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Il caso di Simone Borgese: i domiciliari dopo lo stupro alla tassista e alla studentessa

La decisione del giudice di non inviarlo in carcere, nonostante la richiesta del pm, indica un rischio inferiore rispetto alla detenzione. Anche se molti non la pensano così

Volanti della Polizia

Il 30 maggio 2024, il giudice di Roma ha disposto gli arresti domiciliari per Simone Borgese, un 39enne accusato di violenza sessuale aggravata ai danni di una studentessa a Roma. Il pm aveva chiesto la detenzione in carcere per Borgese, che aveva precedentemente scontato una condanna a sette anni e mezzo di carcere per violenza sessuale compiuta nel 2015 contro una tassista. Tuttavia, il giudice ha deciso di concedere i domiciliari al 39enne.

L’aggressione

L’aggressione avvenne il 8 maggio scorso, quando Borgese fece salire sulla sua auto una studentessa che stava aspettando l’autobus in via della Magliana. L’uomo la portò in una zona isolata e la costrinse a subire una violenza. La vittima ha raccontato di essere stata manipolata e di aver sentito in colpa per non aiutare l’uomo. La denuncia fu sporta immediatamente e gli investigatori iniziarono le indagini.

Le indagini

Gli investigatori hanno risalito all’autore dello stupro grazie a numeri della targa e al modello dell’auto forniti dalla vittima. La targa fu in parte fornita dalla vittima e il modello fu identificato attraverso le immagini del sistema di videosorveglianza cittadino. Il riconoscimento fotografico permise di identificare e arrestare Borgese.

La condanna

Borgese era stato precedentemente condannato a 7 anni e 6 mesi di carcere per aver violentato una tassista nel 2015. Era stato anche interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e condannato al risarcimento dei danni, compresi 30.000 euro alla vittima e 10.000 euro al Comune di Roma. Le accuse contestate erano aggressione, rapina e violenza sessuale.

La difesa

Dopo l’arresto, Borgese aveva ammesso le sue responsabilità e si era giustificato affermando di essere stato colto da un raptus. L’aggressione avvenne in una strada sterrata, dove la tassista lo aveva accompagnato.

Le implicazioni legali per Simone Borgese nel fatto che il giudice abbia disposto gli arresti domiciliari invece del carcere:

  1. Gli arresti domiciliari comportano una privazione della libertà personale, ma incidono principalmente sulla libertà di movimento, imponendo all’imputato di rimanere nel luogo di detenzione domiciliare senza possibilità di uscire se non autorizzato dal giudice. Questo è meno restrittivo rispetto al carcere.
  2. Il giudice ha ritenuto che le esigenze cautelari nel caso di Borgese potessero essere soddisfatte con la misura degli arresti domiciliari, anziché con la custodia cautelare in carcere. Questo significa che il giudice ha valutato il rischio di fuga, inquinamento probatorio o reiterazione del reato come minore rispetto a quanto richiesto dal pm per il carcere.
  3. Essendo agli arresti domiciliari, Borgese è considerato comunque in stato di custodia cautelare. Ciò significa che la misura ha lo stesso valore di una detenzione, anche se in un luogo diverso dal carcere.
  4. Il giudice ha disposto gli arresti domiciliari in modo da assicurare le prioritarie esigenze di tutela della persona offesa dal reato, in questo caso la studentessa vittima della violenza sessuale. Questo vincolo mira a proteggere la vittima.

Gli arresti domiciliari per Borgese implicano una privazione della libertà meno afflittiva del carcere, ma comunque rappresentano una custodia cautelare, con l’obiettivo di soddisfare le esigenze cautelari e tutelare la vittima. La decisione del giudice di non inviarlo in carcere, nonostante la richiesta del pm, indica evidentemente una valutazione del rischio come inferiore rispetto a quanto ritenuto necessario per la detenzione. Anche se molti non la pensano così.