Giustizia, concorso shock: il 94% bocciato per gli errori di grammatica
Su 1.532 scritti finora esaminati, sono idonei solo 88 aspiranti magistrati. Preoccupata il Ministro Cartabia ma il problema è a monte, e riguarda l’intero sistema scolastico
Non c’è pace per il mondo della giustizia. Dopo gli scandali che si susseguono da oltre un anno, infatti, ecco ora l’imbarazzante (e solo parziale) risultato di un concorso per aspiranti magistrati. Di cui la stragrande maggioranza è stata bocciata per le gravi carenze nella lingua italiana. Un dato che dovrebbe mettere in discussione il sistema educativo nostrano nel suo complesso.
La giustizia e il concorso shock
«Troppe volte i concorsi per l’accesso alla magistratura non riescono a selezionare neppure un numero di candidati sufficienti a ricoprire tutte le posizioni messe a bando». È l’ammissione del Ministro della Giustizia Marta Cartabia, a corredo delle sconfortanti valutazioni dell’ultima gara, svoltasi tra il 12 e il 16 luglio scorso. In palio c’erano 310 posti, per cui si erano presentati in 5.827, tra i quali 3.797 avevano effettivamente consegnato la prova scritta.
Al momento la commissione ha esaminato 1.532 compiti, e gli esiti sono sconvolgenti. Sono infatti risultati idonei solamente 88 concorrenti (il 5,8%), mentre gli altri sono stati respinti per i «troppi errori di grammatica». E non è nemmeno la prima volta, visto che una situazione del tutto analoga si era già verificata nel 2008.
«È un aspetto che preoccupa» ha riconosciuto il Guardasigilli secondo quanto ha riportato Il Messaggero. «Un dato su cui riflettere, che segnala un problema che deve essere affrontato». Soprattutto dopo il deficit di credibilità conseguente ai casi dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, prima, e dell’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, poi. Eppure, a ben vedere, il problema è molto più a monte.
Sotto accusa l’intero sistema scolastico
«L’università dovrebbe riflettere sulle ragioni delle bocciature dei candidati alle prove scritte perché questo vuol dire che bisogna lavorare molto di più sulla capacità di scrittura degli studenti. Il buon giurista non solo deve saper argomentare, ma deve anche saper scrivere». La diagnosi l’ha fatta a Repubblica Gian Luigi Gatta, consigliere del Dicastero di via Arenula e ordinario di Diritto penale alla Statale di Milano.
Non è l’unico a pensarla così, eppure sarebbe ingeneroso gettare la croce solo sulle facoltà di giurisprudenza. La grammatica, come tutte le basi del nostro meraviglioso idioma, si insegna alle elementari, perciò la questione precede di parecchio la laurea. È l’intero sistema scolastico del Belpaese che va messo sotto accusa nel momento in cui si dimostra evidentemente inadatto a formare le nuove generazioni. E fin dalle primarie, non (solo) negli atenei, dove la pecca giunge ormai incancrenita.
Da questo punto di vista, il fatto che l’incresciosa vicenda abbia riguardato dei candidati alla toga non è nemmeno particolarmente significativo. Probabilmente neppure per lo stesso pianeta giustizia, che ormai alle figure barbine dovrebbe aver fatto decisamente l’abitudine. Non foss’altro perché in fondo sono soltanto, per così dire, i rovesci del diritto.