I dati Covid-19 sono basati su presupposti oggettivi di rilevazione e trasmissione?
La mancanza di procedure omogenee tra le Regioni, i dubbi sull’interpretazione dei dati forniti giornalmente dall’ISS e soprattutto la mancanza di responsabilità. Cosa non torna
La politica e le scelte governative italiane da due anni a questa parte sono state basate esclusivamente su input di dati sanitari di malattia e contagio che pervenivano quotidianamente al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nella figura del Comitato Tecnico-Scientifico, i cui membri di nomina del Ministro sono periodicamente cambiati nel tempo.
Dati che arrivano dai centri di ricovero e cura
Questi dati di malattia venivano e vengono trasmessi da tutti i centri di ricovero e cura italiani dei pazienti affetti in qualche misura direttamente o indirettamente da Covid-19 e dai Dipartimenti di Prevenzione delle Asl deputati a registrare e a trattare i dati di contagio della malattia, rilevati all’esecuzione di tamponi orofaringei sia rapidi che molecolari.
In quanto medici, in parecchi di noi abbiamo avuto sin da subito dubbi e perplessità (generate dal lavoro sul campo) circa la effettiva validazione e certificazione dei dati clinici di malattia Covid-19 che giornalmente vengono trasmessi al Ministero ed alle Regioni dalle Asl e dagli ospedali. Infatti, esistevano ed esistono a volte discrasie e incongruenze tra le notizie che si ottengono nel lavoro “sul campo” e quelle che invece si desumono dai dati clinici ufficiali e che poi pervengono al Ministero ed al CTS. Però magari era ed è solo una impressione e non un dato oggettivo.
Procedure disomogenee tra le Regioni
Il dato è sicuramente importante e rilevante anche dal punto di vista politico e sociale: ci chiediamo sin da subito se a tal proposito esista a cura del Ministero, decretata da un Decreto Ministeriale, una procedura informatizzata standard, omogenea tra le 21 Regioni, tracciata e soprattutto certificata di parte terza con annessa digitalizzazione e sicurezza della identità di chi trasmette i dati stessi giornalmente. A noi non risulta che esista tuttavia, ma ci possiamo sbagliare.
Ci chiediamo quindi se possano esserci degli errori, magari in buona fede, nella trasmissione dei dati oppure se ci possano essere stati – magari su scala più ampia come nelle Regioni popolose – dei comportamenti analoghi a quelli osservati in Sicilia ad esempio mesi fa e che portarono alle dimissioni dell’Assessore alla Sanità, in quanto dolosamente sarebbe stato coinvolto in artifici numerici: in fondo per cambiare la Storia del Covid in Italia basta che siano interessate da questo fenomeno 5-6 delle Regioni più popolose almeno in via ipotetica.
Sapere quanti malati reali (e non semplici influenze o poco di più) siano stati ricoverati nei reparti Covid o non Covid per polmoniti è assolutamente decisivo, così come lo è sapere quanti di essi sono stati già vaccinati due volte, oppure in ventilazione assistita con tubo endotracheale oppure con casco C-Pap. Per non parlare della conta dei decessi Covid-19, della eventuale presenza di cause di morte che non siano Covid nel Certificato di Morte del paziente.
Di chi è la responsabilità?
E’ evidente che in assenza di una procedura omogenea, tracciata e certificata non esisterebbe neanche la responsabilità (penale, civile ed erariale) del funzionario pubblico che raccoglie quotidianamente dati di malattia, riempie caselle cliniche e li ritrasmette all’organo gerarchicamente superiore, al decisore politico, al CTS, all’ISS: ciò è soprattutto vero se questo venisse fatto per esempio in totale anonimato o quasi e quindi senza poter identificare chi fa cosa per ascrivergli eventuali responsabilità.
A mio giudizio per colmare questa lacuna, si dovrebbe fare una massiccia operazione verità e trasparenza a cura del Ministero della Salute per permettere questo tipo di chiarezza. In sua mancanza (cosa molto probabile) come sempre non può che esserci il ruolo vicariante della Magistratura penale e del suo braccio operativo di Polizia Giudiziaria (Carabinieri Nas), opportunamente attivata da esposti di singoli Cittadini o associazioni di Cittadini. Direi che è diventata una materia urgente data la velocità con cui queste notizie cliniche si trasformano poi legislativamente in atti legislativi autoritari e liberticidi di dubbia utilità clinica.
Vediamo come andrà a finire. I miei dubbi in materia di medico con quasi 40 anni di ospedale sono amplissimi cosi come le mie perplessità. Chi vivrà vedrà.
Dott. Francesco Russo, Medico Chirurgo, Ricercatore Confermato
Dipartimento di Scienze Chirurgiche Università di Roma Tor Vergata