Governo ecumenico, Draghi e il paradossale problema dei troppi “sì”
Finite le consultazioni politiche, il Premier incaricato avrà una maggioranza larghissima: ma è un’arma a doppio taglio, perché i diktat incrociati rischiano di paralizzarlo
Al termine delle consultazioni, perlomeno di quelle politiche, pare proprio che quello che Mario Draghi dovrebbe varare sarà un Governo ecumenico. Il sostegno al Premier incaricato, infatti, in pratica copre trasversalmente l’intero arco costituzionale, con la sola eccezione di FdI – e forse di una parte del M5S. Un (quasi) unicum nella storia dell’Italia repubblicana, che però rischia clamorosamente di risultare un’arma a doppio taglio.
Verso un Governo ecumenico
«Non conosco una via infallibile per il successo, ma una per l’insuccesso sicuro: voler accontentare tutti». Così, citando un aforisma attribuito a Platone, il Garante pentastellato Beppe Grillo commentava sibillinamente, qualche giorno fa, il primo incontro con l’ex Governatore della Bce. Sottolineando il rovescio della medaglia di quello che già si andava delineando come un Governo ecumenico – vale a dire l’ingovernabilità. Conseguenza diretta e inevitabile del paradossale problema dei troppi “sì”.
L’alleanza che dovrebbe sostenere l’esecutivo Draghi è infatti troppo ampia e troppo eterogenea per essere non già strutturalmente, ma neppure minimamente coesa. Una «maggioranza sgangherata, un’ammucchiata che finirà per costringere il Premier a continue mediazioni al ribasso», l’aveva definita la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
D’altronde, il Presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte aveva avuto il suo bel daffare a tenere a bada quattro partiti (nel Conte-bis) e perfino due soli (nel Conte-semel). Anche per questo Gaetano Quagliariello, numero uno di IDeA, aveva argomentato che «un Governo di salvezza nazionale ha un programma essenziale con pochi punti». Che nel caso specifico pare andranno dal Recovery Plan alla campagna vaccinale, dal blocco dei licenziamenti alle riforme della giustizia e del fisco, fino alla scuola (con l’ipotesi di allungare il calendario).
Temi anche divisivi, su cui tutte le singole forze politiche hanno ricette diverse, perfino all’interno delle coalizioni “tradizionali”. Col serio pericolo che, tra diktat incrociati e rivendicazioni antitetiche, il Governo ecumenico finirà per rivestire l’amaro ruolo dell’anatra zoppa.
Il paradossale problema dei troppi “sì”
«Altri mettono veti e fanno capricci, noi abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo» accogliendo «l’appello del Presidente della Repubblica» Sergio Mattarella. Così il segretario del Carroccio Matteo Salvini annunciava l’appoggio senza condizioni della Lega all’esecutivo guidato dall’economista romano, che dunque prosegue la propria collezione di miracoli.
Con questa mossa, il Capitano ha completamente sparigliato le carte della ex maggioranza rosso-gialla, gettando nel panico e nello psicodramma LeU e, soprattutto, il Pd. I quali, per amor di poltrona e terrore delle urne, dovrebbero ingoiare il rospo di condividere il Governo ecumenico con l’arcinemico da sempre demonizzato. E, dettaglio affatto trascurabile, dovrebbero farlo ingoiare alle rispettive basi che sono già sul piede di guerra.
Non a caso, il segretario dem Nicola Zingaretti dichiarava pochi giorni or sono che sull’europeismo «Salvini ha dato ragione al Partito Democratico». Farneticazione ad usum delphini che gli vale di slancio la medaglia d’oro mondiale in arrampicata sugli specchi.
L’ex Ministro dell’Interno, infatti, sta solo utilizzando l’identica tattica del leader italovivo Matteo Renzi. A partire dalla necessità di discutere non «di ruoli o Ministeri, ma di progetti concreti», con la possibilità (o forse l’intenzione) di far riemergere i cavalli di battaglia al momento opportuno.
Lo ha evidenziato Federico Fornaro, capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera, in riferimento alla vexata quaestio dell’immigrazione. «Non si può far finta che il problema non esista, perché alla prima occasione si riproporrà». Basta quest’unico caso a far capire che la strada di SuperMario è disseminata di mine, come e più di quella di Giuseppi. E la tuta da idraulico, stavolta, potrebbe anche non bastare