Il carcinoma della mammella. Epidemiologia, diagnosi e prognosi
Una malattia a forte impatto collettivo, che incide sulla società e sull’economia
Il carcinoma della mammella – molto raro nel maschio – nella donna è il primo tumore per incidenza (insidiato dal carcinoma del polmone) ed è saldamente in testa come causa di morte femminile.
Ogni anno in Italia si contano circa 50.000 nuovi casi di carcinoma della mammella e questo lo pone in cima alle problematiche sanitarie di tipo sociale, anche perché ha due picchi di incidenza di cui uno verso i 45 anni e l’ altro nella età più avanzata, intorno ai 70 anni.
La ghiandola mammaria
Come è noto la ghiandola mammaria è una ghiandola del tipo delle sudoripare modificate apocrine fatta da una decina di comparti ghiandolari differenti ognuno dei quali drenante in un dotto galattoforo che sbuca a livello del capezzolo. La ghiandola è strettamente connessa alla fascia muscolare toracica e sostenuta da tralci e legamenti di tipo connettivale molto robusti.
Il comparto ghiandolare della mammella è circondato da numerosi lobuli di tessuto adiposo (il cui significato fisiologico e patologico non è ancora del tutto noto) che aumentano notevolmente con l’ avanzare della età e parallelamente alla fisiologica atrofia della componente ghiandolare mammaria che si ha normalmente al crescere della età della donna.
Il carcinoma della mammella
Il carcinoma della mammella appartiene alla categoria dei “tumori solidi” cioè quelle neoplasie che colpiscono organi parenchimali, ghiandolari o visceri e che si beneficiano principalmente del trattamento di exeresi chirurgica, a differenza delle malattie neoplastiche ematologiche che nascono nel midollo osseo e e si beneficiano esclusivamente di terapie farmacologiche e radioterapiche mirate.
Tuttavia, questa malattia, ha spesso un comportamento clinico intermedio tra i due gruppi ed è infatti fortemente sensibile ai trattamenti neoadiuvanti o adiuvanti di tipo chemioterapica e radioterapica, unitamente alla terapia chirurgica che ha il significato di tipizzazione cellulare ed istologica del tumore (il cosiddetto “nome e cognome” della malattia) e di citoriduzione della massa tumorale.
Il carcinoma della mammella a volte, soprattutto nelle donne più giovani, ha una inusitata aggressività biologica con rapidità di crescita e velocità di diffusione metastatica su base linfatica ed ematogena (ossa, fegato, cervello, polmoni, cute, ecc) tale che in questi casi tende più ad assumere comportamenti più simili a quelli dei “tumori liquidi ematologici”.
I fattori che ne influenzano incidenza e prognosi
Noi sappiamo che molti fattori ne influenzano incidenza e prognosi, ma di essi i più importanti e frequenti sono sicuramente l’ età alla diagnosi, le dimensioni del tumore, la presenza o meno di linfonodi regionali metastatici, il numero di gravidanze, la familiarità o eredofamiliarità.
Quanto al primo fattore, ormai è noto che il tumore della mammella incide in maniera crescente al crescere della età della donna.
L’incidenza nelle ultra 80enni è elevata, ma caratteristicamente non lo è la gravità della malattia che in queste fasce di età è spesso lentamente progressiva e indolente. La dimensione del tumore, cioè il cd T della classificazione TNM, è assolutamente basilare per la prognosi così come nella maggior parte dei tumori solidi (polmone, cute, prostata). Più è grande la dimensione tumorale alla diagnosi, maggiore il rischio di rapida progressione di malattia verso le metastasi a a distanza e di morte.
Anche la presenza o meno (e direi anche il numero e la loro quantità di infiltrazione neoplastica) di linfonodi regionali drenanti il tumore colpiti dal tumore (ascellari soprattutto, ma anche mammari interni e sopraclaveari) condiziona la prognosi cioè la sopravvivenza a distanza così come il T.
Per avere informazioni sui linfonodi regionali (il cosiddetto N della classificazione TNM) dobbiamo necessariamente procedere ad una loro asportazione chirurgica (biopsia o linfadenectomia radicale) che generalmente è eseguita in anestesia generale durante e contestualmente all’ intervento chirurgico sulla mammella.
Più figli, meno rischi
Il numero di gravidanze è decisamente protettivo nei confronti dello sviluppo del carcinoma mammario. Questo ormai è ampiamente noto, ma il meccanismo della protezione lo è ancora poco. Come è noto, nel secolo XIX° il cancro della mammella era molto raro nelle donne. Si facevano medie elevate di figli durante l’ età fertile e quindi moltissime gravidanze anche non a buon fine e inoltre parallelamente la vita media delle donne era molto inferiore ad oggi, anche forse a causa delle numerosissime gravidanze credo.
Quindi, diciamo che l’ ambiente ormonale della donna era assai differente nei secoli scorsi a quello dei giorni odierni (possiamo dire che siamo in presenza di donne molto differenti tra di loro), caratterizzati da un importante sviluppo dei mezzi di contraccezione ormonale e quindi dal ridotto numero di gravidanze per il tipo di società molto ma molto differente.
Infatti, la maggior parte delle donne avevano nei secoli scorsi ambienti ormonali di tipo prevalentemente progestinico a differenza di quelli attuali dove prevalgono gli ormoni estrogenici che come è noto sono stimolanti ed iperplasizzanti le cellule ghiandolari della mammella.
Tuttavia, ancora non è noto se la attività protettiva della parità sia dovuta esclusivamente e direttamente alla presenza di ormoni sessuali “buoni” come il progesterone (che mettono in sonno la mammella) oppure per esempio alla mancanza relativa degli ormoni sessuali “cattivi” come l’ estradiolo. Oppure addirittura alla presenza o meno alla quantità e tipologia della lattazione che invariabilmente accompagna per periodi più o meno prolungati ogni gravidanza.
Influenzare l’epigenetica, ambiente esterno sul nostro genoma
Come è noto, ormai possiamo influenzare la epigenetica del tumore della mammella con i nostri comportamenti (età alla riproduzione, numero di gravidanze, metodi anticoncezionali, ecc). Per epigenetica intendiamo l’influenza dell’ ambiente esterno sul nostro genoma e quindi sulla capacità che noi abbiamo di esprimere e produrre le proteine della infiammazione e della relativa sua modulazione (citochine, chemiochine, interleuchine, interferoni, ecc).
L’infiammazione, cioè la risposta dell’ individuo agli stimoli dannosi esterni (fisici, chimici, termici, batterici, virali, ecc) come causa scatenante o promuovente la genesi del tumore: ipotesi affascinante su cui si scatenerà lo sforzo umano della scienza dei prossimi decenni verso la cd “medicina personalizzata”.
L’ ultimo aspetto che voglio trattare e che potenzialmente influenza lo sviluppo e la prognosi del carcinoma della mammella nella donna è quello genetico o familiare o meglio eredofamiliare.
Il fattore ereditario
Infatti, noi sappiamo esistere dei cancri della mammella (in una percentuale sul totale di circa il 15 % circa) dove nelle loro famiglie più o meno allargate di 1° e 2° grado sono presenti numerosi casi di tumori solidi come quello della mammella, del colonretto, del pancreas, della tiroide, ecc.
Questo aspetto importantissimo, ci dice che il genoma influenza sicuramente (ma non in tutti) anche la possibilità di sviluppare un cancro della mammella. Ma soprattutto ci pone dei problemi su quale sia il ruolo delle popolazioni geniche coinvolte in questo processo ed in quanto esse decidano poi la prognosi della paziente e la sua sopravvivenza a distanza.
Oggi noi siamo in grado di conoscere tutto il sequenziamento del genoma umano, ma ancora poco sappiamo del ruolo delle sue componenti e soprattutto delle sue interrelazioni con l’ ambiente esterno (radiazioni UVA, inquinamento ambientale, infezioni microbiche e virali, ecc).
Il dato più importante del carcinoma della mammella è quello epidemiologico e soprattutto quello della prognosi e sopravvivenza a distanza della malattia dal momento del suo esordio.
Il carcinoma della mammella nella donna non è sicuramente una malattia rara, tutt’altro: quasi 50.000 nuovi casi di malattia annui (probabilmente sottostimati perché le campagne di screening mammografico-ecografico si fermano alla età di 70 anni circa) e quasi 30.000 donne con malattia metastatica.
Cancro della mammella: una malattia che incide sulla società e sull’economia
Si stima che in Italia circa 500.000 donne ogni anno abbiano avuto questa terribile malattia: il cancro della mammella è quindi una malattia a forte caratterizzazione sociale, incide sulla economia della nazione occidentale, sullo sviluppo familiare, priva figli, bambini troppo presto delle loro madri e mariti delle loro mogli. Il peso economico e sociale di questa malattia è immenso.
Il cancro della mammella è una malattia, a cura prevalentemente chirurgica. Il principale attore specialistico nella sua terapia resta sempre il chirurgo, ma la chirurgia è cambiata radicalmente dai tempi in cui da giovane medico mi avvicinavo alla chirurgia e si praticava praticamente sempre una mastectomia radicale modificata con asportazione del muscolo piccolo pettorale sec. Madden.
Addirittura negli anni 50 e 60 del secolo scorso la terapia chirurgica usuale nel cancro della mammella era la Mastectomia radicale sec. Halsted cioè con asportazione contestuale del muscolo grande e piccolo pettorale.
A questi interventi altamente demolitivi e fortemente invalidanti sul piano fisiologico e psicologico si associava sempre per finalità oncologiche di stadiazione della malattia anche la exeresi completa nel cavo ascellare dei linfonodi regionali drenanti fino al terzo livello cioè in stretta prossimità dei vasi arteriosi e venosi maggiori.
Biopsia del linfonodo sentinella
Negli anni ’80 e ’90 grazie ai pionieristici e visionari studi del team dell’ Istituto dei Tumori di Milano guidato dal Prof. Veronesi e dal Prof. Bonadonna, si è capito che si poteva utilizzare un approccio più conservativo al tumore della mammella senza ricorrere alla chirurgia demolitiva ed invalidante dei decenni precedenti e questo a parità di prognosi e sopravvivenza.
Si introdusse così il concetto di chirurgia mini-invasiva nel cancro della mammella mediante la teorizzazione e sistematizzazione di interventi chirurgici sempre più contenuti (quadrantectomia, lumpectomia, ecc) ed alla fine si intervenne così anche sulla exeresi dei linfonodi regionali introducendo tecniche meno invasive come la Biopsia del linfonodo sentinella mediante utilizzo mirato ed esteso della medicina nucleare.
Tutto questo è stato reso possibile solo per il diffuso e largo impiego nella cd “popolazione a rischio” dello screening e diagnosi precoce del carcinoma della mammella mediante la diagnostica radiologica della Rx mammografia che ha permesso la scoperta di tumori piccoli e piccolissimi (anche di pochi mm) con netto beneficio sulla sopravvivenza a distanza (> 95 % a 5 anni).
Ma ancora molto deve essere scritto su questa neoplasia e molto deve essere fatto nella ricerca scientifica, quella vera.
Molte e molte vite femminili (spesso giovani e giovanissime) ancora devono essere strappate ad un destino crudele di morte in condizioni terribili. Dobbiamo ancora lottare e combattere molto per cambiare cultura e società, per migliorare la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica, per privilegiare i veri architravi del cambiamento quelli che io chiamiamo i visionari cioè le persone che anticipano di decenni i cambiamenti del mondo.
Dott. Francesco Russo
Ricercatore Confermato – Dipartimento di Scienze Chirurgiche – Università di Roma Tor Vergata