Giustizia: l’obiettivo è la verità o quello che sembra la verità?
La riforma della Giustizia avrà senso solo se tesa a far coincidere il più delle volte possibili tutte le verità nella verità processuale
La Riforma della Giustizia, tutti ne parlano ogni qual volta non è temporalmente possibile farla, eppure ce ne sarebbe grande bisogno, potremmo dire, un bisogno impellente. Prescrizione, durata del processo, separazione delle carriere per i magistrati, carceri sovraffollati, pene troppo severe, leggi troppo permissive, certezza della pena. Un elenco di problematiche infinito e mai affrontato da un popolo i cui avi sono indiscutibilmente creatori del Diritto. In realtà, il Diritto è solo lo strumento più articolato per l’obiettivo finale quando si è chiamati a decidere su un fatto di reato, questo obiettivo è la Verità e le conseguenze da essa dettate.
La ricerca della verità
Siccome la ricerca della Verità è un’attività difficile e faticosa, gli uomini delegati al compito di operatori della Giustizia, molto spesso si accontentano di fermarsi a ciò che “sembra vero”. Un surrogato della verità dunque, funzionale solo ad un sistema malato, fortemente burocratizzato ed orfano dei principi più alti che ci facevano considerare “alti” anche tutti coloro che ne facevano parte. Ogni volta che si istruisce un procedimento giudiziario, con la presunzione che uno o più individui possano aver commesso un reato, si costituiranno, nel lasso di tempo necessario alle indagini, tre verità tra loro diverse sia per il fatto rappresentato che per importanza e “peso”.
Ci sono tre verità, anzi cinque
La prima Verità è quella cosiddetta “storica”, quella che investe la consapevolezza delle parti coinvolte: Imputato, Parte Offesa, Testimoni.
La seconda è la Verità della Narrazione, la ricostruzione dei fatti che le parti raccontano a coloro che saranno gli operatori del procedimento (avvocati, magistrati, polizia giudiziaria) oltre agli organi d’informazione che, nei casi che riterranno interessanti, parallelamente apriranno un procedimento analogo su basi mediatiche.
La terza e più importante Verità è quella Processuale, l’unica ad incidere concretamente sull’esistenza delle parti ed a potersi definire “giusta”. Ora di queste tre verità, noi sappiamo che solo la prima potrà essere autenticamente vera, ma solo la terza sarà riconosciuta tale. Questa terza Verità, a sua volta potrà abdicare ad un’altra più rilevante (il processo d’appello) che altrettanto potrà non essere riconosciuta come tale a seguito dell’intervento della Quinta Verità, quella che potrà ridefinire la Suprema Corte di Cassazione.
La Giustizia e il dubbio: tutto e il contrario di tutto
Quindi, 5 Verità che troppo spesso portano ad altrettante diverse conclusioni. Questa caratteristica, così fortemente “tipica” nel nostro ordinamento, se da un lato può rendere il settore affascinante e sorprendente per via del “tutto ed il contrario di tutto” e della regola che diventa eccezione (e viceversa), dall’altro contribuisce a detenere la popolazione in uno stato di continua apprensione e smarrimento ogni volta che suo malgrado verrà coinvolto in un fatto giudiziario. Che sia parte lesa o parte indagata, si sentirà di aver puntato tutti i suoi averi su un unico colore di una roulette la cui ruota gira lungamente e con continui sussulti.
Infatti, la possibilità che in un’aula di tribunale, la verità storica, per quanto giustamente rappresentata, riprodotta e provata possa divenire verità processuale definitiva (la quinta verità) e quindi coincidere con la verità raccontata dalla parte sana del fatto di reato (che sia imputato o parte offesa) oltre che coincidere con le prime due verità processuali, appare oggi un’eventualità piuttosto remota. In alcuni casi, in attesa che la Verità Processuale si manifesti in tutti i suoi effetti, l’esigenza di adottare misure cautelari per il presunto colpevole, la vita per lo stesso verrà vissuta nel mondo parallelo del carcere.
Il carcere, un’ulteriore diversa verità
Anche la permanenza in carcere, da parte del presunto colpevole, potrà dare luogo ad un ulteriore diversa verità, quella determinata dal condizionamento delle regole carcerarie, dalla mancanza dei minimi beni quotidiani, dalla percezione di non poter essere creduti perché ormai in stato di detenzione, dal tempo che non scorre e dalla paura di non sopravvivere nel piccolo spazio di una cella o alle violenze di altri detenuti. Questa diversa ulteriore Verità che meriterebbe di essere affrontata in maniera approfondita e nella sua specificità, è probabilmente quella che meno spesso coinciderà con tutte le altre, in quanto troppo caratterizzata dallo status di chi la propone.
Dunque, la riforma della Giustizia che tutti declamano come necessaria, ma che troppi protagonisti della sua scena non hanno interesse ad intraprendere, avrà senso solo se tesa a far coincidere il più delle volte possibili tutte le verità che si propongono in un procedimento giudiziario, fatta eccezione ovviamente per la “verità bugiarda” dell’autore del reato.