Il 25 lo sciopero generale: che si dichiara “politico”, invece è solo anti Raggi
Le carenze dell’amministrazione M5S sono tante ed evidenti. Ma nel degrado generale anche i sindacati hanno la loro parte di responsabilità, a cominciare da Cgil, Cisl e Uil
Trangugeremo anche questo. Ci darà fastidio, ci provocherà dei problemi, a qualcuno più di altri, tireremo qualche moccolo (a voce alta o nel chiuso della nostra testa), e un po’ per volta – minuto dopo minuto, ora dopo ora – alla fine ce lo saremo lasciati alle spalle. L’ennesimo venerdì di caos cittadino. Causa sciopero.
Delle motivazioni parleremo tra poco. Sono tante e almeno in parte sono condivisibili. Condivisibili come motivi per protestare.
Ma è proprio qui che il discorso si complica.
Protestare contro chi? A quale scopo? In vista di quali risultati, di quali reazioni, di quali cambiamenti?
È l’enorme problema degli scioperi “politici”. Quelli prettamente economici hanno una logica chiarissima, soprattutto quando riguardano delle imprese private. C’è una controversia tra i dipendenti e i proprietari, e ognuno cerca di far prevalere le sue istanze. L’astensione dal lavoro serve a ricordare che entrambi i contendenti sono “armati”. La guerra a oltranza finirebbe con il danneggiare sia gli uni che gli altri e perciò è consigliabile un negoziato.
Qui arretro io e lì arretri tu. Qui guadagno io e lì guadagni tu. Sempre meglio, comunque, che restare bloccati per chissà quanto, o magari per sempre, e rimetterci tutti.
Il cosiddetto “sciopero politico”
E poi ci sono questi altri. Gli scioperi che per un verso sono contro i governi in carica, nazionali o locali, e per l’altro non hanno un avversario preciso. Con nome e cognome. Con una specifica identità personale o istituzionale.
Sul primo versante si esprime Gianpaolo Pavon, della Cisl: «Ce l’abbiamo messa tutta a trovare gli accordi con questa amministrazione, ma poi gli accordi sono diventati carta straccia. Noi vogliamo difendere le partecipate e il loro carattere pubblico».
Sul secondo si cimenta Natale Di Cola, della Cgil: «Siamo stufi di vivere nel degrado con servizi scadenti e dipendenti che lavorano in condizioni umilianti, con violenze su operatori Atac e Ama. Un clima così ostile nei confronti dei lavoratori non c’era mai stato».
Che le violenze “su operatori Atac e Ama” ci siano, e siano da reprimere con il massimo rigore, siamo del tutto d’accordo. Ma quantomeno per gli autisti dei mezzi pubblici non è che siano dovute solo, o principalmente, al cattivo funzionamento del servizio. Il degrado è di portata molto più ampia. Fino a coincidere con il degrado complessivo della società.
Un degrado che non può certo essere imputato soltanto, nel caso di Roma, all’ultima amministrazione capitolina. Ma che all’opposto ha cause antiche. E si è radicato, aggravato, cronicizzato, nei decenni e decenni in cui alla guida della città c’erano forze politiche vicine ai sindacati della cosiddetta Triplice.
Già: Cgil-Cisl-e-Uil. Le stesse sigle che oggi proclamano lo sciopero generale. E che ovviamente si scusano “per i disagi”. Ma che non si scusano affatto per ciò che hanno fatto o non fatto in precedenza. Ciò che hanno fatto di negativo, come le difese unilaterali e assurde di lavoratori che avevano torto marcio. Ciò che non hanno fatto di positivo, omettendo di schierarsi assiduamente contro i politici “fratelli”, o “cugini”, del centrosinistra.
Se uno sciopero è davvero politico, deve innestarsi su una visione altrettanto politica. Ovverosia non legata alla singola diatriba contrattuale ma inscritta in una concezione complessiva dei rapporti economici e sociali.
Altrimenti, non è affatto “politico”. È solo politicizzato.