Governo, i nodi della Manovra e il pettine di Bruxelles
Per la Ue il Documento Programmatico di Bilancio non rispetta l’obiettivo di riduzione del debito. Il Premier Conte: “Chiariremo tutto”
Immaginate che vi sia stato affidato un lavoro di gruppo. Immaginate che vi sia stata indicata una scadenza tassativa, che però avete difficoltà a rispettare causa incomprensioni tra i vostri compagni di team. Immaginate quindi di presentarvi al vostro committente soltanto con una bozza e con la promessa che l’incarico verrà portato a termine al più presto.
Ora portate questa visione a un livello più elevato, conditela con una salsa rosso-gialla, et voilà: avete realizzato la Manovra del BisConte, inviata a Bruxelles dopo essere stata approvata “salvo intese” – un’espressione che in sostanza significa che il Governo si riserva di modificare il testo prima di sottoporlo all’attenzione del Parlamento.
In questo modo, formalmente non era stata sforata la deadline del 15 ottobre, ma al contempo il bi-Premier Giuseppe Conte aveva guadagnato qualche giorno per risolvere i nodi tecnici e – soprattutto – politici. Nodi che però sono prepotentemente giunti al pettine nel momento in cui la Ue ha avvisato il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che il Documento Programmatico di Bilancio «non rispetta l’obiettivo di riduzione del debito per il 2020».
Più precisamente, i rilievi mossi dal vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis e dal Commissario Pierre Moscovici riguardavano due parametri: il deficit strutturale di bilancio (sostanzialmente, il saldo negativo tra entrate e uscite dello Stato, corretto per gli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum), per cui è previsto un peggioramento lieve, ma tale da pregiudicare l’aggiustamento raccomandato, «pari allo 0,6% del Pil»; e il tasso di crescita della spesa primaria netta (cioè la spesa pubblica al netto degli interessi, che rappresenta i costi sostenuti dallo Stato per assicurare ai cittadini bisogni primari quali istruzione, sanità e welfare), stimato all’1,9%, un valore che «eccede la riduzione raccomandata di almeno lo 0,1%». I due euroburocrati hanno quindi concluso la lettera assicurando – bontà loro – che analizzeranno la richiesta italiana di servirsi della flessibilità «per tenere conto dell’impatto sul bilancio di eventi straordinari».
Potrebbe sembrare la solita, indebita ingerenza dell’Europa negli affari (è il caso di dirlo) di uno Stato sovrano, ma la realtà è che il messaggio richiama esplicitamente regolamenti e raccomandazioni avallati anche dall’Italia. Non a caso, sia da Palazzo Chigi che da via XX Settembre hanno fatto spallucce, con l’Avvocato del popolo che ha fatto capire di apprestarsi a fornire i chiarimenti richiesti.
Certo, sarebbe stato più semplice – e meno imbarazzante – se l’esecutivo avesse presentato la versione definitiva della Legge di Stabilità, anziché una brutta copia: per giunta neanche ben scritta, visti i rimproveri comunitari sulla non conformità ai parametri prestabiliti.
In ogni caso, l’ottimismo del Presidente del Consiglio è comprensibile, visto che al momento il barometro autoctono sembra virare nuovamente verso il sereno, dopo i confronti con i leader dei partiti che lo sostengono. Un problema alla volta, insomma, cogliendo l’attimo – o meglio afferrando il giorno: poiché, come suggeriva anche Lorenzo de’ Medici, «di doman non c’è certezza».
Foto dal sito del Governo.