I nessi imbarazzanti tra epidemie, economia e bisogni della collettività
Esistono due specie di virus: i microorganismi invasivi e le posizioni ideologiche preconcette
L’attuale epidemia da Covid-19 ha svelato e mostrato con palmare evidenza le ambiguità e le tensioni nascoste dietro l’ufficialità apparentemente solidaristica dell’Unione Europea. E’ ben nota la riluttanza dei Paesi dell’UE a farsi carico anche in termini minimi (con un’isolata ma significativa eccezione per quanto riguarda la Germania) della logica, doverosa e veramente solidaristica redistribuzione degli immigrati in Paesi diversi dall’Italia. Il contagio da corona-virus, oramai formalmente dichiarato “pandemia” dall’OMS, ha ulteriormente confermato gli atteggiamenti strumentali ed egoistici ravvisabili nei governi dei Paesi comunitari.
Gli inevitabili difetti di fronteggiamento del contagio che hanno contraddistinto le misure inizialmente adottate dal governo italiano (si pensi all’inutile blocco dei voli tra Italia e Cina, non affiancato da analoghi blocchi applicati ai voli provenienti dalla Cina ma articolati in più tratte con scali intermedi) hanno dato spazio ad una deprecabile e squallidamente facile campagna di denigrazione del presunto (sebbene talora vero) pressappochismo degli Italiani; denigrazione che ha accentuato il già presente clima di paura del contagio e di scarsa fiducia nella capacità operativa del nostro governo, contribuendo così in maniera determinante al crollo traumatico della Borsa di Milano, alla rovinosa disdetta delle prenotazioni turistiche, al diffuso rifiuto da parte di molti Paesi -europei e non- di accogliere viaggiatori italiani, e alla crisi produttiva e commerciale delle nostre piccole e medie imprese.
E’ scontato, purtroppo, che le difficoltà finanziarie ed operative delle nostre aziende finiscano col dirottare i loro committenti verso aziende di altri Paesi europei nostri concorrenti, contribuendo in tal modo ad un crollo irreversibile dell’intera struttura produttiva del nostro Paese.
Mors tua vita mea. Un fulgido esempio di collaborazione pre-federale tra alleati, non c’è che dire.
Amara ironia. Ma è vero che le misure adottate dal governo italiano sono state inefficaci? E poi, da quali pulpiti proviene la predica?
Per quanto riguarda il primo interrogativo, sfiderei chiunque a non compiere il più piccolo errore trovandosi improvvisamente di fronte ad un fenomeno del tutto insolito e imprevisto come quello che oggi ci impegna drammaticamente. E comunque, gli errori iniziali sono stati più che compensati dalle rigorose misure prese in seguito, un po’ tardivamente ma con seria determinazione, tanto da essere oggi imitativamente adottate anche dai Paesi che osservavano con pregiudiziale diffidenza le sofferte, indecise e contestate prime opzioni di intervento da parte del nostro governo. Sussiste tuttavia -e qui passiamo al secondo interrogativo- qualche criticabile differenza di approccio al flagello epidemico tra l’Italia ed altri Paesi UE, i quali hanno indubbiamente e intenzionalmente voluto apparire meno allarmisti e più immuni dal contagio, un po’ per spocchia di superiorità e di autocontrollo rispetto alla presunta ipersensibilità melodrammatica attribuita da secoli al nostro popolo, un po’ compiacendosi con sadica e venale malignità del volgersi a loro favore delle committenze industriali e commerciali.
E’ proprio il caso di ribadire che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, perché gli eventi hanno invece dimostrato inequivocabilmente che le difficoltà dell’Italia sono dipese essenzialmente dall’essere stata casualmente investita di più e per prima da un rapido dilagare del contagio; tanto è vero che adesso Francia, Spagna e Germania stanno gradualmente e inesorabilmente accostandosi alla tragica condizione di morbilità e mortalità dolorosamente registrata dall’Italia e -come già accennato- ne stanno replicando buona parte delle misure di intervento.
L’incompetenza e lo squilibrio caratteriale di Boris Johnson (basta guardarlo: come diavolo si fa a votarlo?) lo hanno portato alla folle teorizzazione di una futura “immunità di gregge” raggiungibile lasciando al caso la selezione darwiniana degli individui più resistenti, senza sconvolgere la vita del Paese con devastanti quarantene, blocchi delle attività e onerosissime spese socio-sanitarie. Il vero tallone d’Achille delle democrazie è costituito dagli elettorati incolti e isterici, pronti a credere ai patologici e rabbiosi “semplificatori” di slogan e prospettive. Si salvi chi può.
Ma ad ennesima dimostrazione che non tutti i mali vengono per nuocere, quanto sta accadendo in Italia e altrove finalmente rimette in discussione la brutale logica antisolidaristica, paradossalmente fino ad oggi seguita in ambito UE, di quel virus definito “patto di stabilità”, derivante da sacri dogmi ideologici tardo-liberisti, tendente a paralizzare, a strangolare qualsiasi efficace nesso organico tra bilancio statale, trends dell’economia globalizzata e reali bisogni della collettività. Il governo, stavolta in parziale accordo con le opposizioni, provvede ad un congruo, onerosissimo finanziamento in deficit dei danni sofferti dall’economia del Paese e dai cittadini.
L’indebitamento assunto per sopperire a indifferibili e civili esigenze della popolazione da un lato -è vero- ricadrà pesantemente sulle attuali e più ancora sulle future generazioni: ma dall’altro, il rovinoso e vergognoso degrado delle strutture e delle funzioni di pubblica utilità (trasporti, infrastrutture, edilizia pubblica e popolare, ospedali e sanità, istruzione, ricerca, ambiente, rifiuti, assistenza, etc. etc. etc.), che per non indebitarsi vengono di fatto abbandonate alla malora quando non crollano mietendo vittime, è incontrovertibilmente più dannoso e indegno, fin da ora e ancora di più in futuro, per le attuali ma soprattutto per le prossime generazioni; infinitamente di più di qualsiasi gravoso debito finanziario.
La draconiana incredibile dichiarazione, poi maldestramente e ridicolmente ritrattata, di Christine Lagarde contro gli interventi correttivi della BCE nei confronti delle impennate dello spread si commenta da sola: è la negazione radicale di ogni aggiornata posizione solidaristica, tale da indurre a chiedersi: ma allora a che cosa serve l’Unione Europea?
E in termini più immediati e pressanti: che diavolo ce ne facciamo di Christine Lagarde?
*Articolo curato da Gaetano Arezzo.