Goo dei Sonic Youth – 1990. Il disco della quarantena di oggi
Goo è disco secco e diretto, sicuramente non il migliore dei Sonic Youth, ma che rielabora in chiave più accessibile le loro sonorità spigolose
Goo dei Sonic Youth è il disco della quarantena di oggi. Il nostro modo personale di fare gli auguri di compleanno a Kim Gordon, bassista della band che col tempo è diventata vero e proprio simbolo di un’intera generazione di donne. Anche se lei, schivamente, tiene a farci sapere che l’essere simbolo di qualcuno o qualcosa è l’ultimo dei suoi pensieri. Di che cosa parliamo quando parliamo di Goo? Innanzi tutto possiamo domandarci: vale la pena comprare un disco solamente per la copertina ignorandone il contenuto? Nel caso di Goo dei Sonic Youth decisamente si, visto l’alto tasso di iconicità che sin da subito si è conquistata. E nel corso, come diceva una nota pubblicità, anche innumerevoli tentativi di imitazione.
Goo, un disco con una copertina artistica
La famosa copertina è opera di Raymond Pettibon, artista già molto noto nella scena per aver disegnato il famoso logo dei Black Flag e svariate copertine degli artisti sotto contratto con la SST Records. Il lavoro consiste nella rielaborazione grafica della foto di due di ragazzi chiamati a testimoniare in un processo a carico di una coppia di serial killer che fece molto parlare di se in Inghilterra negli anni ’60. Sulla destra della copertina una scritta che pressappoco recita “Ho rubato il ragazzo a mia sorella. Era tutto un turbine di calore e un lampo. In una settimana abbiamo ucciso i miei genitori e siamo partiti”, probabilmente l’agghiacciante dichiarazione estrapolata dagli atti del processo di uno dei due serial killer.
I Sonic Youth furono uno dei primi gruppi di area indipendente nati nella decade degli ’80 a firmare per una major e Goo è il primo album del gruppo inciso per l’etichetta. La casa discografica era la David Geffen Records che di li a poco mise sotto contratto i Nirvana proprio dietro “raccomandazione” dei Sonic Youth. La band a sua volta era stata segnalata ai piani alti dell’etichetta nientemeno che da Neil Young, colpito dalla loro singolarità dopo averli avuti come gruppo spalla in tour.
Un disco più accessibile degli altri
Goo è disco secco e diretto, sicuramente non il migliore della band, ma che metabolizza e rielabora in chiave più accessibile le sonorità spigolose marchio di fabbrica del gruppo nei dischi precedenti. Tra i brani dell’album ricordiamo Tunic (Song For Karen) la dedica ad un’amica che morì a soli 32 anni dopo una lunga battaglia contro l’anoressia. “Era così magra che quando morì i suoi vestiti le calzavano come una tunica” raccontò in seguito Kim Gordon.. Mote, che prende il titolo da una poesia di Sylvia Plath, “The Eye-Mote”. Dirty Boots che fu il primo singolo estratto dall’album, Kool thing con la partecipazione di Chuck D. dei Public Enemy che qui cambia le parole della sua “Fear of black planet” in “Fear of female planet” dopo aver visto Kim Gordon in un’intervista venire quasi alle mani col rapper LL Cool J irritata dal suo atteggiamento misogino.
E con questo aneddoto chiudiamo la nostra panoramica giornaliera sui dischi della quarantena, con la raccomandazione di non far spazientire la nostra amata Kim se non volete passare un brutto quarto d’ora.