I social network come la Cina: censurati Gesù e la libertà religiosa
Per Pechino la parola “Cristo” viola le regole del regime: stesso pretesto con cui la piattaforma californiana ha imbavagliato un deputato spagnolo per aver scritto “Amen”…
I social network stanno diventando sempre più un problema per la democrazia e i diritti fondamentali dei cittadini. Non è certo una novità, considerata l’ancestrale libido per il bavaglio, ma sembra che ora gli assalti in stile pensiero unico si stiano intensificando. Come dimostra il fatto che, in materia di libertà religiosa, l’Occidente civilizzato si sta comportando in modo inquietantemente simile alla Cina.
I bavagli precedenti
Twitter, abbiamo (di nuovo) un problema di libertà. Battuta che in effetti potrebbe adattarsi un po’ a tutti i social network – e non solo, visto il recente caso di Alessandro Orsini. Però è la Big Tech californiana a fare (e da parecchio) la parte del leone – da tastiera, ça va sans dire.
Basterebbe ricordare la vicenda più eclatante, la serie di bollinature seguite dal ban del Presidente in carica degli Stati Uniti Donald Trump. Di cui, per dire, vennero cancellati come fake news i cinguettii sull’ottenimento del vaccino anti-Covid entro la fine del 2020, come invece si sarebbe puntualmente verificato. E non è neppure un episodio isolato.
Si pensi allo scoop del New York Post sui traffici “opachi” di Hunter Biden, figlio di Sleepy Joe, di cui noi stessi abbiamo recentemente parlato. L’inchiesta era costata al quotidiano della Grande Mela il blocco dell’account sulla piattaforma dei 280 caratteri. Peccato che ora, dopo un anno e mezzo di dileggio, anche la stampa liberal d’Oltreoceano abbia dovuto ammettere che era tutto vero.
Hunter Biden’s infamous laptop confirmed in New York Times report https://t.co/R7095FaRtX pic.twitter.com/EG1d8xS7WV
— New York Post (@nypost) March 17, 2022
La censura dei social network
Evidentemente però le vecchie abitudini sono dure a morire, e così il servizio di microblogging ci è ricascato – anzi, ha alzato decisamente il tiro. Non tanto perché stavolta, come riporta Il Timone, ha censurato Víctor Manuel Sánchez del Real, deputato spagnolo del partito Vox. Quanto perché i tweet incriminati contenevano la parola “Amen” e l’espressione “Viva Cristo Re” che, a quanto pare, violerebbero le regole sulla pubblicazione di «informazioni private».
Por cierto, una vez “resucitado”, quiero desearle un feliz Domingo de Ramos, una buena Semana Santa, a los comunistas perseguidores de cuentas y @TwitterEspana
— VíctorSánchezdelReal (@sanchezdelreal) April 10, 2022
Tanto los que eran, o son, del equipo de redes de Podemos. Como he dicho, nos vamos a ver, #Lojuro.
Viva Cristo Rey. https://t.co/4ef3OunNxI pic.twitter.com/JJ7WnKdP0n
Tempismo perfetto, vista la coincidenza con l’inizio della Settimana Santa. Ma anche perché, quasi contemporaneamente, si registrava un’insolita quanto allarmante concordia rerum con Pechino. Dove, come racconta ChinaAid, sotto la tagliola delle “Misure per la Gestione dei Servizi di Informazione Religiosa su Internet” è finito addirittura Nostro Signore Gesù.
Se n’è accorto un gruppo cristiano che, sull’app locale WeChat, voleva consigliare delle letture, tra cui la celeberrima “Imitazione di Cristo”. Tuttavia, al tentativo d’invio della comunicazione è apparso un messaggio che avvisava come la parola “Cristo” infrangesse le normative del regime.
Insomma, l’azienda fondata da Jack Dorsey se la sta battendo con il Paese del Dragone. Chissà come saranno orgogliosi dalle parti di San Francisco.