Gragnano. Alessandro, il suicidio, il coraggio e i bulli. La colpa non è mai della vittima
Lo smartphone è la nuova “Agorà”, un luogo virtuale dove lo schermo nasconde il volto di chi offende, istiga e vessa
Alessandro aveva 13 anni. Era un ragazzo normale come tanti a Gragnano (Napoli), uno di quelli che vediamo chini su di uno smartphone a vedere un video, a seguire una chat o a chiacchierare con gli amici agli angoli di un quartiere. Un ragazzo normale con tutta la vita davanti. E i ragazzi normali di oggi sono tali e quali ai ragazzi normali di una volta. Bisogni, emozioni e pensieri. Cambiano i comportamenti e le abitudini, ma l’essenza umana dell’ adolescenza è sempre la stessa. Senso di ribellione e disarmo.
Gli adolescenti, guerrieri disarmati
L’adolescente è quel nuovo guerriero disarmato che improvvisamente si ritrova nella realtà sociale. Inquieto e indifeso, può solo guardarsi intorno e prendere spunti per autodefinirsi fra risate, schiamazzi e voglia di amicizie. Sempre proiettato verso il riconoscimento da parte degli altri, “Io ci sono perché voi mi riconoscete”. Questa l’equazione. Alessandro nella stessa identica modalità si è catapultato sulla giostra della sua età: una fidanzatina, lo sport, in particolare il basket, il teatro e la scuola. Era sempre sorridente afferma qualche suo compagno. Poi qualcosa è cambiato.
Gli ultimi mesi di vita sono stati tutt’altro che spensierati e piacevoli, fino a l’altro giorno, quando Alessandro si toglie la vita buttandosi dal quarto piano a Gragnano, in provincia di Napoli, facendo un volo di 15 metri.
Alessandro qualche mese fa decide di interrompere la relazione con la sua ragazza. Ma sembra che la scelta non venga accettata bene dalla ex, tanto da attirarsi l’odio di altre sei persone, di cui quattro minorenni, spinti dalla stessa ex fidanzata a fargliela pagare. Sguardi di sfida e offese dritte negli occhi, continue tensioni ogni qualvolta Alessandro incontrava il gruppetto di ragazzi. Classica dinamica da bulli. Un leader e qualche gregario al seguito.
Solo una differenza rispetto alle dinamiche adolescenziale del passato. Un nuovo scenario; quello dei social. Perché è qui che Alessandro comincia a ricevere dei messaggi con scritto: “Ucciditi!”, “Buttati giù”. Una nuova piazza o strada o marciapiede, dove non puoi nasconderti o passare sull’altro lato. No qui c’è un solo spazio e ci sono tutti, proprio tutti. Anche quelli che non conoscono la storia. E non puoi difenderti da solo, perché il branco in questo spazio sembra moltiplicare esponenzialmente la propria forza comunicativa. Alessandro purtroppo dà ascolto a quelle parole. Forse alla fine comincia anche a crederci.
“Ucciditi!, Buttati giù”
Dal punto di vista della cronaca poco da aggiungere ad una dinamica chiara.
L’ex-fidanzata doveva punirlo. Non tollerava la frustrazione di essere stata lasciata. Qualche seguace coetaneo e l’esercito è pronto. Diverso è per quanto riguarda invece una precisa indagine sociologica di ciò che racconta questa storia.
Accanimento e isolamento, due miscele esplosive se ricondotte su personalità particolarmente sensibili. Personalità che purtroppo sono proprio quelle verso le quali mira il fenomeno del bullismo e oggi del cyberbullismo.
L’istigazione al suicidio e il cyberbullismo sono reati molto gravi.
Il peso specifico di questi comportamenti fuoriesce dal valore puramente giuridico assumendo una valenza sociale devastante. Si gode nel rendere un essere umano oggetto dei propri bisogni e quando questi non vengono soddisfatti, allora deve essere fatto soffrire, anche fino alla morte, come in questo caso.
L’incapacità di accettare il rifiuto, la separazione come forma di negazione di sé stessi, non sono più contemplati. Non si può essere lasciati dal proprio o propria partner.
E come mai? E la cosa riguarda solo gli adolescenti o forse anche coloro che dovrebbero fare da modello, cioè gli adulti?
Tornando alla cronaca, le minacce risalgono a luglio passato. Continue e sfiancanti hanno minato l’autostima e l’amore per se stesso che Alessandro aveva fino al tragico epilogo. La giustizia farà il suo corso, ma la società dovrà ancora una volta prendere atto di se stessa e delle trasformazioni in corso.
Lo smartphone, la nuova agorà
La nuova “Agorà”, è un luogo virtuale dove lo schermo nasconde il volto di chi offende, istiga e vessa. Un luogo dove non si ascolta ma si legge velocemente e basta. Dove tutti partecipano ma nessuno davvero interviene. Un palcoscenico per tutti, senza veri ruoli da protagonista e senza una reale storia dove si possono condizionare, calpestare e distruggere le esistenze altrui. Ognuno democraticamente può sentirsi libero di esprimere la propria opinione. L’altro è solo un account a cui arriverà un messaggio.
L’analisi disarmante del carabiniere su Facebook
Si prenda ad esempio il messaggio postato on line di un appartenete alle forze dell’ordine, pubblicato per commentare la vicenda di Gragnano, che scrive:
Alessandro era un coniglio
Uno che ha preferito fuggire
E chi sarebbero i leoni, i bulli?
Il bullo, come i suoi gregari sono a loro volta adolescenti in piena sofferenza d’identità. Ragazzi o ragazze che fanno fatica a trovare la propria identità all’interno di un contesto di coetanei. Vittime a loro volta del processo di crescita e relazione. Distruggono la vittima di turno per sfamare la stessa loro angoscia.
La totale mancanza di rispetto che ha questo adulto nei confronti di un ragazzo suicida ci mette in luce come sia assolutamente urgente un profondo investimento culturale. Abbassare i toni, smussare gli spigoli e conoscere certe dinamiche. Come si può pensare di aiutare un ragazzo ad amarsi, insultandolo? Una logica così semplice impossibile da non capire. Eppure, anche in questo caso si deve dire la propria. La colpa non è mai della vittima.
La colpa non è mai della vittima
Alessandro non aveva paura di mostrare i propri sentimenti. Aveva coraggio e lo ha dimostrato mandando un messaggio alla attuale fidanzata poco prima che morisse. “Non ce la faccio più” le scriveva. Ma purtroppo nonostante l’affetto della fidanzata e il supporto della famiglia, Alessandro è morto suicida. Proprio perché istigato a farlo. I nuovi leoni, specie da tastiera, sono forse i pezzi fallati del moderno processo evolutivo. Lavoriamo allora sui modelli di “stampa”.
In collaborazione con il Dott. Rocco Giuseppe Rettura, psicologo