Governo: pronti per la riapertura, ma attenzione alle false partenze
Le critiche per migliorare il Progetto del Governo saranno utili e necessarie. Quelle per fare confusione no
Stiamo uscendo finalmente, se Dio vuole, e il governo, per la ripertura, dovrebbe assumere le giuste decisioni, da quello che potremmo definire il “tempo sospeso” del Coronavirus. Tempo sospeso perché quasi tutto ciò che apparteneva alla nostra vita di prima è passato in modalità “stand by”: Il lavoro, lo sport, lo svago, le relazioni umane e per molti, persino la passione e il sesso. Il “tempo sospeso” è addirittura riuscito nell’impresa, ritenuta impossibile, di mettere in “stand by” la politica, non tutta ovviamente, ma certamente quella dello scontro fazioso, degli attacchi strumentali, del dialogo tra sordi e delle dichiarazioni propagandistiche.
La ragione non risiede nella temporanea e parziale limitazione della democrazia parlamentare, sostituita dagli infiniti decreti governativi finalizzati ad affrontare, con l’urgenza che il caso richiedeva, l’emergenza e le fasi critiche dell’epidemia, ma nella prepotente e inevitabile discesa in campo della scienza. Il prevalere della conoscenza e della competenza disciplinare sulla politica; il prevalere dell’urgenza di salvare le vite più che di indirizzarle con le scelte politiche. Le esperienze avventate e fallimentari di Donald Trump e quella a tratti drammatica di Boris Johnson, hanno dimostrato che non seguire questa strada può essere suicida.
Ci sono momenti in cui la politica fa un passo indietro, accettando che la via venga indicata dagli specialisti. Nella pandemia, dagli scienziati e dai medici; nella guerra, dagli strateghi e dai militari. Pandemia e guerra obbligano i Governi ad assumere decisioni che investono le vite e condizionano il futuro dei loro popoli; un errore potrebbe rivelarsi catastrofico, non ascoltare gli esperti sarebbe folle.
Governo: a breve la riapertura?
Gli esperti, tuttavia, sono oggettivamente condizionati dalla natura delle loro discipline: gli scienziati dalla brama di conoscenza, che può indurli a superare limiti ritenuti invalicabili; gli strateghi dalla prevalenza del risultato sul valore delle singole vite; i medici dall’obbligo etico di curare e salvare ciascuna vita. Obiettivi, motivazioni e conseguenti scelte, molto diverse tra loro. Il compito della politica è quello di mediare tra le diverse spinte, per raggiungere un obiettivo che è al disopra di tutti, cioè il bene comune o della Nazione, se preferite. Ma nessun governo democratico, in tempo di pace, può permettersi di rischiare la vita dei cittadini. Dunque, blocco totale. Questo è quello che è avvenuto in Italia e nel resto del mondo, compresa la Cina, dove democrazia è solo una parola, utilizzata a fini strumentali dal regime “popolare”.
Quel tempo sospeso sta per finire e la politica torna protagonista per salvare il Paese dalla crisi economica che incombe. Non che la politica fosse sparita, ma il confronto tra Governo e opposizione ha dovuto attenuarsi – con l’eccezione di qualche sortita propagandistica – per dare modo al Governo di impegnare tutte le energie contro il “nemico invisibile”.
L’auspicio è che questa esperienza drammatica possa restituirci un confronto politico sui fatti in luogo delle parole fumose; sulle scelte condivise in luogo delle divisioni strumentali; sull’unità di intenti in luogo delle contrapposizioni ideologiche. I primi segnali sono tuttavia sconfortanti e l’ideologia sembra farla già da padrona, almeno a giudicare dai primi segnali che riguardano l’imminente confronto con l’Europa. Ma di questo parleremo in una prossima occasione.
I Governatori del Nord premono il Governo per la riapertura
La fine del “tempo sospeso” somiglia a quell’istante che nelle gare di corsa precede lo scatto, la tensione è fortissima. Gli scattisti, più competitivi, aspettano impazienti lo starter per scatenare la loro forza, i più emotivi non riescono a tenere a freno la tensione. Entrambi scalpitano e smaniano da tempo. Ma se non sapranno dosare la forza e la tensione, rischiano una falsa partenza. Uscendo dalla metafora sportiva, vediamo che i Presidenti delle Regioni si accingono a procedere in ordine sparso e forse contraddittorio: il Presidente della Lombardia, Fontana, non pago della prova data nella crisi, vuole il “liberi tutti” per riaprire tutto e subito. E lo vorrebbe generalizzato perché, sostiene, non a torto, che le attività industriali, di qualunque dimensione, sono interconnesse e l’apertura a “macchia di leopardo” sul territorio nazionale e regionale non darebbe nessun risultato concreto. Nello stesso tempo, sostiene che, altrimenti si dovrebbe riaprire solamente quando in tutto il Paese il virus sarà sparito. Forse non gli è chiaro che la Lombardia è ancora la Regione col più alto numero di infetti.
Il Presidente della Campania, l’ineffabile De Luca, vorrebbe invece tenere ancora chiusa la Lombardia e se essa dovesse aprire indiscriminatamente, sarebbe pronto alla rappresaglia, chiudendo egli la Campania. De Luca ha le sue ragioni, perché vuole mantenere il prestigioso risultato di “zero nuovi casi” al quale ha lavorato alacremente, persino con le pittoresche minacce di inviare truppe col lanciafiamme. A Napoli molti hanno tranquillamente ignorato i suoi divieti, ma quel “Napoli zero contagi” pubblicato sui quotidiani, ha assolto tutti dal peccato. Tra i due estremi c’è un Paese che, con varie sfumature, vuole comunque ripartire. E non possiamo che essere d’accordo.
La Task Force del Governo per la riapertura
Il Governo presenterà a breve il progetto di “riapertura” elaborato dai “300” della Task Force. Sarà il primo strumento attraverso il quale misurare la nostra capacità di essere uniti attorno ad un programma comune che, se anche dovesse mostrare qualche lacuna, dovrà diventare il programma di noi tutti. Finora, in questa difficile crisi, abbiamo dato una straordinaria prova di compattezza nazionale, che ha rafforzato l’immagine del nostro Paese nel mondo. Questo patrimonio non va disperso con decisioni locali affrettate e non coordinate. Le critiche per migliorare il Progetto del Governo saranno utili e necessarie. Quelle per fare confusione no.
Le Regioni, nella loro piena autonomia, possono dimostrare di non essere un’inutile frammentazione dello Stato, ma la sua rappresentazione più alta, in sintonia con le peculiarità dei singoli territori, adeguando gli indirizzi centrali alle specificità dei loro tessuti sociali e produttivi. Con intelligenza e prudenza. Perché di tutto abbiamo bisogno adesso, tranne che di una falsa partenza.