nuova leadership ed i bisogni presenti e latenti delle maggiori comunità sociali è l’unica e più naturale possibilità affinché l’inevitabile inversione della marea lasci sulla sabbia il minor numero possibile di organismi socialmente viventi.
L’incontro con Giorgia Meloni
Ho incontrato l’allora Ministro della Gioventù Giorgia Meloni nel 2009, in occasione di una cena di beneficenza nei pressi del Lago del Salto nel reatino.
Nell’occasione, sollecitato dagli amici Raoul Bova e Claudio Ponzani, nella veste di imprenditore, oltre a favorire alcune iniziative riguardanti un centro di recupero per tossicodipendenti che nella street art avevano trovato una dimensione sana ed innovativa per esprimere le proprie idee, ero uno dei finanziatori benefici per la realizzazione della casa famiglia della Onlus ancora oggi passionalmente diretta dal mitico Capitano Ultimo.
Per quanto all’epoca non avrei potuto immaginare di trovarmi di fronte ad una futura leader storica ( e così tanto rappresentativa delle mie idee), le capacità innate di interazione con la multiformità degli esseri sociali da parte della “ragazzina Ministro” si erano subito palesate con evidenza.
Sicuramente oggi, riconoscere una leader e riconoscersi nei suoi assunti ideologici ed operativi, al di là dell’iniziale diffidenza per chi da sempre è pervaso da un latente anarchismo di destra per come lo ha tracciato Evola, rappresenta una gradevole novità.
Una vera e propria scoperta, quella della rappresentatività ottenuta dopo una vana attesa di 40 anni. Una simbiosi delle idee con chi ci governa in grado di produrre benefici psicologici e spirituali che si riflettono sulla vita di tutti i giorni, attraverso il farmaco miracoloso della speranza.
I benefici di una politica in cui l’ideologia è al servizio della concretezza
Ciò che maggiormente ha colpito del discorso d’ insediamento pronunciato dal nuovo Premier alla Camera e depositato poi al Senato, unitamente alle tanto estemporanee quanto efficaci repliche, è l’aver saputo somministrare, da parte della giovane Primo Ministro, la giusta dose tra ideologia e pragmatismo per una politica di concretezza e di utilità per la comunità tutta.
Certamente non ci può essere politica senza ideologia. Non c’è affermazione dell’ideologia stessa senza la sua evoluzione e rielaborazione rispetto al cambiamento dei tempi. Non c’è azione, leale e rispettosa, senza una visione del mondo che si concretizzi dopo un percorso lungo, impervio e coerente.
Il punto di svolta del nuovo governo
La verità sta nel fatto che aver preso un numero così rilevante (e determinante) di consensi elettorali, malgrado la pluriennale dittatura dell’informazione di Sinistra, è un evento effettivamente straordinario.
Premesso che, con ogni probabilità, l’Italia è un popolo profondamente di destra più di quanto riesca ad esprimere nella realtà politica attuale (basti pensare al Senatore Matteo Renzi, che spesso dà l’idea di soffrire di una parziale forma di sindrome di Gerstmann), il fatto ormai compiuto di un governo di Destra Centro va interpretato come la definitiva affrancatura da dubbi identitari provocati dalla disinformazione del “post comunismo di recupero” che in un modo o nell’altro e con un suffragio sempre insufficiente ha governato sistematicamente, fin dalla prima Repubblica.
Se realmente stiamo vivendo un punto di svolta per come l’abbiamo citato, molto dipenderà non solo dal personaggio che l’ha più plasticamente determinato, ma soprattutto dalla fattiva partecipazione di tutti coloro che per troppo tempo sono rimasti ai margini (per scelta indotta o costrizione sistemica) oppure hanno dovuto parcheggiarsi in anguste aree di agglomerati politici privi di essenza ideologica.
E già, proprio la tanto sbertucciata ideologia di appartenenza sembra essere la chiave del successo della Destra di Giorgia Meloni, in netta discontinuità con tutte le forze politiche presenti nell’attuale arco costituzionale.
Infatti, premesso che tracciare con il proprio segno il punto di svolta di una fase storica è obiettivo perenne per chiunque abbia l’ambizione di “contare” in politica, è tristemente evidente di come tutti i leader post- prima repubblica abbiano inseguito il traguardo di una svolta in modo camaleontico e personalistico, portati essi stessi a spasso dagli eventi o dagli algoritmi dei social media e portandosi a spasso i propri elettori sempre più confusi e sfiduciati.
In pratica, l’inconsistenza di una chiara base ideologica, la mancanza di visione della società o la non perseverante costanza nell’affermarla attraverso la necessaria evoluzione, non solo impedisce la determinazione dei ciclici punti di svolta che la storia produce, ma ne ritarda colpevolmente e gravemente l’individuazione, rendendo inevitabile l’arretratezza sociale, ed irreversibile la crisi del sistema su cui lo Stato si regge.
Ebbene, per quanto possa dispiacere a molti, la Destra italiana potrebbe avere i requisiti necessari per tracciare nel solco di Giorgia Meloni il punto di svolta tanto atteso quanto necessario, malgrado il grave ritardo accumulato negli anni della Sinistra abusiva e radical chic, del qualunquismo grillino, degli interessi personali e di singole categorie o di singoli pezzi di territorio.
Banale voto di protesta? No, capacità di coinvolgere molteplici anime
Per quanto i soliti osservatori del mainstream mediatico, nel corrotto tentativo di sminuire con livore prezzolato un fatto tanto eclatante quanto per loro insopportabile, abbiano derubricato la schiacciante vittoria di Fratelli d’Italia ad un banale voto di protesta raccolto dall’unico partito d’opposizione (durante le ammucchiate governiste per accaparrarsi una fetta di torta alla crema PNRR), forse… ci siamo.
Giorgia Meloni ha gettato il sasso nello stagno, con forza, o meglio, con la giusta tecnica.
Una sequenza ritmata di cerchi concentrici che si espandono con l’intento di raggiungere le molteplici anime della società civile e renderle partecipi e protagoniste, per ottenerne il necessario e costante consenso senza però rinnegare i valori portanti del proprio pensiero, sempre sostenuto da colonne graniticamente elastiche.
Lo sviluppo socioeconomico tra le risse degli anti-anti-antifascisti e la questione Meridionale.
Ma, ci sarà da lottare giorno dopo giorno. Le battaglie si combatteranno sul campo frastagliato e labirintico dell’”anti- anti-antifascismo” in cui il disonesto e rissaiolo tentativo di polverizzare i fondamentali più positivi della cultura di Destra sarà perpetrato attraverso la giornaliera immissione di virus mediatici e l’incoerente alleanza di forze politiche tra loro incompatibili.
L’altro mega scenario si aprirà sul fronte della Questione Meridionale, che oggi più che mai ottiene “risposte avvelenate” unicamente dalle mafie e dal qualunquismo politicizzato ingannevolmente altruista e subdolamente schiavizzante.
In entrambi i casi, comunque, la conseguenzialità economica che ne deriverà, per quanto condizionata fortemente dai riflessi più o meno gestibili delle scelte in sede europea, condivise e non, deciderà le sorti temporali del governo Meloni e la sua possibilità di concretizzarsi in un periodo di sviluppo socio economico oltre che culturale di cui non se ne ha più memoria.
Solo vincendo queste battaglie, il punto di svolta tracciato da Giorgia Meloni grazie alla scelta espressa da buona parte degli italiani, potrà condurci in un nuovo corso e assumere la qualifica di “nuova fase storica”.
Quella che tutti aspettavano da troppo tempo e che molti si aspettano possa concretizzarsi grazie alla Destra di governo dell’attuale Premier.
A proposito, comunque la vogliate chiamare o definire, per quanto possa sembrare per alcuni sorprendente, una cosa è certa: Giorgia non è una cantante.
*Foto dalla pagina Facebook di Giorgia Meloni