Henri Cartier-Bresson e l’eternità delle fotografie
Fino al 25 gennaio 2015, all’Ara Pacis una mostra dedicata a Henri Cartier-Bresson, l’occhio del secolo. La mostra è a cura di Clément Chrende
“La fotografia non è niente… La sola cosa che m’interessa è la vita, capisci”, confida Henri Cartier-Bresson a Vera Feyder, poetessa e drammaturga, che racconta il fotografo nel testo prodotto per il catalogo dell’esposizione “Paris à vue d’oeil” al Museo Carnavalet nel 1984. André Pieyre de Mandiargues, scrittore e drammaturgo pure lui, descrive il fotografo come “instancabile e sempre in compagnia della sua Leica, usata come una finestra sull’imprevisto per afferrare la bellezza che può apparire da un momento all’altro”.
A dieci anni dalla sua scomparsa, il Museo dell'Ara Pacis rende omaggio al genio di Bresson con una personale promossa da Roma Capitale Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura. Fino al 25 Gennaio 2015, la mostra retrospettiva di Henri Cartier-Bresson, classe 1908, curata da Clément Chrende, storico della fotografia e conservatore capo del Dipartimento Fotografico del Museo nazionale d’arte moderna al Centre Pompidou di Parigi, racconta il percorso artistico di una leggenda. Un percorso nient'affatto lineare che, con il suo corpus di 500 opere, attraversa un secolo intero. Il Ventesimo. Raccontato nei suoi tratti decisivi, attraverso disegni, dipinti, film e documenti di un grande artista, attraverso quella “finestra sempre aperta a cogliere la meraviglia che può apparire da un momento all’altro”.
Secondo Bresson “le fotografie possono raggiungere l'eternità attraverso il momento” e, con esse, alle volte capita che venga conseganto all'immortalità anche il loro autore.