Guerra in Ucraina, con queste “sanzioni” Putin può dormire sonni tranquilli
Alcune delle misure prese dall’Occidente, come l’esclusione da SWIFT, risulteranno inefficaci: mentre altre sono ridicole o inquietanti, perché colpiscono la libertà di opinione
Illudersi di bloccare la guerra in Ucraina con le attuali “sanzioni” è come pretendere di pescare un’acciuga con una rete dalle maglie chilometriche. Alcune delle misure imposte dall’Occidente, infatti, malgrado l’infatuazione dei media mainstream saranno semplicemente inefficaci. Mentre le altre o sono ipocritamente dittatoriali, o sono ridicole ai limiti del parossismo.
Le “sanzioni” non fermeranno la guerra in Ucraina
Nel 1935, in seguito alla guerra d’Etiopia la Società delle Nazioni a forte impronta britannica comminò all’Italia una serie di sanzioni economiche. Tanto incisive che l’anno successivo il cantautore Rodolfo De Angelis dedicò alla perfida Albione un brano di scherno intitolato “Sanzionami questo”.
Una storia che sembra destinata a ripetersi con le disposizioni adottate in questi giorni da Stati Uniti, Europa & Co. contro la Russia di Vladimir Putin. Alcune delle quali sono patetiche, come i bandi di Mosca dall’Eurovision Song Contest torinese e dallo sport, cominciando dai Mondiali di calcio e dalle euro-coppe. Stendiamo invece un velo pietoso sulla decisione della Figc di posticipare di cinque minuti l’inizio di tutte le partite dello scorso fine settimana.
Ben più inquietante però è la scelta del sindaco di Milano Beppe Sala di proscrivere dalla Scala, per le sue posizioni filo-putiniane, il maestro Valery Gergiev. Peraltro già oggetto di un analogo ostracismo da parte della Wiener Philharmoniker austriaca. Questo Occidente tanto pervaso dalla libido dei “diritti”, cioè, attenta alla fondamentale libertà di opinione non di un pericoloso oligarca, bensì di un privato cittadino. Qualcosa che dovrebbe far riflettere tutti, visto che non è certo la prima volta.
Anche SWIFT è una cartuccia a salve
Naturalmente, però, la vera leva per frenare lo Zar dovrebbe essere l’esclusione della Russia da SWIFT, il circuito globale dei pagamenti bancari. Si dà però il caso che il Cremlino abbia sviluppato già da tempo delle istituzioni finanziarie alternative in costante cooperazione con la Cina.
Si tratta del sistema SPFS (Sistema di Trasmissione dei Messaggi Finanziari), un meccanismo per i pagamenti ideato proprio come contraltare di SWIFT. Del Mir, un sistema di pagamento nazionale. E della New Development Bank, nota come banca dei BRICS ma ben più estesa dei “soli” Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Un’alleanza che ha ramificazioni nei mercati asiatici (EAEU e ASEAN), sudamericani (MERCOSUR) e africani (ACFTA).
Tanto dovrebbe bastare a far capire che l’uso del sistema dei pagamenti è un’arma a doppio taglio. Che, come illustra uno studio dell’ISPI, alla lunga «rischia di essere costoso per i Paesi che la utilizzano assai più che per quelli che la subiscono». Italia compresa, visto che i nostri istituti di credito (esattamente come quelli francesi) sono esposti con la Russia per circa 25 miliardi di dollari. Senza contare che Mosca sarà sempre più incentivata a rovesciare la supremazia del dollaro stesso, e l’assetto geopolitico che si regge proprio sull’egemonia monetaria statunitense.
La NATO, dunque, dovrebbe fare bene i propri conti. Perché sarà impossibile fermare la guerra in Ucraina con (è il caso di dirlo) delle “cartucce a salve”.