Giustizia: la riforma Cartabia nell’interesse della Politica e non dei cittadini
La riforma Cartabia, corretta con il compromesso auspicato da Conte e avallato da Draghi, porrà la Giustizia al servizio di politici e manager
La riforma Cartabia, corretta con il compromesso auspicato da Conte e avallato da Draghi, metterà la Giustizia al servizio di politici e manager.
L’azione politica forte e spregiudicata di Mario Draghi
Com’era prevedibile, il Governo dei Migliori procede a passo spedito, quasi marziale, nella costruzione delle Riforme richieste dalla tecnofinanza che ci governa da Bruxelles.
Tra i compiti fondamentali di cui SuperMario si era fatto carico, oltre quello di combattere la pandemia (esemplarmente affidato ad un alto ufficiale), c’erano quelli delle riforme di : fisco, sanità, giustizia, scuola.
Per ognuno di questi temi, Draghi usa con forza la sua autorità e l’esperienza che tutti (anche coloro che timidamente lo denigrano) gli riconoscono, servendosi delle forze politiche che lo sostengono e giovandosi delle debolezze di esse.
Così, mentre non riesce ancora a metter mano, per esempio, sul fisco, è intervenuto sul lavoro decretando la fine del blocco dei licenziamenti, come auspicato da Confindustria e approfittando della debole critica del sindacato.
Quindi ha accelerato fortemente sulla riforma della giustizia, sulla quale ha trovato una vasta convergenza di interessi politici tra destra e sinistra.
Per risolvere le discordie interne al governo sorte con il pentimento dei 5S dopo la disponibilità imposta al movimento da Grillo, il 22 luglio scorso ha posto la fiducia sul ddl (disegno di legge) iniziale della Cartabia.
La riforma della Giustizia e le grandi manovre
Il progetto partorito dalla commissione giustizia voluta dallo stesso ministro si prefiggeva come scopo principale l’abolizione della legge Bonafede, per la quale la decorrenza della prescrizione del reato si interrompeva dopo la sentenza di primo grado, sia di assoluzione che di condanna.
La riforma Cartabia conferma questo enunciato; però, dando corpo alla richiesta (principalmente da parte dei pluriinquisiti) di giustizia giusta in tempi certi e brevi, introduce il limite temporale di due anni per l’Appello ed uno per la Cassazione. Trascorsi questi termini senza una sentenza, la causa penale deve essere dichiarata improcedibile: quindi il processo si estingue, come se il reato non fosse stato commesso.
Molto peggio dell’assoluzione dell’imputato con il vecchio sistema della prescrizione, come abbiamo già detto (Tra prescrizione e Cartabia, 16 luglio).
Successivamente, dopo la minaccia di dimissioni dei ministri 5S, pressati dalla base gravemente delusa dalla posizione di Grillo, si è svolto tutto un lavorìo di riscrittura della legge in seno al Consiglio dei Ministri. Ciò si è potuto fare anche perché l’avvocato G. Conte, nominato infine presidente del M5S dopo il feroce scontro con Grillo, ha posto con forza il problema di eliminare le gravi sacche di impunità consentite dal progetto Cartabia.
Alla fine, la mediazione politica ha portato alla soluzione di compromesso enunciata venerdì 30, che per il presidente Draghi deve essere l’ultima, da votare alla Camera domenica 1° agosto.
Poiché, ha fatto notare con un tono pacato nella forma, ma duro nella sostanza, che la riforma della giustizia è indispensabile affinché l’UE ci trasferisca il denaro (209 miliardi €) del Pnnr.
L’epilogo deciso dal Grande Dirigente
E quando parla SuperMario, tutti zitti sull’attenti. Come è stato per la sua uscita sulla necessità della vaccinazione – sembrava il capo del generale Figliuolo.
Il compromesso consiste nell’aggiunta di alcuni emendamenti alla struttura iniziale del testo.
Sono considerati reati gravi tutti quelli collegabili con l’attività illegale organizzata di tipo mafioso: associazione a delinquere, traffico di stupefacenti; inoltre, terrorismo e violenza sessuale.
Per i reati commessi dal 1° gennaio 2020 e fino al dicembre 2024, l’appello viene prolungato di un anno, il processo di cassazione di sei mesi. Si arriva così a 3 anni per l’appello, 1 anno e 6 mesi per la cassazione. Si può ottenere un’ulteriore proroga, rispettivamente di 1 anno o 6 mesi, su richiesta del giudice, che, però deve essere motivata.
Per i reati più gravi di cui sopra non si prevede limite alle proroghe; però, ognuna di esse va sempre motivata in base alla complessità del processo.
A partire dal 1° gennaio 2025 si deve arrivare a regime: 2 anni per l‘appello, 1 per la cassazione.
Politici soddisfatti e impuniti: Giustizia al loro servizio, non a quello dei cittadini
A questo punto, ci si dovrebbe interrogare sui motivi di soddisfazione, a volte di esultanza, delle varie forze politiche.
La destra, in particolare Salvini, gongola e si vanta di non aver fatto sconto ai gravi reati di mafia e di violenza. Il PD, per bocca di Letta, proclama di aver lavorato per codesto risultato (ma gli stava bene anche il progetto iniziale). Conte dichiara di aver raggiunto una mediazione onorevole.
Ma , trascorso il periodo transitorio, il processo penale sarà come previsto, appunto, dall’impianto iniziale della legge Cartabia.
Per i sedicenti democratici o progressisti è una vittoria di Pirro.
Forse il commento più adeguato è costituito dalla battuta, pronunciata con la solita boria dal Matteo fiorentino: “il risultato migliore è che abbiamo affossato la legge Bonafede”.
Ergo, “abbiamo salvato corrotti presenti e futuri”.
Ma c’è di più e di peggio nel ddl Cartabia
Si prevede una futura, prossima, riforma del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), sicuramente con l’aumento della componente politica rispetto a quella togata.
Al riguardo è significativa la frase di un grande avvocato di manager e politici accusati di corruzione, l’avvocato G. Bongiorno: “…questa è soltanto una piccola riforma delle procedure. Dobbiamo (cioè, vogliamo) riformare tutta la magistratura”.
Cioè, assoggettarla al potere politico.
Il primo passo sta nell’attuale progetto: all’inizio dell’anno ( giudiziario, credo) il parlamento può indicare la priorità dei reati da perseguire; poi, ogni procura potrà procedere nella propria autonomia!
Al danno, i politici professionali di oggi aggiungono anche le beffe.