I carabinieri di Piacenza e il punto di non ritorno dell’Italia
L’arresto dei Carabinieri di Piacenza e il sequestro dell’intera Caserma, è un colpo pesantissimo per tutti coloro che credono nelle Istituzioni
L’arresto dei Carabinieri di Piacenza e il sequestro dell’intera Caserma, è un colpo pesantissimo per tutti coloro che credono nelle Istituzioni. La vicenda è quasi incredibile, sia per il numero di persone coinvolte che per le condizioni nelle quali si è sviluppata. Un evento senza precedenti nella storia d’Italia. I militari agivano non solo con disprezzo per la loro divisa, ma con la supponenza, che prima dell’arresto appariva loro come una certezza, di essere degli intoccabili. Si ritenevano al di sopra di tutto, nella convinzione di non poter essere scoperti, nonostante le foto nelle quali si esibivano con i soldi in mano e le conversazioni telefoniche, poi intercettate, nelle quali raccontavano tutto ciò che di indicibile facevano.
Reati gravissimi commessi da chi dovrebbe combatterli
L’inchiesta condotta dalla Procura di Piacenza è senza precedenti e svela reati gravissimi, che vanno dal traffico di droga all’estorsione e alla tortura, reati iniziati nel 2017 e proseguiti per anni. Tutto faceva capo a un graduato dei Carabinieri che, sfruttando la divisa, avrebbe gestito un’attività di spaccio attraverso pusher che venivano arrestati per poi essere ricattati, anche con violenze fisiche, per convincerli a mettersi al servizio del nuovo “capo”. I pusher venivano agevolati nella compravendita di grandi quantità di droga, in cambio di una cospicua percentuale che dovevano versare ai Carabinieri i quali assicuravano loro l’impunità e la totale protezione.
Oltre a gestire il “giro” di droga i Carabinieri volevano anche apparire più bravi degli altri colleghi, fingendo di compiere numerosi arresti. Il diavolo, si sa, fa le pentole ma non i coperchi e la Magistratura ha potuto smascherare, con la collaborazione dell’unico carabiniere onesto della Caserma, le malefatte dei furbacchioni in divisa.
Una brutta storia che fa riflettere
Una brutta storia, sulla quale farà definitivamente luce il futuro processo. Ma qui si impone una riflessione sui risvolti che la vicenda può avere nell’analisi dell’attuale società italiana. In molti si domandano e sempre con maggiore frequenza, non solo davanti a fatti di cronaca criminale come questo, che cosa sia mai successo al nostro Paese per ridursi così. Quando è iniziato il degrado e per quali cause? A questa domanda se ne aggiunge automaticamente un’altra: a chi o in cosa, possiamo ancora credere?
Siamo al punto di non ritorno?
Le risposte non sono facili da dare, ma dalla riflessione si può trarre qualche utile indicazione. Partendo dall’amara considerazione che quando il degrado investe le istituzioni più affidabili e credibili – l’Arma dei Carabinieri, “benemerita e nei secoli fedele” è indubbiamente tra queste – si è forse giunti al “punto di non ritorno” che è quel punto, ben noto ai piloti d’aereo, raggiunto il quale il carburante residuo non consente più di tornare indietro e si può solo andare avanti, cercando di raggiungere sani e salvi la destinazione prevista.
Istituzioni poco affidabili
Bisogna prendere atto che non ci sono più Istituzioni totalmente affidabili. Non la famiglia, sempre più frammentata e sempre meno di guida ed esempio per i figli. Nemmeno la religione, con le Chiese infestate da pedofili e furbacchioni di ogni tipo. Neppure la scuola, la cui dignità è minata dalla mancanza di rispetto per gli insegnanti e dall’assenza di investimenti che la rendano funzionale ed appetibile ai giovani in cerca di futura occupazione. Non i partiti e la politica, preda da decenni di arrivisti interessati più al loro tornaconto che al futuro dell’Italia e di leader, si fa per dire, improvvisati. Certo non la Magistratura, infangata anche di recente da personaggi interessati al potere più che alla Giustizia. E infine ecco cadere anche l’ultimo baluardo, l’Arma dei Carabinieri.
Resta forse, salvo smentite che nessuno auspica, il Presidente della Repubblica, istituzione cristallina sulla quale, tuttavia, alla fine degli anni ’90, si è insinuato, il dubbio sulla cosiddetta “trattativa Stato-Mafia”. Persino l’informazione, inclusa quella televisiva pubblica, non è più affidabile, ammesso che lo sia mai stata. Da quando i giornalisti d’inchiesta e di strada, sono stati sostituiti dai giornalisti di poltrona, che prendono le notizie dal web facendole rimbalzare spesso senza alcuna verifica preliminare, anche l’informazione appare inaffidabile. Commentatori ed opinionisti di valore ce ne sono ancora, ma sono pochi e la gran parte di essi è talmente schierata politicamente da far dubitare della loro obiettività.
Problemi di sempre, amplificati dai cambiamenti sociali
Di genitori distratti, preti discutibili, insegnanti scadenti, politicanti corrotti, giornalisti superficiali o di parte e giudici asserviti al potere ce ne sono sempre stati, ma in passato erano una parte marginale e secondaria della società. Invece oggi sembrano prevalere. Come mai? La società, non solo quella italiana, si è profondamente trasformata negli ultimi cinquant’anni. A causa delle lotte sociali e politiche della metà del secolo scorso, che hanno liberato le energie di coloro che erano esclusi dal lavoro e dall’università, contestando gli stereotipi obsoleti e ormai inaccettabili di “Dio, patria e famiglia”. Per via delle conseguenti trasformazioni economiche, che hanno coinvolto sempre di più le donne nel mondo del lavoro, riducendo a mosche bianche le casalinghe “madri di famiglia” e, infine, per l’irruzione pervasiva nelle nostre vite, prima della televisione e poi, molto più di recente, del web e dei social media.
La perdita dei riferimenti e i cattivi maestri
Ma queste novità con le loro profonde trasformazioni, avrebbero dovuto avere, se non altro per l’apertura sociale e mentale che implicavano, effetti e riflessi sociali positivi sulla popolazione. Cosa che in parte è avvenuta, ma che ha contemporaneamente aperto le porte a nuovi riferimenti e ad alcuni “cattivi maestri”. Gli educatori, in senso lato, sono tutti coloro che, per il ruolo che ricoprono, diventano il punto di riferimento e l’esempio da seguire innanzitutto per i giovani, ma anche per il resto della collettività. Se la scuola e la famiglia hanno perso il loro ruolo guida la colpa è principalmente di due categorie di genitori.
Quelli orientati al proprio piacere, quindi troppo egoisti per avere la voglia di assolvere al faticoso compito di educatori e quelli troppo deboli, che anziché educare i figli ad affrontare le difficoltà, li hanno assecondati nel contrastare, in modo sciocco e suicida, tutte le autorità, primi tra tutti gli insegnanti, delegittimandoli. Nel momento in cui la famiglia e la scuola, per le ragioni accennate, perdono o abdicano al loro ruolo, subentrano altri riferimenti, che sono oggettivamente più labili, quindi più pericolosi: sopra tutti la televisione e il web.
Il ruolo della Tv
La televisione propone molti programmi di straordinario interesse e di grande efficacia, con punte di eccellenza rinvenibili in alcune inchieste che, condotte con grande rischio personale dei reporter, hanno scoperchiato malaffare e traffici oscuri. La televisione generalista anche offre programmi di varietà e fiction di ottimo livello. Ma c’è un’altra televisione, quella dei dibattiti urlati, del gossip pruriginoso e pecoreccio e dei discutibili “reality show”, nei quali la scena è spesso occupata da chi sa gestire meglio l’esibizione di sé, più o meno volgare e la sopraffazione degli altri.
Che piaccia o meno, questi sono purtroppo i programmi più seguiti dal cosiddetto “ceto medio” che costituisce la struttura ossea della nostra società e determina le percentuali dello “share” televisivo. Questi programmi, permettetemi il termine “degenerativi”, non sono di recente acquisizione, perché quel “certo modo di fare” prende addirittura le mosse dal “Maurizio Costanzo Show”, ottimo programma che, tuttavia, tra i tanti personaggi di grande interesse, diede anche spazio, sdoganandole, alle parolacce in diretta di un allora quasi sconosciuto Vittorio Sgarbi, ed alle torte in faccia distribuite per ripicca da Marina Ripa di Meana.
Lo sdoganamento incontrollato
Eventi apparentemente innocui e fortuiti, ai quali si sono rapidamente aggiunti, in molte trasmissioni, altri “sdoganamenti” più o meno accettabili: di pornostar, arrivisti, esibizionisti e delinquenti di vario genere ai quali veniva consentito, senza alcun filtro critico, di proporsi quasi come esempi da imitare. Televisione spazzatura, appunto, ma una spazzatura nella quale tanti sorcetti, sprovveduti, hanno rovistano volentieri al punto da darle quasi la prevalenza nei palinsesti. Il garbo, l’educazione, il rispetto, l’equilibrio, le argomentazioni, l’approfondimento, la competenza, la serietà e la morale, improvvisamente sono diventati noiosi e fastidiosi, “non fanno audience”. E un’intera popolazione è così diventata felicemente preda e vittima dei cattivi maestri.
Tv e la società si specchiano l’una nell’altra
Dunque, è tutta colpa della televisione? Nient’affatto. La televisione, con quel tipo di programmi, non è stata altro che lo specchio del disfacimento in atto. Un po’ come il cerchio di Moebius, nel quale le due diverse e opposte superfici sviluppano, per assurdo geometrico, un unico percorso inscindibile. E altrettanto improvvisamente, è diventato più importante apparire, o possedere, che essere con trasmettendo l’impressione che il successo possa sorridere facilmente a chi riesce a vendersi meglio e a sopraffare gli altri, non per capacità, ma per esuberanza, spudoratezza o arroganza. Il successo produce notorietà, quindi soldi, quindi benessere, quindi condizione invidiabile.
Il passo da qui a dichiarare che nella vita basta saperci fare e avere un po’ di culo è stato breve. Perché studiare, sacrificarsi, impegnarsi, seguire una morale e avere un’etica quando vendendosi, esibendosi e provocando si può ottenere lo stesso successo? E perché seguire le regole che governano la società quando aggirandole o violandole non si corre nessun rischio concreto, perché nel frattempo le Istituzioni, indebolite o male rappresentate, non hanno avuto la forza e la capacità di correggere o bloccare la deviazione di rotta? Ricordate le affermazioni secondo cui “evadere il fisco è un dovere” patriottico?
Gli insegnanti aggrediti da genitori che non accettavano che si imponesse ai loro figli il rispetto degli altri? I racconti scabrosi di Rocco Siffredi in diretta, conditi dai balbettii, falsamente impacciati, della conduttrice? Tanto per fare alcuni esempi molto noti. E chi o quale istituzione è intervenuta per pretendere che si prendessero le distanze o che si presentassero le scuse? Ecco il prodotto dei maestri cattivi. Cattivi si, ma non così cattivi da essere esecrati, perché alcuni di loro, grazie proprio a quell’accettazione passiva dei fatti degenerativi, facevano persino simpatia.
La giustificazione del bisogno
Nel momento in cui avveniva questa trasformazione si è anche insinuata la convinzione, ormai diffusa e condivisa da molti, che il bisogno personale giustifichi qualunque scelta. Potremmo molto discutere se il bisogno sia reale o artefatto, come il bisogno delle ragazzine di discoteca che si prostituiscono nei bagni per farsi regalare la borsa firmata o il cellulare Swarowsky o il bisogno di qualche improbabile soubrette, pronta a vendersi al sottosegretario di turno per arrivare rapidamente alla ribalta. Se il successo o il danaro, tra loro spesso intimamente legati, sono l’unico riferimento, tutto il resto passa in secondo piano.
Ma anche il bisogno minuto, come quello di possedere qualcosa in più, di divertirsi, di farsi ammirare, trova le sue giustificazioni. “Che altro avrei potuto fare?”. Molte cose, ovviamente, ma tutte cose che richiedono sacrificio, tempo e impegno. Alla fine, la giustificazione dei “non bisogni” secondari ha fatto apparire i bisogni reali, come mangiare, vestirsi, curarsi o avere un posto dove dormire, come bisogni da sfigati, che devono quasi vergognarsi di soddisfarli con un lavoro onesto, faticoso, precario e umile.
Un problema globale amplificato in Italia
Questa degenerazione della società non è un fatto italiano, non siamo i soli ad avere la televisione spazzatura, che anzi abbiamo importato, o il web fuori controllo. Ma da noi si è inserito un ulteriore elemento di debolezza: la convinzione, in parte legittimata da fatti scandalosi e da gestioni opache della cosa pubblica, che lo Stato fosse qualcosa di diverso e distante dai cittadini, anzi un nemico. E dunque ribellarsi e ostacolare tutto ciò che lo Stato rappresenta può diventare plausibile, anzi, auspicabile. Una convinzione che ha indotto molti a rinunciare ad essere cittadini leali e a pensare solo a sé stessi ed al proprio tornaconto.
E “a culo tutto il resto” come conclude Guccini nella sua famosa “L’avvelenata”. Uno Stato indebolito agli occhi dei cittadini e incapace di una reazione concreta in termini di contrasto degli illeciti, finisce inesorabilmente per abdicare al suo ruolo di garante di giustizia ed equità, quindi alla sua stessa credibilità.
Da “Aurea mediocritas” a mediocrità totale
Qui sta, in parte, la spiegazione della degenerazione dei – per fortuna pochi – Carabinieri di Piacenza. L’altra parte di spiegazione è nell’abbassamento dei livelli per la selezione della classe dirigente pubblica e privata, cioè per l’accesso ai ruoli istituzionali, professionali e sociali. Per prendere un diploma basta andare a scuola e studiacchiare un po’, mantenendo, nel migliore dei casi, quella che una volta si chiamava “aurea mediocritas” e che ora è solo mediocrità. Raggiungere la laurea e per svolgere una professione non serve più essere eccellenti, basta cavarsela discretamente con le materie oggetto di studio.
Diventare parlamentare, consigliere regionale o addirittura leader politico, non serve fare la gavetta, avere esperienza e qualche merito sociale, basta avere una buona squadra, che organizzi la visibilità sui Social e la propensione alla battuta, più o meno pronta, il resto viene da sé.
L’asticella bassa della selezione
Siamo legittimati a pensare che anche la selezione per entrare nella “Benemerita” deve essersi allentata. Una volta bisognava avere una sorta di “pedigree”, una storia famigliare cristallina e di specchiata onestà, purtroppo spesso associata alla indifferenza verso l’impegno politico. In ogni caso si pretendeva dal Carabiniere, per quanto semplice o sprovveduto, una solida morale ed una visione etica del ruolo da svolgere al servizio dello Stato. E di Carabinieri pronti al sacrificio e all’abnegazione è piena la storia italiana, ma anche la cronaca quotidiana. I vertici dell’Arma si stanno certamente interrogando e probabilmente adotteranno misure nuove per garantire che l’immagine del Corpo più amato dagli italiani non venga più infangata.
Oltre il punto di non ritorno può esserci un futuro migliore
Ma anche noi abbiamo l’obbligo di interrogarci su dove stiamo portando questo Paese e dobbiamo farlo con coraggio, prima che sia davvero troppo tardi. Se siamo al “punto di non ritorno” non abbiamo scelta, dobbiamo per forza guardare avanti. Capendo dove abbiamo sbagliato e correggendo, per quanto possibile nelle condizioni attuali, gli errori. Quindi bene la TV, bene il Web e i Social Media, ma bisogna pretendere che venga innalzata, e non di poco, l’asticella con la quale si selezionano i nostri rappresentanti ai vari livelli, rispolverando senza timore le parole che oggi appaiono desuete, come etica e morale, che possono garantire la rinascita italiana, sia individuale che collettiva.
E dobbiamo pretenderlo per tutti, dal “bidello” di scuola al Capo del Governo. Ed ogni riferimento a Conte, che in questi giorni ci ha rappresentati degnamente, anche in Europa, non è affatto casuale.
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