Il consumismo delle relazioni: siamo infelici perché trattiamo le persone come merci
Crediamo che consumare sfrenatamente sia motivo di gioia, invece è la ragione della nostra infelicità
Da molti anni si parla di globalizzazione sottolineando la parola globo, ovvero immaginando un grande villaggio “globale” dove tutto si muove, dove le persone vivono, amano, producono, scambiano oggetti e affetti mantenendo rapporti ravvicinati anche a mille chilometri di distanza tra loro. Tutto questo potrebbe sembrare magico invece è reale ed è stato possibile solo grazie alla liberalizzazione degli scambi tra paesi e alla rivoluzione tecnologica.
Globalizzazione: un fenomeno che coinvolge anche i legami umani
Questo processo ha provocato la tendenza all’omogeneità dei bisogni dei consumatori, sempre più orientati alla ricerca delle ultime tendenze, innovazioni riguardanti il computer, il telefono e la moda. E gli affetti? Purtroppo anche le relazioni vivono una forte influenza per così dire globalizzante, non si ha più il tempo di innamorarsi, di frequentarsi, di raccontarsi, di ascoltarsi e di capirsi.
Siamo immersi in un vortice di relazioni veloci che non lasciano il tempo di sedimentarsi; abbiamo paura di vivere una relazione che ci obbliga al cambiamento e che ci pone davanti a responsabilità molto più grandi di noi.
Consumismo relazionale: le persone come oggetti
Abbiamo bisogno di essere presenti sui social, di collezionare like, di avere mille amici su facebook o altri canali social ma non siamo capaci di avere una relazione sana neppure col nostro vicino di casa. Consumismo è una parola di uso comune che però non riguarda più soltanto gli oggetti ma riguarda anche gli affetti. Si parla di consumismo relazionale riferendosi al fatto che le persone che si hanno accanto spesso vengono usate e poi buttate via, così come con il cellulare ancora nuovo ma non il linea con le ultime tendenze.
Z. Bauman parla di società liquida intendendo una società consumistica, dove tutto si trasforma in merce di scambio; non solo le cose ma anche le persone, spesso frustrate perché non riescono a raggiungere modelli standardizzati di consumo. Persone impaurite per il futuro minacciato da guerre, crisi economiche e sanitarie che si nascondono dietro false relazioni. La sofferenza umana che spesso chiamiamo depressione si è diffusa anche nei giovanissimi, intenti ad imitare idoli fantasma dei social e sottovalutando l’amicizia di quartiere e scolastica, troppo presi a imitare video spazzatura che riempiono i social con temi assurdi e pericolosi perché imitabili.
Il consumismo sembra darci felicità invece è il motivo dell’infelicità
Questo stato d’infelicità è il motore del consumismo. Tutto il nostro mondo è racchiuso in uno smartphone! Se perdiamo il telefono siamo fuori dal mondo, ci sentiamo impauriti, insicuri, senza armi. Il telefono è la nostra salvezza: ci nascondiamo, ci mascheriamo, sembriamo forti, belli, divertenti e sempre in viaggio o al ristorante e poi ci ritroviamo la sera soli e tristi senza nessuno a cui rivolgere la parola. Cosa si può fare?
Proviamo a liberarci del cellulare per una giornata, facciamo una lunga passeggiata in un luogo poco trafficato, fermiamoci a osservare la natura, in silenzio, assaporando il suono quasi impercettibile del fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, il suono delle campane di una chiesa; concentriamoci sull’odore dei fiori, guardiamoci intorno, osserviamo il cielo al tramonto e ascoltiamo il nostro respiro. Scegliamo una persona che ci fa stare bene e gustiamo un buon pasto insieme; non c’è bisogno di condividere una foto sui social per essere felici.