Ignazio Marino racconta: Il Pd mi chiese di sparire a Filadelfia
Bersaglio principale dell’ex sindaco è Matteo Renzi, seguito da Orfini, scrive la Repubblica, nell’anticipazione del libro di Marino
Si apre con la ricostruzione dei giorni della cacciata il libro-verità di Ignazio Marino, dal titolo ''Un marziano a Roma'', che verrà presentato questa mattina nella sede della Stampa estera e domani al pubblico in una libreria. Bersaglio principale dell'ex sindaco, dalla prima all'ultima pagina, racconta La Repubblica in alcune anticipazioni, è Matteo Renzi, accusato di essere il mandante di una caduta orchestrata come un golpe, seguito da Matteo Orfini, commissario del Pd romano ("A Roma lo chiamano il traditore, per aver tradito Massimo D' Alema") e infine dall'ex vicesindaco Massimo Causi che, per sbrogliare la matassa delle dimissioni prima annunciate e poi ritirate da Marino, offre all'allora primo cittadino questa via d'uscita: "Tu lasci Roma, vai a Filadelfia e spegni il cellulare. Così per irreperibilità del sindaco il governo dovrà nominare un commissario e sciogliere consiglio e giunta".
Marino ne ha per tutti. Al vicesegretario dem Lorenzo Guerini rimprovera di avergli proposto la nomina a vicesindaco dell''ex presidente del Consiglio comunale Mirko Coratti. Marino rifiuta e pochi giorni dopo Coratti viene travolto dall''inchiesta di Mafia Capitale e arrestato. Non sarà l'unico esponente del Pd a subire questa sorte. Gli arresti sono la prova, secondo l'autore, del boicottaggio che un pezzo del partito romano gli ha riservato fin dalle primarie vinte contro David Sassoli e Paolo Gentiloni. Intrighi come quelli che Marino vede nella candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024.
"Una fuga solitaria", definisce l'annuncio di Renzi senza coinvolgere il Comune (del resto, anche del Giubileo della misericordia spiega di averlo appreso da internet). A Giovanni Malagò e Luca Cordero di Montezemolo imputa di aver incentrato il dossier olimpico sulla costruzione del Villaggio olimpico a Tor Vergata per soddisfare il consorzio di imprese che su quell'area vanta diritti di costruzione. E al principale azionista del consorzio, Francesco Gaetano Caltagirone, riserva accuse dirette: "Ha quasi sempre utilizzato i media che possiede per infangarmi". Dei costruttori romani dice: "Dai fratelli Toti a Sergio Scarpellini, ho sempre avuto l'impressione che detestassero il rischio d'impresa".