Il critico gastronomico Visintin: “Deponiamo cocktail e armiamoci di buon senso”
Non sappiamo se il virus resisterà al caldo e se tornerà in inverno. È davvero preoccupante, potrebbe cambiare il nostro stile di vita
Da ieri, 8 marzo, l’intera Lombardia, più altri 14 comuni del Nord Italia sono stati blindati come zona rossa, per impedire che l’aumento dei contagiati diventi a tal punto superiore a quello delle sale rianimazione e ai medici, da far collassare il sistema ospedaliero. L’Italia è al momento caduta in un baratro sanitario, economico e sociale.
Valerio Visintin, critico gastronomico per il “Corriere della Sera”, in un suo post su Facebook ha scritto che Milano si è creduta “immune” all’emergenza sanitaria, non ha voluto fermarsi fin da subito per il timore di “appannare l’immagine di una città invincibile”, ma, usando una metafora culinaria, questa è una guerra che si vince “deponendo i cocktail e armandosi di buon senso”. Abbiamo parlato con lui per conoscere la situazione economica, soprattutto nel settore della ristorazione di cui si occupa, nella zona attualemente sigillata.
Com’è ora la situazione a Milano?
“La situazione a Milano è piuttosto triste e desolante ma per ora dobbiamo mantenere la calma e avere pazienza. Le ulteriori restrizioni hanno reso ancora più difficile le condizioni della nostra quotidianità. Lo slogan del sindaco ‘Milano non si ferma’ era pieno di buone intenzioni, comprensibile che lo abbia adottato, ma ha fatto filtrare un messaggio sbagliato, perché ora le priorità sono altre: bisogna fermarsi. Il proverbio ‘fare di necessità virtù’ torna davvero come un insegnamento oggi, quando la necessità è stare in casa, cerchiamo allora di farlo al meglio.
I ristoranti qui sono aperti intorno alle 12:00 ma non so quanti resisteranno all’urto di questa inattività. I locali della ristorazione, già prima del virus, stavano subendo un calo dal 20% al 70%, e questi eventi straordinari, non faranno che esacerbare questo calo. Credo che alla fine molti chiuderanno. Milano negli ultimi anni ha visto un’accelerazione anche innaturale nel numero di negozi ed esercizi dedicati al cibo e alla ristorazione, sembrava che Milano fosse solo un grande ristorante, so che Roma ha avuto le stesse dinamiche. Questo è accaduto anche perché la criminalità organizzata apre 1 ristorante su 5. le mafie, che a Milano sono presenti tutte all’appello, non hanno alcun interesse di guadagnare dalle loro attività; i loro ristoranti sono presidi sul territorio, locali aperti per controllare persone e quartieri, per riciclare denaro e non certo per fare buona cucina e locali che offrono bellezza e atmosfera. Faccio sempre questo esempio: se tutti a Milano, anche anziani allettati e bimbi neonati, decidessero simultaneamente di andare al ristorante, resterebbero comunque ristoranti vuoti. Questo è accaduto anche a causa della crisi, in molti hanno sperato di riprendersi aprendo trattorie, pub o ristoranti”.
Nella nostra società occidentale fermarsi è visto come un difetto: non produrre, non agire, non fare qualcosa di utile è sentito come una mancanza, non come un modo per essere attivi con la mente e l’interiorità, per comprendere e meditare su argomenti ai quali di solito non si pensa.
“Sì, è vero, ma la nostra società è costruita sul consumo e fermarsi per molti vuol dire perire. Fermarsi per un breve periodo può essere proficuo ma per quanto riguarda la durata di questa emergenza e dei provvedimenti che comporta, non abbiamo conferme; non sappiamo se il virus resisterà al caldo estivo e se tornerà il prossimo inverno. Questo è davvero preoccupante, potrebbe cambiare il nostro stile di vita”.
Lei ha qualche “ricetta” per non soccombere agli eventi eccezionali e drammatici che ci stanno investendo?
“Personalmente mi dedico alle letture e alle attività che impegnano più il pensiero della ‘gola’ e spero che sapremo sfruttare questo tempo più lento per elaborare strategie di sicurezza, legalità, e buona economia per il prossimo futuro”.