Gli anziani muoiono da soli, a Roma oltre 250 mila persone senza famiglia
In città come in campagna il dramma della solitudine, del non trovare aiuto quando stai male e rischi di morire abbandonato, è in costante crescita. Secondo l’Istat nel 2040 sarà un italiano su sei a vivere in completa solitudine
Nel programma Storie Italiane, su Raiuno, che si occupa sempre più di cronaca spicciola, il 10 aprile di quest’anno, ha fatto sensazione il dramma della solitudine di Angela Rosa di 92 anni. La notte del 22 marzo è uscita sul balcone gridando aiuto, l’anziana signora si sentiva sola e abbandonata. Sono accorsi prestissimo i Carabinieri di Fasano (Bari), avvisati dai vicini, a rincuorarla e a manifestarle un po’ di affetto. La signora è rimasta vedova e vive da sola ma ora ha trovato amici tra i militari. Nel caso della signora Angela si è trattato di un grido di aiuto, significativo. In tanti altri casi si tratta di scoprire un decesso, spesso con settimane di ritardo.
Si stima che nel solo territorio di Roma ci siano ad oggi oltre 250.000 anziani che vivono in condizioni di solitudine. Provvedendo in autonomia al proprio sostentamento con il rischio elevatissimo che vengano colti dalla morte senza nessuno accanto. Il fenomeno in crescita nella Capitale porterà un incremento della condizione del 30%, una vera emergenza sociale ampiamente prevedibile.
Passano giorni, settimane o mesi prima che li trovino
Potrebbe essere stato un malore o forse un incidente domestico ad uccidere la 90enne Rita Lucchi e il figlio 55enne Paolo Armani. Abitavano in un rustico a Berceto, presso Piancavallo, in provincia di Parma. Vivevano in ristrettezze economiche ed erano comunque seguiti dai servizi sociali. I corpi di madre e figlio sono stati trovati mercoledì 15 febbraio da alcuni parenti, che erano andati a trovarli. Quello della madre in cortile colta da un malore per il freddo, quello del figlio in casa, vittima di un possibile infarto.
Sono molti i casi che si succedono anno dopo anno e che registra la cronaca. Un pensionato di 68 anni è stato trovato morto ad Oristano il 24 febbraio di quest’anno, solo nel suo appartamento, deceduto da settimane. Ancora una volta sono i vicini ad accorgersene, allarmati per non averlo più visto uscire da casa.
Nessuno aiuta gli anziani se stanno male
Sono anziani, senza più un coniuge, dimenticati dai figli o che non ne hanno avuti, abbandonati dai parenti. Costretti dalle circostanze della vita alla solitudine, si sentono male e muoiono senza che nessuno se ne accorga.
Passano giorni o settimane prima che qualcuno se ne renda conto. È il terrore che tocca tutti coloro che vivono da soli. La paura che, se succedesse qualcosa, nessuno li potrebbe raggiungere in tempo per salvarli e che i loro corpi restino lì abbandonati.
È accaduto di nuovo il 15 marzo di quest’anno a Palermo. Ritrovato il cadavere di un 74 enne morto almeno 20 giorni prima, in stato di decomposizione avanzata. I condomini, insospettiti dal cattivo odore, proveniente proprio dall’appartamento del pensionato, hanno chiamato la polizia, che non ha potuto far altro che constatare il decesso.
Stessa scena quella apparsa ai soccorritori di un’anziana 83enne, rinvenuta cadavere nella sua abitazione di Rimini, allertati dai vicini per via del cattivo odore che usciva dall’appartamento. Anche in questo caso deceduta per cause naturali da almeno tre settimane.
Non succede solo agli sconosciuti di restare soli. È un fenomeno che può colpire chiunque. L’8 gennaio del 2021, sempre Storie Italiane si era occupata del ritrovamento del noto sensitivo Solange (Paolo Buccinelli all’anagrafe), morto per infarto a casa sua a 69 anni. Grazie all’amica Francesca Baldini, che non aveva più sue notizie, è stato trovato esanime, dopo essere entrati sfondando la porta di casa.
Un caso emblematico, anziana trovata morta dopo due anni
Marinella Beretta, 70 anni di Como. I vigili del fuoco l’hanno trovata seduta, sulla sua poltrona, vittima forse di un malore, dopo due anni! Tanto tempo è passato dalla sua morte, avvenuta all’improvviso, senza poter chiedere aiuto, senza che nessuno pensasse a lei, che si preoccupasse. Sola, con i suoi ricordi, il suo passato. Sola a casa sua. È successo a febbraio dell’anno passato ma il caso ha fatto scalpore. Com’è possibile dimenticarsi di una persona per due lunghi anni?
L’avrete ormai capito i casi sono tantissimi, non ve li sto neanche a segnalare. Sono tutti simili e si si susseguono incessantemente da diverso tempo nelle scarne cronache televisive e sulle pagine dei quotidiani e ogni volta si resta esterrefatti. Ma siamo proprio noi? Siamo noi questi assenti, questi menefreghisti, questi irriconoscenti? Una volta spariti amici e parenti, restano forse per alcuni, solo gli “amici” su Facebook e Instagram, come magra consolazione. Cioè il nulla.
Un fenomeno in crescita costante, sempre più anziani e soli
Nel 1998 le persone che vivevano da sole erano 4,6 milioni. Nel 2010 quasi sette milioni. Ora siamo a otto milioni e mezzo. Sono soprattutto anziani: uno su due ha più di 65 anni. E soprattutto donne: quasi 5 milioni su otto e mezzo.
Che sta succedendo? L’Istat lo spiega così: “…sono le conseguenze delle dinamiche socio-demografiche di lungo periodo: l’invecchiamento della popolazione; l’incremento dell’instabilità coniugale; la bassa natalità. L’aumento della speranza di vita genera un maggior numero di persone sole. Il calo della natalità incrementa le persone senza figli mentre l’aumento dell’instabilità coniugale accresce il numero di persone che vivono sole o di genitori soli in seguito allo scioglimento di un legame di coppia”
In altri termini ci si sposa di meno, si fanno meno figli per i motivi economici che sappiamo, la situazione si complica per la mancanza di assistenze sociali e scolastiche, sempre più spesso si verificano separazioni e divorzi e quando si invecchia, e le probabilità di vita si allungano sempre più grazie ai progressi della scienza, il risultato è più solitudine. Sempre secondo i calcoli dell’Istat, se non cambia nulla, nel 2040 i solitari, per scelta o per forza, aumenteranno ancora. Arriveranno oltre i 10 milioni, praticamente un italiano su sei.
Non c’è nessuno con cui parlare, cui chiedere una mano
La sensazione di molti che vivono soli è proprio di sentirsi abbandonati. Specialmente in città, paradossalmente più che in campagna, dove ancora un barlume di solidarietà sopravvive, il fenomeno dell’isolamento è percepibile e fa paura. Altro che Paese di “brava gente”, ce la possiamo dimenticare l’immagine da “neorealismo cinematografico”. L’Italia è cambiata, la gente si è incattivita. E neanche il Covid ci ha migliorati. Un sondaggio del 2015 di Eurostat, l’istituto europeo di statistica, aveva impressionato e già allora i dati erano molto chiari: in Italia ben il 13 % delle persone non hanno nessuno a cui rivolgersi per chiedere, in caso di bisogno, un aiuto di tipo morale o materiale. Non c’è un parente, un amico, un vicino di casa e neppure un conoscente che si preoccupi di te, quando sei in vita. Se ne preoccupano quando non vedono più la persona o avvertono un cattivo odore che esce dalla casa. Ti viene il dubbio tuttavia che si preoccupino più per sé stessi, per quel cadavere troppo vicino, che per quell’essere umano abbandonato.
Come menefreghismo siamo primi in Europa
In quanto a menefreghismo siamo primi. Nessuno si comporta peggio di noi in Europa. In media, negli altri paesi, le persone che non sanno a chi chiedere una mano sono la metà: 5,9%. Non solo. Altro dato, sempre raccolto da Eurostat nel 2015: il nostro paese è anche quello, in Europa, con il maggior numero di persone che non ha nessuno con cui parlare delle proprie questioni personali: oltre 12 % a fronte, anche in questo caso, di una media europea della metà (6%).
Le statistiche di Eurostat fanno a pezzi il luogo comune che vuole l’Italia “paese del volemose bene, che ci vorrebbe molto aperti e comunicativi”, scrivono gli psichiatri Diego De Leo e Marco Trabucchi in un saggio pubblicato poco prima che scoppiasse Il Covid, tre anni fa. Si chiama “Maledetta Solitudine”: una ricerca ricca di dati e studi che raccontano un’altra epidemia, subdola e silenziosa, che sta letteralmente dilagando e non solo in Italia: la solitudine, appunto. De Leo e Trabucchi nel libro ricordano quali sono gli altri paesi che come il nostro soffrono di questo problema: Inghilterra ma anche Stati Uniti e poi Germania, Spagna e Francia. Nessun paese occidentale e neanche la Cina sono immuni da questo male.
In Giappone ci sono 30.000 casi di anziani trovati morti all’anno
Nel libro si parla anche dei kodokushi giapponesi, così chiamano i morti in solitudine nel Paese del Sol levante. Si stimano 30.000 casi all’anno. Il Ministero della Salute parla però solo di 3.700 decessi nel 2013. Il fenomeno riguarda le persone anziane, 20% della popolazione, che rimangono sole, senza parenti, amici o conoscenti e si lasciano andare piano piano in un’inedia che alla fine li uccide.
Il fenomeno è così diffuso che sono nate ditte di pulizia specializzate nella disinfestazione degli appartamenti. Una di queste è la Risk Benefit, fondata e diretta Toru Koremura, un ex broker. La ditta riceve 60 richieste al mese, con picchi di 10 al giorno in estate, quando la decomposizione è più veloce. I costi vanno dai mille ai tremila dollari. Poi c’è la raccolta degli effetti personali e degli oggetti di valore che, se non c’è famiglia, vanno al padrone di casa. Si può trovare di tutto, dai soldi nascosti ai gatti mummificati, vittime loro stessi della morte dei loro anziani padroni. Koremura racconta che di Kodokushi muoiono soprattutto maschi (90%), le donne sembrano più capaci di integrarsi nella comunità.
Anziani dimenticati e giovani lasciati soli
In Giappone la struttura tradizionale della famiglia sta collassando. Secondo Yasuyuki Fukuhawa, psicologo alla Waseda University di Tokio, la popolazione anziana è così tanta da andare al di là “delle capacità di cura familiare”. Le case di riposo costano troppo e così i vecchi si ritirano nella solitudine dei loro appartamenti. Recentemente i burocrati giapponesi hanno ammesso di aver perso le tracce di 250mila persone, che avrebbero superato i cento anni. Nel 2010 tuttavia Sogen Kato, dichiarato a 111 anni l’uomo più vecchio del Giappone s’è scoperto essere morto da 30 anni, senza che nessuno se ne fosse accorto.L’avevano perso di vista!
Non è un Paese per anziani ma nemmeno per giovani. Si chiamano Hikikomori i giovani che si chiudono in casa e non escono più. Secondo il governo sono 700 mila. Molti alla fine si suicidano. È il Giappone ma qualcosa di simile potrebbe succedere anche in Occidente.
Quando non sei più funzionale al sistema puoi anche sparire
È il dramma di chi non serve più. Non ha più una funzione sociale o per meglio dire economica. Non sei in grado di produrre profitto, non vali niente per questa società. Si è vero, saresti un consumatore: di alimenti, di energia, di farmaci ed è per questo che un poco ti considerano, nel tenerti in vita il più a lungo possibile, ma in quanto al come, beh qui l’unica pianificazione è che ti arrangi come puoi. Nessun aiuto economico, neanche più il reddito di cittadinanza, pensioni da fame, i costi che crescono, l’inflazione che riprende a crescere e nessuna soluzione al problema dei tagli della sanità, c’è da investire nelle guerre e nelle armi. Il problema è che non sono solo gli anziani ad essere abbandonati a sé stessi, sono tutti: gli indigenti, i disabili, gli immigrati e perfino moltissimi giovani. Quando non sono persi nelle droghe e messi ai margini della società sono comunque disoccupati cronici e costretti a emigrare per vivere. Una sequela di persone dimenticate, abbandonate e di cui si pensa di poter fare a meno. La china perversa è quella dell’isolamento casalingo, favorito dai costi, dalle difficoltà della vita, dai problemi relazionali. Si passa più ore davanti alle serie tv, ai social network, ai videogiochi che insieme ad amici e colleghi.
La solitudine è una minaccia per la salute pubblica
Ora emerge che la solitudine rappresenta gli stessi pericoli per la salute pubblica del fumo e dell’obesità, tanto da essere dichiarata epidemia pubblica. È l’allarme lanciato dal Vivek H. Murthy, un medico e vice ammiraglio del Corpo incaricato del servizio sanitario pubblico degli Stati Uniti. Murthy ha invitato i cittadini a trascorrere più tempo in compagnia e meno online. Metà degli adulti statunitensi vive molte ore in solitudine, con conseguenze sulla salute mentale e fisica, incluso un maggior rischio di depressione, ansia, malattie cardiache, ictus e demenza.
Il tempo trascorso con gli amici è diminuito di 20 ore al mese tra il 2003 e il 2020, secondo una ricerca citata nello studio, mentre il tempo trascorso da soli è aumentato di 24 ore al mese nello stesso periodo. Queste tendenze probabilmente si sono intensificate durante la pandemia di coronavirus, quando i lockdown hanno costretto le persone in casa.
Le persone socialmente connesse, invece, quelle che hanno frequentazioni reali con parenti, amici e conoscenti, vivono più a lungo.
I social networks sono un’arma a doppio taglio
“La solitudine può portare a stress cronico, che a sua volta provoca infiammazioni che danneggiano i tessuti e i vasi sanguigni ed è associato a condizioni croniche. L’isolamento e le scarse connessioni sociali potrebbero rendere più difficile mantenere o sviluppare abitudini sane come l’esercizio fisico e una buona alimentazione.” Sempre secondo la ricerca statunitense, la solitudine e l’isolamento sono più diffusi tra le persone in cattive condizioni di salute, in difficoltà finanziarie o senza più parenti. Gli adulti più anziani hanno i più alti tassi di isolamento sociale, ma sorprendentemente i giovani adulti hanno quasi il doppio delle probabilità di sentirsi soli rispetto agli anziani.
Ovviamente la rivoluzione digitale è un’arma a doppio taglio. Ha reso più facile per le persone che si sentono emarginate trovare qualcuno con cui conversare in giro per il mondo. Ma i social media possono anche sostituire o peggiorare la rete relazionale di una persona.