Il confine fra realtà e finzione, tra bene e male, si è dissolto. Come siamo arrivati a questo punto?
Fino agli anni ’90 nessuno avrebbe minimamente osato pensare di immedesimarsi nei ruoli dei cattivi. I nostri eroi erano al servizio del bene contro il male
Giovani poco più che adolescenti, con la patente fresca di motorizzazione che sfrecciano a velocità spropositata come i protagonisti di alcuni film o di certi videogiochi, filmando le proprie scorribande per poi postarne i video sui social finché qualche volta ci scappa il morto, perché il conducente si schianta contro un muro o perché qualche disgraziato, spesso donne o bambini, finisce sotto le ruote di quel veicolo che sembra uscito da una scena di Fast and Furious.
Le responsabilità delle generazioni
Poi c’è chi uccide dichiarando quasi innocentemente di averlo fatto per scoprire cosa si provi nel togliere la vita a un altro essere umano. La lista di atti ed efferatezze assurdi è lunghissima e lo diventa sempre più man mano che gli anni passano.
Ogni generazione ha accusato quella più giovane di essere bruciata, come l’omonimo film col compianto James Dean, ma non si era mai arrivati a questo livello di follia, di malvagità, di sciagurataggine, di assurda violenza gratuita di ogni genere.
Ci sono sempre stati omicidi, violenze, azioni scellerate, ma avvenivano quasi sempre in contesti circoscritti alla malavita, al degrado, al terrorismo politico o religioso. Rari erano i casi in cui atti del genere vedevano protagonisti persone al di fuori di quei mondi e soprattutto per futili motivi o per gioco. E comunque si potevano contare sulla punta delle dita di due mani.
Esisteva un mondo “normale”, fatto di persone che vivevano cercando di condurre un’esistenza nel rispetto delle convenzioni, della morale del tempo, nel timore delle leggi di Dio e di quelle degli uomini. Poi c’era il mondo di quelli che abitavano il male, un po’ come in Star Wars : il lato chiaro e quello oscuro della Forza, e la distinzione era evidente e netta per tutti.
Ai confini della realtà
Nel 1962 la RAI, e poi negli anni a venire anche emittenti private, propose alcuni episodi (doppiati in lingua italiana) tratti da una serie TV statunitense che andò in onda negli USA dal ’59 al 64. S’intitolava The twilight zone, che significa letteralmente “zona del crepuscolo“, tradotta in Italia con il titolo di “Ai confini della realtà“.
Nel gergo aeronautico The twilight zone, “è un termine col quale la U.S. Air Force indicava il momento in cui, durante la fase di atterraggio di un aereo, la linea dell’orizzonte scompare sotto il velivolo per un breve istante, lasciando per un attimo il pilota senza riferimenti“.
Ma il titolo, sia nella versione originale che in quella italiana, voleva rendere l’idea di qualcosa di misterioso, di oscuro ,una zona d’ombra dove la realtà finiva e cominciava qualcosa di fantastico, di inspiegabile. Gli episodi erano appunto incentrati su avvenimenti che vedevano persone coinvolte in eventi incomprensibili e privi di una spiegazione razionale, dai viaggi nel tempo agli alieni. Era una serie davvero affascinante.
Crescere negli anni ’70
Sono cresciuto in un’epoca (classe 1970) in cui si aveva la percezione chiara e netta di un confine tra la realtà e il fantastico. C’era una zona appunto in cui si poteva sognare e in questa regione onirica ci si lasciava andare, consapevoli del fatto che fosse solo fantasia, e come tale doveva restare. Questo accadeva quando ci si accomodava di fronte al televisore, si andava al cinema o si leggeva un romanzo.
Si fantasticava ma una cosa restava ben chiara: la differenza tra sogno e realtà era netta, tangibile, chiarissima, tanto quanto i concetti di bene e di male, cosi come lo erano i ruoli e la natura dei protagonisti.
Nessuno avrebbe mai osato immedesimarsi (tanto più nella vita reale) nel cattivo, nel delinquente, nell’alieno o nel mostro di turno. I cattivi erano cattivi ed i buoni erano buoni. Maurizio Merli e Franco Nero erano i poliziotti onesti e leali dei film di quegli anni e noi bambini sognavamo di diventare come loro, per potere arrestare e punire i delinquenti.
I buoni e i cattivi li riconoscevi subito
Anche gli alieni erano sempre cattivi e nessuno faceva il tifo per loro. Finché, all’arrivo nelle sale cinematografiche di Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg, si ribaltò un po’ la visione dell’extraterrestre che dal mostruoso Alien assunse le fattezze di piccoli ominidi dal viso sorridente e infantile. Lo stesso avvenne nel mondo dei film western con l’arrivo di film come Piccolo grande uomo, Soldato Blu o Un uomo chiamato cavallo.
Prima di allora i nativi americani erano i cattivi e bianchi erano buoni e noi, in groppa a Furia cavallo del West, galoppavamo al fianco del Generale Custer contro gli indiani. Quando la visione del pellerossa si ribaltò, passammo dalla parte dei nuovi buoni. Mai da quella dei cattivi. Chiunque essi fossero.
Poi è accaduto qualcosa. E’ arrivata Internet, dove tutto sembra normale, e ci si fa l’abitudine.
Questa zona di confine, questa Twilight zone è andata pian piano svanendo.
Responsabili un certo tipo di cinema e di televisione ma soprattutto l’avvento brutale e irruento per molti versi di internet, dei social. Un nuovo mondo che ha fornito la percezione che tutto fosse reale e possibile,anche ciò che non lo è , dove i i ruoli si sono confusi e spesso invertiti , così come i concetti di bene e di male. Siamo passati dai giochi elettronici innocenti stile Pac-Man alla realtà aumentata e a videogames sparatutto/ammazzatutto talmente realistici da far sorgere il dubbio se si tratti di esseri viventi o digitali.
Così accade che anche la violenza, visto che la si può perpetrare da protagonisti in un gioco elettronico, in fondo non è poi così una cosa brutta, e i ruoli del bene e del male non sono più per forza giusti o sbagliati . Esistono alcuni videogames che esaltano la mafia ed altri in cui l’obiettivo è quello di investire, in automobile, quanti più pedoni possibili.
La confusione nei giovani
Tutto questo ha generato molta confusione, soprattutto nei più giovani, più fragili, le cui menti, come spugne, assorbono tutto ed elaborano i messaggi che ricevono associandoli ai concetti di bene e di male, di giusto e di sbagliato, spostandone la collocazione e la percezione. E cosi via.
La TV ed il cinema presentano a volte, in forma di film o telefilm, alcuni fatti realmente accaduti o di fantasia caratterizzati da estrema violenza in versione quasi romantica, in cui il cattivo diventa paradossalmente talmente affascinante da scivolare nel lato del bene, facendo passare il messaggio che un certo tipo di criminalità possa essere in qualche modo da imitare. Cosi camorristi, mafiosi, delinquenti, personaggi negativi e violenti, o protagonisti irresponsabili di folli corse in automobile, diventano agli occhi di molti spettatori, (non sempre necessariamente giovanissimi a dire il vero), degli eroi da emulare nella vita reale.
Sempre dalla parte dei buoni
Fino agli anni ’90 nessuno avrebbe minimamente soltanto osato pensare di immedesimarsi nei ruoli dei cattivi. I nostri eroi erano al servizio del bene contro il male: Tex, Zorro, Tarzan, Sandokan, Lo sceriffo a New York, l’ispettore Cannon, Starsky e Hutch, gli agenti Crockett e Tubbs di Miami Vice, solo per citarne alcuni. Sulle nostre magliette di bambini campeggiavano Mazinga o Yuppidu e non testi inneggianti alla malavita o nomi di criminali di alcune serie televisive. I film vietati ai minori lo erano davvero e se un film era interdetto a chi non aveva almeno 14 anni, a casa non ti consentivano neppure di accendere il televisore e al cinema non entravi.
C’erano dei filtri , dei confini che tutelavano i minori e li proteggevano da immagini e messaggi che ne avrebbero potuto compromettere una sana crescita emotiva e morale. Oggi esiste il parental control, un sistema che di fatto serve a impedire ai minori di accedere a siti o programmi i cui contenuti sono considerati inappropriati dai genitori. Ma quanti genitori lo usano effettivamente? Dopodiché molti bambini, già a partire da meno di dieci anni di età, hanno il loro iPhone di ultima generazione e navigano in rete. E se mai qualche genitore dovesse bloccare certi siti, gli stessi bambini possono accedervi attraverso i cellulari dei loro amichetti ed il filtro è aggirato.
Anche l’eccessivo accesso gratuito e libero alla pornografia ha spostato, se non divelto completamente, la barriera del passaggio a livello tra l’età infantile e quella sessuale facendo scoprire in un paio di click quello che normalmente noi scoprivamo in alcuni anni , un po’ alla volta. Tutto sembra fattibile, alla portata di tutti, normale.
Non c’è da stupirsi quindi che ragazzini di 14 anni violentino delle coetanee filmando l’orrore di quegli atti disumani per poi condividerne il contenuto tra amici attraverso i social e in rete.
Abbiamo passato il punto di non ritorno
Il dramma è che non si può più tornare indietro. Il danno ormai è stato fatto. È irreversibile. Credo che in futuro, se l’umanità dovesse sopravvivere a se stessa ancora per qualche secolo, oltre alla datazione temporale della storia in avanti Cristo/Dopo Cristo, si utilizzerà il termine avanti internet/Dopo internet (inteso non solo come social media ma anche come contenuti accessibili disponibili illimitatamente H24).
E badate bene: non esiste soluzione, non si può spegnere la rete. Inoltre tutto quello che finisce nel web ci rimane per l’eternità, stoccato e conservato nei server di mezzo mondo.
Certo alcuni paesi possono decidere di bloccare alcuni siti ma basta uscire dai confini di quegli stati per essere liberi di navigare ovunque.
Tutto questo non ha semplicemente alterato la realtà attorno a noi ma ne ha definitivamente compromesso anche il senso temporale :tutto è possibile e lo è adesso, in un istante, il tempo di un click.
Così anche concetti come attesa, ricerca, pazienza ,speranza, non esistono di fatto più e comunque non sono percepiti nell’accezione reale dei termini.
Violenze quotidiane
La violenza, la morte, il sesso nelle sue forme più eccessive, il linguaggio aggressivo, volgare, incolto e sgrammaticato (permetteteci di dire che anche questa è una forma di violenza) sono ingredienti con i quali si realizzano piatti con cui si nutrono le platee del mondo.
E quando tutto questo da straordinario, inusitato, raro, diventa quotidiano, nella norma, continuo, allora la distinzione tra bene e male, tra realtà e fantasia , tra giusto e sbagliato, scompare.
Ci si abitua a tutto . Lo si considera normale. Come gettare a terra un pezzo di carta pensando che “ tanto lo fanno tutti o comunque qualcuno pulirà “.
Forse dovremmo pensare di più e navigare in rete di meno. Leggere un libro e spegnere ogni tanto la TV ed i cellulari che con le notifiche delle mille chat che arrivano ogni minuto hanno trasformato le nostre vite in film continuamente interrotti da spot pubblicitari, senza sosta, giorno e notte. Parlare con gli altri di persona o al telefono, perché il telefono è stato concepito per conversare e non per scattare foto, inviare messaggini scritti o ancor peggio vocali.
Scrivere una lettera con penna su carta, imbustarla e spedirla. Andare a fare acquisti presso i negozi piuttosto che farceli recapitare a casa. Questo lo facevano le nostre nonne perché abitavano al quinto piano, avevano le gambe gonfie e chiedevano al fornaio la cortesia di mettere la spesa nel cestino che veniva calato con una corda dalla finestra e poi ritirato su.
E soprattutto dovremmo tutti interrogarci su dove stiamo andando a finire, fermandoci ogni tanto per riflettere, senza sperare che le cose si aggiustino da sole, col tempo. Perché non funziona così. Perché si finisce per abituarsi a tutto. Anche alle cose peggiori. E le cose peggiori finiscono per diventare normali e accettabili.
“In questa generazione ci pentiremo non solo per le parole e per le azioni delle persone cattive, ma per lo spaventoso silenzio delle persone buone.” Martin Luther King