Guerra degli scontrini, ristoratori furbetti o clienti approfittatori?
Chiamiamola guerra degli scontrini ma dobbiamo iniziare da una domanda: ci sono più furbetti tra i clienti oppure tra gli esercenti?
Sono più i furbetti tra i clienti oppure tra gli esercenti? Ristoratori che chiedono 2€ per un piattino vuoto, 3 € per scaldare un biberon, 10 € per un aiuto, 15 € per tagliare una torta che hai portato da casa.
Dall’altra parte continuano le fughe dei clienti che non pagano il conto al ristorante. Ma c’è anche chi prova a fare accordi che convengono a tutti e funzionano.
La guerra dei gestori, ristoratori furbetti o clienti approfittatori?
È la guerra tra poveri. Tra clienti e gestori di bar e ristoranti. I primi trovano spesso conti con cifre spropositate e rincari assurdi o del tutto illegali, i secondi vengono tartassati di imposte, gabelle, controlli che non lasciano loro margini adeguati di guadagno e pensano di rifarsi sui clienti per il tempo perso, per le stoviglie rotte o rubate, per il danno economico di chi si alza e se ne va senza pagare.
Un caos che deve finire con l’accordo di tutti, ristoratori, esercenti di bar e osterie, associazioni di categoria, autorità dello Stato. Bisogna mettere la parola fine a questa stupida guerra e imporre regole fisse ed eque per tutti.
Una volta ci si scambiava favori e si condividevano le difficoltà
Veniamo ai fatti. Ci stiamo rendendo conto che il buonsenso non regola più le relazioni sociali. Quello che una volta era un semplice accordo tra persone civili oggi non vale più.
Se mi chiedi un servizio lo devi pagare, favori non esistono più. I ristoratori non vogliono dedicare tempo a un qualcosa che non rende loro niente, anzi che distrae il personale e li pone a rischio.
Siamo a Pino Torinese e Fabio Bregolato, che vive a Rosta, prenota un tavolo per dieci in una pizzeria, per festeggiare un compleanno. Ma la pizzeria non ha torte a disposizione per le candeline. Si mettono d’accordo e Bregolato porta la torta per il festeggiamento finale.
La torta arriva in tavola divisa in 10 porzioni ma nello scontino finale Bregolato scopre che c’è un’aggiunta di 15 euro per il taglio della torta.
“Potevano pure passarci sopra, non mi è mai capitato in 40 anni (e di pizze ne ho mangiate parecchie) che un locale applicasse un sovrapprezzo per tagliare una torta”. I ristoratori sapevano che Bregolato avrebbe portato la torta ma non l’hanno avvisato del sovrapprezzo per il taglio.
Negli scontrini c’è un costo per ogni servizio ai clienti che esula dai compiti dei ristoratori e della pizzeria
Come ormai accade per ogni stupidaggine, sui social s’è scatenata la bagarre, chi contro i proprietari della pizzeria, chi contro Bregolato. “A me è successo a Carmagnola – scrive una signora – ho pagato 2 euro per ogni fetta di torta”.
I titolari si difendono dicendo che “Lo abbiamo segnato regolarmente nello scontrino e ci paghiamo le tasse. È un servizio e come tale ha un costo”. Bregolato inoltre, secondo i titolari, non avrebbe neppure avvisato del dolce portato da casa: “Al momento della prenotazione non ha detto nulla. Alla fine della cena ci ha mostrato la torta e ci ha chiesto di tagliarla. Era da sei e voleva dieci porzioni. La cameriera ci ha messo 25 minuti per confezionarla al meglio.”
“Noi non siamo tenuti a fare questo servizio”, sostengono i titolari della pizzeria, “anche perché rischiamo di servire qualcosa che non produciamo noi. Lo sappiamo bene, siamo specializzati in prodotti per celiaci e intolleranti”
La legge ha limitato le possibilità dei ristoratori a tutela dei clienti
Questo è un passaggio importante. Il ristoratore è responsabile di quello che dà da mangiare al cliente. Se la torta, nella cucina, fosse venuta a contato con altri cibi e si fosse contaminata, il ristoratore ne sarebbe comunque responsabile.
Per questo non accetta di buon grado di svolgere un servizio che esula dalle sue competenze e per il quale potrebbe passare un guaio.
Una volta era tutto più semplice. Ci si metteva d’accordo e non c’erano regole e leggi che ponevano restrizioni al ristoratore.
Quindi può sembrare antipatico il ristoratore che non ti faccia portare niente da casa ma ha un suo perché, che il cliente non è sempre pronto a comprendere. Però una volta che accetta di tagliare la torta non può far pagare 15 euro il taglio. Dovrebbe essere un favore che fa al cliente.
Oppure mette sul menù che qualsiasi prestazione aggiuntiva, extra menù, che venga richiesta, ha un costo di 15€ e il cliente si regolerà di conseguenza. Il tempo di lavoro della cameriera ha un costo e giustamente se taglia una torta non può portare pietanze ai tavoli.
Quindi nell’assenza di accordi precisi che ponga un costo mi pare del tutto logico, anche se al suo posto, lo avrei evitato, data anche la maniera che si prestava a equivoci, in cui era nata la cosa. Quei dieci clienti la pizzeria li ha persi per sempre, questo è il dato da considerare.
I favori non esistono più, tutto si paga
A Vieste, in Puglia, una mamma di 38 anni, con un bambino di un anno, che era in vacanza sulla spiaggia, s’è rivolta a un chiosco per far scaldare il biberon con il latte e il barista s’è offerto di farlo ma in cambio ha preteso 3 euro. Senza scontrino.
Ora un chiosco che vende bibite e caffè per i bagnanti ha diritto di guadagnare ma pretendere 3 euro per scaldare a bagnomaria il latte di un biberon mi pare fuori luogo.
Stessa cosa che è accaduta in una stazione di servizio a Spresiano, paese del Trevigiano. Ne ha parlato il sindaco del paese Marco Della Pietra.
Un distributore avrebbe chiesto 10 euro per il tempo sprecato per riparare un danno all’auto di sua moglie. La ruota posteriore toccava il paraurti.
La signora con la figlia di 4 anni, aveva subito da poco un tamponamento e in quelle condizioni l’auto non poteva camminare. Si è rivolta quindi al distributore di benzina per chiedere aiuto al benzinaio.
Con una leva il ragazzo ha liberato la gomma dal paraurti. Il padre del sindaco, che stava accompagnando la nuora e la nipote, si è offerto di lasciare una mancia che però il benzinaio ha rifiutato, ringraziando. È allora che il titolare della stazione di servizio è uscito dal suo gabbiotto con una richiesta di 10 euro per il tempo perso. Anche se stupiti, la moglie e il padre del sindaco hanno pagato il proprietario per il servizio reso e se ne sono andati.
Che impressione avrà lasciato Vieste in quei turisti veneti? Ve lo lascio immaginare. Questo significa essere negati per gli affari.
Scontrini e pos: ristoratori furbetti, clienti approfittatori
Ci sono ristoratori che pensano di addossare al cliente il costo del POS. È un reato. La carta di credito è una moneta privata, un servizio che offre la banca per non usare contante. Un servizio che ha un costo per il cliente e per il commerciante che si avvantaggia di un acquisto che altrimenti non sarebbe avvenuto. Ma non può il commerciante, far pagare il costo del servizio al cliente. Sono costi che vanno ripartiti.
Un cliente ha aggredito la titolare del bar per quel sovrapprezzo illegale. Le ha stretto le mani attorno al collo. È avvenuto nel Dam Bar a Cornuda in provincia di Treviso.
Dania Sartorato, presidente provinciale di Unascom e della Fipe, è molto chiara. Ferma la condanna per l’aggressione: “un atto inconcepibile”. Tuttavia la pratica di aggiungere arbitrariamente un sovraprezzo a chi paga con le carte è vietata.
In certi casi bisogna chiamare subito le forze di polizia, non farsi giustizia da soli minacciando il gestore, che tra l’altro, per questa irregolarità rischia una sonora multa.
Cosa può pretendere il cliente che voglia pagare tramite il Pos
L’Unione nazionale consumatori, sulle pagine del Corriere della Sera, spiega quali sono i diritti di chi consuma e che tipo di rimostranze può avanzare all’esercente.
Per legge il ristoratore o barista non può negare l’uso del Pos e se accade il cliente può chiamare la Guardia di Finanza o la polizia locale che può sanzionare il titolare del locale con 30 euro più il 4% della transazione negata.
Ovviamente il buon senso ci dice che se un giorno il Pos è fuori uso, allora è bene avere comprensione, ma se il guasto si ripete, allora bisogna vederci chiaro.
Se solo quando arriva il conto si lamenta che il Pos non funziona? “Il cliente deve pagare, certamente, ma poiché il disservizio è responsabilità dell’esercente, può tornare in un altro momento a saldare o fare un bonifico. E nessuno può trattenerlo” avverte Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Consumatori.
Inoltre per il Pos non c’è alcun importo minimo, quindi si può pagare anche un caffè ed in genere non si può aumentare l’importo per il pagamento elettronico. In entrambi i casi si possono chiamare la finanza e polizia locale ed “il cliente si può rifiutare di procedere”.
Ricordate i ristoratori che chiesero 2 euro ai clienti per un piattino vuoto? Esempi di scontrini furbetti
I prezzi devo essere esposti all’entrata del locale e sul menu. Se si riscontra una differenza tra i prezzi esposti e quelli nello scontrino ci si può rifiutare di pagare la differenza.
Vale per tutto, vino compreso. Stoviglie e piatti vuoti sono compresi nel prezzo del coperto e delle pietanze, a meno che non sia esplicitato nel menu che ogni piatto vuoto ha un costo. Com’è accaduto nel caso del ristorante di Finalborgo (Savona) il 2 agosto, quando hanno fatto pagare 2 euro per un piatto vuoto. Ma era indicato sul menù.
Come far pagare 20 euro ad un cliente per un piatto rotto da una bambina mi sembra un’assurdità di marketing. Non siamo da Vissani, dove un bicchiere di cristallo Stölzle Lausitz può costare 100 euro o un piatto di Richard Ginori ne vale 300. Lo posso capire ma in quel caso Vissani non te lo fa pagare, è già compreso nel conto stratosferico del ristorante.
“Probabilmente il costo di 20 euro per un piatto usato è veramente troppo, dice Massimiliano Dona, meglio una linea soft da parte del ristoratore. In sintesi, il suggerimento ai clienti, quando ci sono incidenti, è sempre quello di discuterne col proprietario, magari si trova un accordo. Postare lo scontrino sui social senza aver detto niente lì per lì lo trovo vile. Dall’altra parte, ai ristoratori dico: vogliamo davvero buttare alle ortiche la reputazione di un settore per due euro del piattino vuoto?”
La reputazione si distrugge proprio con le furbizie del ristoratore
I furbi non allignano solo tra i clienti, anche tra i ristoratori ogni tanto ne nasce qualcuno. Coì a Panarea, nelle Isole Eolie, a metà agosto, quattro ragazzi romani decidono di cenare nell’ isola più alla moda dell’arcipelago ma quando arriva il conto uno dei clienti sente puzza di bruciato.
I prezzi sono tutti più alti di quelli segnalati. Si fa portare il menù e scopre una maggiorazione su tutte le pietanze di alcuni euro, per un totale di 16 euro in più. Chiamano il titolare che prima cerca delle scuse poi capendo che si tratta di colleghi si arrende e chiede scusa, facendo lo sconto che riporta il prezzo nella legalità. A volte succede che si voglia approfittare del cliente di passaggio.
A Roma lo fanno i tassisti poco onesti con i giapponesi e i cinesi, che mal si orientano con la nostra lingua e l’euro. Ma ora ditemi voi se ne vale la pena. Per 16 euro hai distrutto la tua immagine, perso quei quattro clienti per sempre e subisci una cattiva pubblicità per il tuo locale. Ne valeva la pena? Rubare non serve mai a farti diventare ricco?
Guerra degli scontrini, ristoratori furbetti? Non solo, ci sono i clienti in fuga
Se i ristoratori ci provano anche i clienti lo fanno, siamo in Italia, la patria dei furbi, degli evasori, dei raccomandati e di quelli che vengono condonati.
Sta succedendo sempre più spesso che alla presentazione di un conto ritenuto esoso i clienti decidano di darsi alla fuga, come è accaduto in Albania, facendo sfigurare la Meloni in visita presso il Presidente albanese e in altre trattorie e ristoranti della penisola.
Recentemente alla Macelleria Pucci di Terni tre clienti non hanno pagato il conto di 130 euro e se ne sono andati, sbeffeggiando i titolari con un saluto ripreso dalla telecamera di sorveglianza. I titolari dell’esercizio commerciale hanno immortalato la fuga con un video postato sul social ma hanno protetto l’identità dei ter clienti con tre faccine emoji, come ha raccontato Il Messaggero.
Un piatto di porchetta, maltagliati e vino per 130 euro. Potrebbe essere tanto o poco, dipende anche dal vino, che da solo potrebbe costare quella cifra. Molto ironicamente i titolari hanno pubblicato video e postato una recensione in cui sostengono che da loro “si mangia molto bene e non si spende niente” o anche “rapporto qualità/prezzo eccellente”.
Le brutte abitudini si diffondono facilmente e a Messina alla Trattoria del Marinaio la chef e proprietaria Maria Carlotta Andreacchio denuncia un nuova fuga dei soliti ignoti che si alzano senza pagare: “Un gesto ignobile”, l’ha definito la cuoca, ricevendo centinaia di messaggi d’appoggio.
Il padre chiede di pagare il conto per il figlio scappato dal ristorante
È accaduto di nuovo anche a Malta, per la precisione a Misida, il 25 agosto, un gruppo di italiani in vacanza mangia e non paga il conto.
Siamo proprio un gran popolo e all’estero, grazie a questi furbetti, ci stiamo costruendo una reputazione, non c’è che dire. Con la scusa della sigaretta i giovani si alzano ed escono, il conto da 100 euro del “Pasta &Co.” resta insoluto.
Il proprietario ha riconosciuto l’accento siciliano dei ragazzi e posta un video sui social. Uno dei genitori riconosce il figlio e telefona al ristorante maltese, chiedendo di voler pagare lui il conto, per lavare l’onta della brutta figura.
Il ristoratore però ha risposto con stile al padre onesto: “Gli ho detto che ho apprezzato moltissimo il suo gesto, che si vedeva fosse una persona onesta e un padre esemplare, ma che non ci fosse bisogno di saldare un conto da 100 euro. Lui però ha continuato a insistere, così gli ho proposto di devolvere la somma ad Arka un’organizzazione dell’isola di Gozo che si prende cura di persone con disabilità. La mia idea lo ha colpito molto e, alla fine, mi ha richiamato annunciando di aver donato ben 250 euro. Noi, per conto nostro, a quel punto siamo tornati dalla polizia e abbiamo ritirato la denuncia”.
Poi è seguita l’idea del papà: “Vi mando mio figlio a lavorare gratis la prossima estate”. L’offerta è stata giustamente declinata, ma i proprietari del ristorante hanno apprezzato il gesto. Si poteva risparmiare tutto questo pagando i 100 euro? Si, e avremmo comunque evitato la brutta figura, che rimane.
In questa guerra di scontrini qualche onesto c’è tra clienti e ristoratori
Tra le tante note stonate una positiva. Lo chef stellato Lele Usai che ha un ristorante a Fiumicino, ha scritto un post di ringraziamento su Facebook: “Comunque c’è tanta bella gente in giro, onesta e positiva. Oggi una signora ha chiamato al ristorante per dirci che guardando il conto del pranzo di ieri si è accorta che avevamo dimenticato di segnare la bottiglia di vino e molto onestamente ci ha chiesto come poteva fare per pagarla.”
Un gesto che viene premiato dal titolare del ristorante: “L’abbiamo ringraziata e ovviamente abbiamo offerto noi il vino”. Il messaggio finisce con un ringraziamento sentito: “Grazie di cuore signora, una ventata di aria fresca e positività”.
Mettiamoci d’accordo: tu porti lo zucchero e io ti faccio pagare meno il caffè?
Quando ci si mette d’accordo tutto funziona a meraviglia. Il titolare del bar di Millesimo (Savona) ha proposto un caffè a 70 centesimi se il cliente si porta la tazzina, lo zucchero e il cucchiaino da casa. Ha funzionato.
Il bar risparmia sul lavaggio delle stoviglie e sul costo del dolcificante e il cliente risparmia a sua volta. La barista Valentina Venturino a raccontato che è divertente vedere le tazzine degli anni ’50 riesumate dai clienti.
Le avevano sottratte ai bar anni fa e ora tornano in auge. Abbassare i costi con la collaborazione dei clienti è stata una scommessa che ha funzionato. Magari piace il gioco di portarsi il corredo da casa, tuttavia ai clienti diverte e il bar vende più caffè.
Questa notizia racconta molto di più di quale sia la strada da intraprendere, quella dell’accordo, della collaborazione, del rispetto, dell’onestà. Non si deve fregare il prossimo per sentirsi furbi, si deve essere intelligenti per progredire tutti insieme. Lo si può fare anche nella ristorazione e in qualsiasi ramo commerciale. Portarsi le buste da casa per gli acquisti al supermercato, cercare dove si può comprare i detersivi sfusi con i contenitori usati, portarsi le bottiglie di vino al ristorante pagando un supplemento “tappo” minimo, che comunque accontenti sia il cliente che il ristoratore.
Insomma le soluzioni ci sono e nascono sempre dalla collaborazione e dalla volontà di progredire tutti insieme. È la cultura del fregare il prossimo che non paga e prima o poi lo si dovrà capire.