I dischi della quarantena: Rolling Stones, Sticky Fingers – 1971
Nei millemila dischi degli Stones, Sticky Fingers è un ottimo lavoro e lo inseriamo di diritto nei “Dischi della Quarantena”
Nei millemila dischi degli Stones, Sticky Fingers è quello che conclude la tetralogia da isola deserta, insieme a Beggars Banquet, Let it Bleed ed Exile on Main Street. Noi lo inseriamo di diritto ne “I dischi della Quarantena”.
Lavoro che chiude la fase d’oro della band, Sticky Fingers è il disco che inaugura la Rolling Stones Records ed è quello dove appare per la prima volta la famosa linguaccia. Un simbolo quello diventato immagine del gruppo. E che probabilmente scolpiranno nelle loro lapidi al posto della croce, se e quando abbandoneranno questa valle di lacrime.
Andy Warhol e i Rolling Stones
Andy Warhol, dopo la famigerata banana sul disco d’esordio dei Velvet Underground, mette il suo zampino nella copertina del disco. E lo fa immortalando un paio di jeans con un rigonfiamento “sospetto” ad altezza genitali. Il modello è Joe Dallessandro, già punta di diamante della Factory di Warhol e poi immortalato dieci anni dopo nella copertina del disco d’esordio degli Smiths. Ed ecco la famosa zip apribile nella versione su LP, diventata poi croce e delizia dei collezionisti di tutto il mondo.
L’iniziale Brown sugar e il riferimento è a una particolare qualità di eroina o semplicemente allo zucchero di canna? E’ la canzone di maggior successo del disco e viene scritta da Jagger. Forse non a caso, nel momento in cui si aggravano i problemi di tossicodipendenza di Keith Richards. Sempre a tema dipendenza, altro zenit del disco è una Sister Morphine scritta da Marianne Faithfull già fidanzata di Jagger. La fine della loro relazione spinse la Faithfull stessa ad abusare pericolosamente di tutto l’abusabile portandola più volte sul ciglio della morte.
Nei dischi della quarantena, Sticky Fingers
Sticky Fingers segna anche l’esordio ufficiale in formazione di Mick Taylor (già comunque apparso nei lavori precedenti) che prende il posto del defunto Brian Jones, scomparso per motivi mai chiariti. Taylor graffia con il suo stile. Tra le altre, la ballatona Wild Horses, l’immancabile cover blues You Gotta Move. E soprattutto la cavalcata ai sapori di Santana, Can’t You Hear Me Knocking. Con la quale concludiamo la nostra puntata di “Dischi in Quarantena”.