Guerra, l’Africa è la grande dimenticata (e può essere un problema)
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha scatenato una crisi alimentare gravissima nel Continente Nero: spingendolo sempre più tra le braccia di Mosca (e della Cina)
Diversi addetti ai lavori considerano la guerra ai confini dell’Europa orientale un conflitto tra Russia e Stati Uniti – che lo combattono per interposta Ucraina. Nessuno però tiene conto del fatto che il quadro geopolitico include un terzo, importantissimo attore. La cui esclusione dallo scacchiere internazionale potrebbe costituire un gravissimo problema.
La grande dimenticata della guerra
Nel contesto del conflitto russo-ucraino, che vari commentatori (come Avvenire) ritengono una guerra combattuta per procura da Washington contro Mosca, c’è una grande dimenticata. Si tratta dell’Africa che, come ricorda France24, sta affrontando una crisi alimentare gravissima.
Flambée des prix alimentaires : le FMI alerte sur “les risques de troubles sociaux” en Afrique https://t.co/K24I7sMi9A
— FRANCE 24 Français (@France24_fr) April 28, 2022
Molti Paesi, infatti, importano dalle due Nazioni belligeranti fino al 50% del grano, il cui prezzo (come quello del carburante) ha subito una drammatica impennata. Tanto che il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato l’allarme sul rischio di esplosione delle tensioni sociali, soprattutto nelle Regioni subsahariane. Anche se, precisa Afd, i rincari stanno mettendo in ginocchio allo stesso modo Stati ricchi come l’Egitto e la Nigeria.
Uno scenario che, secondo il Time, deve costituire un monito per l’intero Occidente, perché sta spingendo sempre più il Continente Nero tra le braccia della Russia. Basti pensare che quando, tra marzo e aprile, l’Onu ha messo al voto due mozioni di condanna a Mosca, numerosi rappresentanti africani si sono opposti.
Le partnership dell’Africa con Russia e Cina
A fine aprile, inoltre, come riferisce l’Agi il Camerun ha firmato un accordo di cooperazione militare col Cremlino. Il quale, soprattutto negli ultimi anni, ha dispiegato in almeno 19 Stati africani contractors privati, per garantire sicurezza in cambio di licenze di estrazione delle vastissime risorse naturali.
Paradossalmente, però, questo neo-colonialismo sembra essere molto più tollerato dell’originario, che ancora suscita forti sentimenti anti-occidentali (e segnatamente anti-francesi nella parte ovest del Continente Nero). Una situazione che avvantaggia anche la Cina, che ha a sua volta interessi economici in Africa, tanto da esserne diventata il maggior investitore dal 2010 a oggi.
D’altronde l’asse di ferro tra Pechino e Mosca è arcinoto, e non solo per gli stretti rapporti tra i Presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping. Probabilmente sono invece meno note le sue ramificazioni. A partire dal “Sistema di Trasmissione dei Messaggi Finanziari” (SPFS), un meccanismo per i pagamenti alternativo al circuito internazionale SWIFT – da cui Mosca rischia l’esclusione. Nonché dalla New Development Bank, l’istituto finanziario dei BRICS (l’associazione delle maggiori economie emergenti formata dai due giganti assieme a Brasile, India e Sudafrica).
Queste partnership si estendono, tra l’altro, fino ai mercati africani, in virtù dell’alleanza con l’African Continental Free Trade Area (AfCFTA). E sono le chiavi dello Zar per aggirare, o almeno attenuare l’impatto delle sanzioni imposte da Usa e Ue. Alla luce di tutte queste considerazioni, sicuri che continuare a ignorare il Continente Nero sia una buona idea?