“Gli anticorpi permettono di prevedere il rischio di contagio post-vaccino”
Il livello anticorpale è un marcatore affidabile, e può essere usato per valutare l’eventuale terza dose (per ora esclusa dall’Ema). E sono in arrivo anticorpi sintetici contro le varianti
La quantità di anticorpi presenti nel sangue permette di prevedere il rischio di essere contagiati dal Covid-19 anche dopo aver completato il ciclo vaccinale. Sono le conclusioni a cui è giunto uno studio israeliano da poco pubblicato sul New England Journal of Medicine.
La ricerca ha analizzato le cosiddette “infezioni breakthrough” (quelle che insorgono da immunizzati) in 39 operatori sanitari positivizzatisi malgrado la doppia dose dell’antidoto Pfizer-BioNTech. Tutti erano asintomatici o paucisintomatici, a ennesima conferma dell’efficacia della profilassi. E tutti avevano livelli anticorpali più bassi rispetto a 104 lavoratori completamente vaccinati che non hanno contratto il virus pur essendovi entrati in contatto.
Certo, si tratta di risultati che andranno ulteriormente validati – per esempio perché ottenuti da un campione estremamente ridotto. Però indicano che gli anticorpi neutralizzanti sono un marcatore affidabile, e potrebbero essere usati per valutare la possibilità di una terza inoculazione di siero. Che Paesi come Germania e Gran Bretagna, sulla scia di quanto deciso proprio da Tel Aviv, pensano di riservare ad anziani e fragili. Anche se Emer Cooke, direttore esecutivo dell’Ema, ha ribadito che «non ci sono dati sufficienti» a provare che un ulteriore richiamo sia necessario.
Occorrerà poi stabilire la quantità di anticorpi effettivamente associata alla protezione, e sarebbe interessante anche appurare le ragioni delle suddette differenze fisiologiche tra i vaccinati. Ma intanto la scienza ci regala ancora speranza – e, come spesso accade, le buone notizie tendono a non viaggiare da sole.
In arrivo gli anticorpi sintetici contro le varianti
Una collaborazione internazionale (con forti tinte tricolori) ha sviluppato una nuova classe di anticorpi monoclonali sintetici di seconda generazione. Progettati al computer, riescono a neutralizzare il SARS-CoV-2 e le sue varianti aggredendone la proteina Spike, l’uncino con cui il patogeno “afferra” le cellule umane. E ne basta una piccola concentrazione, perché le molecole artificiali possiedono il doppio dei punti di aggancio (“bracci”) rispetto ai cugini naturali (quattro contro due).
I dati sono stati recentemente diffusi sul Journal of Molecular Biology, e potrebbero portare all’individuazione di terapie mirate. Dopotutto, come ha sottolineato uno degli autori italiani dello studio, il genetista Pier Paolo Pandolfi, «dobbiamo pensare a lungo termine». Il microrganismo, infatti, «muta, e quindi è necessario disporre di più armi per combatterlo».
Insomma, à la guerre comme à la guerre. Fortuna che il nostro Commissario straordinario per l’emergenza coronavirus è il Generale Francesco Paolo Figliuolo!