Il divorzio non è un fallimento, accettarlo è la via per la serenità
Quando il divorzio è accettato sul piano psicologico anche i figli possono comprenderlo con maggiore serenità
In Italia le separazioni coniugali continuano a proliferare e la pandemia da Covid 19 ha amplificato il fenomeno, in particolare in quelle famiglie dove la crisi era già in atto. Si tratta spesso di famiglie che continuavano a vivere sotto lo stesso tetto ma che avevano già maturato la convinzione di concludere l’esperienza matrimoniale.
Il divorzio non è un fallimento
Il divorzio è visto, ancora oggi, come un fallimento della coppia e del progetto di vita insieme, e spinge gli attori della separazione a giustificarsi o a nascondere la decisione presa. Fallimentare sarebbe stato rimanere ancora insieme provocando dolore e malessere a tutto il nucleo familiare.
I bambini piccoli non capiscono cosa sta succedendo, perché uno dei genitori non rientra più a casa, perché devono vederlo alcuni giorni a settimana, perché non vedono più i nonni. I bambini più grandi hanno difficoltà a raccontare ai loro compagni la separazione dei genitori e cercano conforto negli amici che vivono la stessa condizione.
Gli adolescenti vivono con rabbia e delusione il distacco, soprattutto nelle separazioni conflittuali, dove il figlio diventa arma di ricatto utilizzato dal genitore che continua a vivere col bambino.
Arrivare ad una sana separazione, coinvolgendo i figli, parlargli, ascoltare e rispondere a tutte le loro domande circa cosa succederà in futuro, aiuta il gruppo famiglia a maturare la nuova condizione di famiglia separata.
Continuare ad essere nella relazione, senza togliere spazio, coinvolgere il genitore non convivente in ogni decisione renderà il rapporto sereno e non provocherà danni psicologici ai figli.
L’accettazione del divorzio e la serenità che ne consegue
Quando il divorzio raggiunge la sua pienezza anche come divorzio psicologico, dove entrambi i coniugi accettano la fine del legame affettivo, solo allora i figli possono vivere una sana quotidianità.
Riconoscersi genitori ma non più coppia deve necessariamente passare attraverso una rielaborazione e ridefinizione dei ruoli e delle funzioni di ogni componente, a partire dai genitori fino a tutti gli attori del gruppo parentale.
Prevaricazioni, offese, allontanamenti dal genitore non convivente, divieto di vedere gli zii o i nonni portano il bambino a sentirsi inappropriato e a manifestazioni di aggressività e di chiusura verso gli altri.
La coordinazione genitoriale
Il nostro ruolo di C.T.U. nelle separazioni giudiziali ci obbliga a osservare senza giudizi affrettati, cercando di fare solo il bene del minore.
Il sostegno psicologico, la mediazione familiare sono spesso il risultato di ciò che dovrebbe avvenire dopo la sentenza del giudice, ma spesso ciò non accade e queste raccomandazioni vengono ritenute inutili e economicamente insostenibili.
La coordinazione genitoriale può rappresentare un’alternativa valida nei casi di separazioni conflittuali. Si pone come prevenzione dei disturbi psicologici che possono manifestarsi nei rapporti genitoriali conflittuali. È fortemente consigliata nelle coppie che non riescono a maturare a livello psichico una separazione fisiologica tale da non turbare l’altro; è finalizzata al benessere psichico e fisico dei figli, all’organizzazione di un nuovo piano familiare dove ognuno deve rispettare i bisogni dell’altro.
La coordinazione genitoriale aiuta i genitori a essere genitori efficaci, in grado di gestire i conflitti, rimanendo in contatto, confrontandosi su ogni scelta riguardante la crescita dei bimbi, e inserire nel programma genitoriale tutti gli attori sociali che fanno parte della vita familiare.