Hpv, preservativo non evita il contagio: 70% dei portatori sono uomini
Il Papilloma virus non è un’infezione a trasmissione esclusivamente sessuale e non è segno di promiscuità o infedeltà
Il preservativo contro l’Hpv non è purtroppo una garanzia anti-contagio.
Sabato 4 marzo è stata la Giornata Internazionale di sensibilizzazione sul Papillomavirus umano. Anche quest’anno l’obiettivo è stato quello di favorire la consapevolezza, l’educazione e la prevenzione dei tumori HPV-correlati, riducendo lo stigma derivante dal Papillomavirus e incentivando i giovani sessualmente attivi ad avvicinarsi alla campagna vaccinale e a sottoporsi a controlli periodici dal dermatologo. Forse, diversamente da quanto si possa pensare, l’HPV può colpire diversi distretti corporei dalla cervice uterina all’orofaringe, dalla vulva al pene, dall’ano alla vagina.
L’agenzia di stampa Dire per fare il punto su modalità di trasmissione, le cure oggi a disposizione alcune domiciliari e l’importanza della vaccinazione ha intervistato la dottoressa Alessandra Latini, responsabile Malattie Sessualmente Trasmesse (MST) e Malattie Tropicali dell’Istituto San Gallicano- IFO di Roma e componente HPV Unit Ifo.
HPV, come si trasmette e perché il preservativo non basta
L’infezione da Papillomavirus umano o HPV è l’infezione più frequente a trasmissione sessuale. L’assenza di sintomi- sottolinea la dottoressa Latini- spesso ne favorisce la diffusione perché la maggior parte degli individui non è a conoscenza del processo infettivo in corso. Va detto che esiste una differenza tra l’infezione e la malattia ossia la manifestazione clinica da infezione da HPV. Infatti, la malattia è quella che si può manifestare a livello dei genitali esterni, sotto forma di condilomi o verruche genitali. Esistono oltre 200 tipi di HPV che vengono differenziati in base al genoma.
Le manifestazioni cliniche si differenziano in due tipi: quelle dermatologiche, come i condilomi, dovute a manifestazioni benigne da HPV a basso rischio come gli HPV 6 e 11 e lesioni precancerose o displasie che interessano soprattutto le mucose ano-genitali e sono causate da tipi alto rischio come gli HPV 16 e 18. Infine, gli HPV ad alto rischio possono causare diversi tumori come quelli a carico del collo dell’utero, vulva, vagina, pene, ano e orofaringe’.
Non è solo un problema femminile, 70% colpisce maschi
‘Secondo i più recenti report dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) oltre il 70% della patologia HPV -correlata rappresentata dai condilomi ano-genitali viene diagnosticata nei maschi, solo poco più del 25% nelle donne. Si evince- fa sapere la responsabile Malattie Sessualmente Trasmesse (MST) e Malattie Tropicali dell’Istituto San Gallicano- IFO di Roma- che è una patologia più osservata nella popolazione maschile. L’età mediana è quella dell’età fertile e cioè intorno ai 30 anni. Tutte le infezioni sessualmente trasmissibili sono più frequenti nelle persone di età compresa tra 24 e 25 anni. Il 55% delle persone non riferisce di aver avuto rapporti a rischio nei sei mesi precedenti la diagnosi.
La condilomatosi si può osservare al di là della promiscuità sessuale. Infatti, all’interno della coppia, spesso un partner può manifestare clinicamente la malattia e l’altro no, ma questo non significa ‘apertura’ all’esterno della coppia. Ciò è spiegato dal fatto che l’infezione da HPV può manifestarsi anche dopo lungo tempo dall’acquisizione dell’infezione stessa, senza che questo implichi l’infedeltà da parte di uno dei due partner.
Contagio non solo attraverso la penetrazione
Esiste anche una possibilità di contagio al di là del rapporto sessuale completo cioè con penetrazione. Ecco perché l’utilizzo del condom, a volte, non è sufficiente per impedire la trasmissione del virus al partner. Nella trasmissione dell’HPV esistono inoltre tante variabili legate alla suscettibilità individuale all’infezione. Per esempio, è’ determinante lo stato di salute del sistema immunitario di quel determinato soggetto. Questa condizione predispone e rende più suscettibile il paziente a contrarre l’infezione. L’HPV insomma è principalmente ma non esclusivamente un virus a trasmissione sessuale’.
Terapie e cure
‘Siamo ancora lontani dall’eradicazione del virus. Esistono diversi trattamenti per ridurre, per trattare e curare la condilomatosi- sottolinea l’esperta alla Dire- che è una patologia invalidante per i paziente e che pesa moltissimo sulle tasche della sanità pubblica perché avendo una certa persistenza c’è bisogno di molto tempo per curare i soggetti affetti. In cosa consistono le terapie? Abbiamo diversi presidi: le terapie fisiche e quelle farmacologiche. Non c’è una superiorità dell’uno o dell’altro trattamento. Tutti possono essere efficaci se il paziente è ‘compliante’.
Per ‘terapie fisiche’ si intende la crioterapia indicata più comunemente come ‘bruciature’, che possono essere effettuate con l’azoto liquido o trattamenti laser che mirano a ridurre e a distruggere la massa infettiva dei condilomi. Esistono poi cure domiciliari, in questi casi si prescrivono soluzioni e creme che il paziente gestisce a casa sotto il controllo medico. Queste se fatte correttamente sono valide ed evitano ripetuti trattamenti in ospedale. Certo si tratta di automedicamenti per cui lo specialista deve essere sicuro che il paziente sia in grado di aderire correttamente al protocollo terapeutico prescritto’.
Vaccino prima arma di prevenzione
‘Le campagne vaccinali- prosegue la dottoressa Latini- vanno avanti ed è migliorata la copertura vaccinale a livello nazionale. Gli ultimi report sono incoraggianti sia come copertura del maschio che della femmina ma siamo ben lontani dall’obiettivo fissato dall’Oms che è raggiungere una copertura del 95% della popolazione sessualmente attiva. La vaccinazione è un presidio importante perché impedisce che un giovane, sessualmente attivo, possa infettarsi e produrre le manifestazioni cliniche tipiche dell’HPV. Dal 2020 è cresciuta l’adesione alla vaccinazione, infatti, nel nostro Paese si è registrato un più 2% nelle femmine e più 3% nei maschi. Significa che anche la comunità medica si sta sensibilizzando alla problematica.
I pediatri sanno benissimo che il vaccino nonavalente è raccomandato e gratuito per bambini e bambine tra gli 11 e i 12 anni, per cui deve essere raccomandato alle mamme prima del ‘debutto sessuale’. I medici di base possono invece informarsi se i bambini non sono stati vaccinati, perchè gli adolescenti e giovani possono comunque vaccinarsi fino a 26 anni di età (le donne anche oltre). C’è molta confusione anche tra la classe medica, questo accresce la frustrazione tra i giovani, in particolare asintomatici ma che avendo avuto un ‘rapporto a rischio’ vogliono sapere se hanno contratto l’infezione. Molto spesso arrivano in ospedale con la prescrizione ad effettuare un tampone per ricerca del virus. Dico anche agli Mmg che sarebbe invece più corretto prescrivere non il test HPV bensì una visita specialistica dermatologica’.
Più rischio per chi assume immunodepressori
‘Il mio messaggio è tenere in considerazione la vaccinazione, sia nel ragazzo che nella ragazza, a prescindere dall’età prevista all’interno del piano nazionale vaccinale. Ci sono popolazioni più a rischio: i ragazzi atopici, coloro che hanno patologie concomitanti, le persone che assumono i farmaci immunosopressori, chi si espone a rapporti più frequenti come la popolazione MSM cioè gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. La regione Lazio in questi casi offre gratuitamente il vaccino. E poi dico ancora loro di praticare il sesso sicuro ed effettuare spesso l’autoesame dei propri genitali e ricorrere subito ad una visita dermatologica se si riscontrano manifestazioni dermatologiche insolite e di recente origine.
Una tempestiva diagnosi favorisce una rapida cura dalla condilomatosi. Sempre ai ragazzi dico: controllatevi, non abbiate vergogna di accedere agli ambulatori e parlate con gli esperti di questa e altre malattie. Una visita specialistica consente, non solo una diagnosi tempestiva ma offre anche l’opportunità di fare ‘counseling’ su questa infezione e tutte le altre sempre a trasmissione sessuale di cui o non si parla per niente o troppo poco’, ha concluso l’esperta.