Giustizia e Governo, prescritta la riforma della prescrizione (e pure il M5S)
Passa all’unanimità la linea di Draghi e Cartabia, i grillini ingoiano l’ennesimo rospo. Intanto i parenti delle vittime del Covid chiedono 100 milioni all’ex Premier Conte e a Speranza
Quello tra giustizia e Governo è uno di quegli amori burrascosi che non finiscono mai, anche se si litiga, si sbraita e si sbatte la porta. Un’ulteriore conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, è arrivata dalle modifiche al processo penale appena portate in Consiglio dei Ministri. Dove hanno scatenato un uragano fatto di accuse, minacce reciproche, veti incrociati: salvo poi, al dunque, essere ratificate all’unanimità.
Il difficile rapporto tra giustizia e Governo
«Stava per crollare tutto…» Questo, secondo un retroscena di via Solferino, il sospiro di sollievo di un esponente dell’esecutivo al termine di un CdM in cui si sarebbe sfiorata la rottura. Evitata solo grazie all’intervento diretto – e all’ultima mediazione – del Presidente del Consiglio Mario Draghi.
Non si può comunque dire che i prodromi della crisi non si fossero già palesati da tempo, soprattutto in campo pentastellato. Con il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che aveva annunciato l’astensione del M5S sulla riforma messa a punto dal Guardasigilli Marta Cartabia. “Colpevole”, secondo i grillini, di fare tabula rasa del lavoro del suo predecessore Alfonso Bonafede – con particolare riferimento al restyling della prescrizione. Provvedimento-bandiera del MoVimento, che l’ex Guardasigilli voleva abolire del tutto dopo la sentenza di primo grado, instaurando così il regime del “fine processo mai”.
L’attuale titolare di via Arenula ha mantenuto il blocco, però ha anche introdotto, per i gradi successivi, dei termini di durata oltre i quali scatta l’improcedibilità. Sostanzialmente, dopo due anni di appello e un anno in Cassazione (allungabili rispettivamente a tre anni e 18 mesi per “reati gravi”), l’azione penale si estingue. Il che, nella pratica, significa che i Cinque Stelle hanno abolito la prescrizione allo stesso modo in cui hanno abolito la povertà.
Il secondo fronte in CdM
La soluzione pilatesca di Giggino, però, non è piaciuta affatto a SuperMario, che ha ricordato tra l’altro la scadenza di fine luglio legata al Recovery Fund. «Non potete astenervi da un provvedimento così importante tecnicamente e politicamente per la realizzazione del Pnrr e per l’affidabilità del Governo» è sbottato l’economista romano. Detto, fatto. E i 5S sono stati prescritti assieme alla riforma della prescrizione.
Per venire incontro alle querimonie manettare, comunque, l’ex Presidente della Bce ha avallato l’inclusione tra i fantomatici reati gravi di quelli contro la Pubblica Amministrazione. In primis corruzione e concussione. Mossa che non è piaciuta per niente a Lega, Forza Italia e Italia Viva, che hanno così aperto un secondo – e inatteso – fronte.
A quel punto, anche l’inquilino di Palazzo Chigi ne ha avuto abbastanza, e ha tuonato che la riforma doveva «essere approvata così com’è». Inoltre, appellandosi al «senso di responsabilità» della maggioranza, ha avvertito che «nessuno può tenersi le mani libere in Parlamento».
Va da sé che tra dubbi sulla giustizia e Governo tutti hanno scelto quest’ultimo, e va da sé che l’avviso ai naviganti era soprattutto una pia illusione. Praticamente tutti i partiti, infatti, hanno già anticipato l’intenzione di emendare il testo in Aula. Particolarmente duro è stato il giudizio dell’ex bi-Premier Giuseppe Conte, che ha affermato senza mezzi termini che il compromesso raggiunto «non trova il mio consenso». Anche se forse avrebbe qualcosa di più importante a cui pensare.
Giustizia e Governo… Conte
Scrivevamo qualche tempo fa che Giuseppi, assieme al Ministro nomen omen della Salute Roberto Speranza, rischia(va) il processo del secolo. Questa, almeno, era la “bomba” lanciata dal settimanale tedesco Der Spiegel in riferimento agli albori della pandemia in Italia. Su cui, del resto, indagano da tempo varie Procure, a cominciare da quella di Bergamo.
Ora sembra che i nodi inizino a venire al pettine, se non altro a livello di causa civile. I familiari delle vittime del Covid-19, infatti, hanno depositato un atto d’accusa di ben 2099 pagine, chiedendo un risarcimento di 100 milioni di euro.
Molteplici le motivazioni: anzitutto, la vexata quaestio del mancato aggiornamento del piano pandemico e la decisione di non applicare quello – pur obsoleto – del 2006. Ma anche l’invio all’Oms di autovalutazioni «non corrispondenti» al livello di preparazione del Belpaese. Inoltre, una «comunicazione del rischio» ai cittadini «non conforme» alle linee guida della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità. Ancora, la redazione affrettata e tardiva di un piano segreto quando «ormai il virus stava uccidendo centinaia di persone». E, infine, l’omissione della sorveglianza epidemiologica che avrebbe permesso di individuare il SARS-CoV-2 prima del febbraio 2020.
Insomma, la relazione tra giustizia e Governo (anche quello defunto del BisConte) continua a essere come minimo conflittuale. Chissà se almeno il Signor Frattanto conosce un buon avvocato?