Il fallimento della metro C costa 3 miliardi di euro
Una conferenza stampa del Movimento 5 Stelle per presentare esposto alla Corte dei Conti
Esposto alla Corte dei Conti e richiesta di audizione al presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone. Il Movimento 5 Stelle di Roma, e i 4 consiglieri capitolini Marcello De Vito, Daniele Frongia, Enrico Stefàno e Virginia Raggi, continuano a parlare di Metro C. E lo fanno in via delle Vergini, sede dei gruppi consiliari, in una conferenza stampa. Nel mirino, ancora una volta, l’accordo del 9 settembre 2013, che ha ridefinito le obbligazioni del general contractor “limitandole alla sola esecuzione dei lavori, prorogando i tempi per l'ennesima volta e soprattutto prevedendo il pagamento di ulteriori 90 milioni di euro al consorzio Metro C”, con la possibile configurazione, secondo il M5S Roma di un potenziale danno erariale.
Già, perché in ballo non ci sono solo questi ulteriori 90 milioni, inizialmente non previsti. I costi sono davvero esorbitanti: la metro C, secondo De Vito, “è l’appalto più fallimentare della storia della Capitale: i costi sono passati dai 2,2 miliardi di euro del 2006 alla cifra record di 3 miliardi senza che sia ancora stata aperta una fermata, nel frattempo sono state approvate ben 45 perizie di varianti tra cui quella che ha impedito la realizzazione del tronchino di San Giovanni, che ha impedito la frequenza necessaria dei treni quando e se la metro aprirà”. Dunque, nonostante più di 10 anni di standby e nonostante queste cifre, ad oggi si ha “una semplice, costosissima metropolitana di superficie, con costi lievitati nel tempo grazie ai tre accordi bonari, di cui l'ultimo stipulato dall'amministrazione Marino: appena insediato, il 9 settembre 2013 ha dato subito 100 milioni al general contractor, dopo l'ultimo accordo di settembre 2012 che prevedeva già il pagamento di 230 milioni più Iva”. Un accordo bonario che è stato definito ‘attuativo’ del precedente, anche se – come abbiamo già spiegato in questo articolo – si tratterebbe, a tutti gli effetti, di un accordo novativo, in quanto “i 90 milioni non erano stanziati nella precedente delibera Cipe, ma erano figli di una misteriosa ‘rimodulazione’ delle riserve”. Dello stesso avviso, all’epoca dei fatti, l’ex assessore al Bilancio Daniela Morgante che aveva contestato aspramente questo accordo.
Prima di adire la Corte dei Conti, i 4 consiglieri del Movimento 5 Stelle di Roma hanno anche tentato un confronto diretto con l’amministrazione Marino. “Abbiamo fatto 3 richieste di accesso agli atti, dopodiché il 2 luglio di quest'anno abbiamo presentato un''interrogazione con 14 quesiti all’assessore ai Trasporti Improta per avere un rendiconto su questi accordi. Ad oggi l'assessore ha ritenuto di non rispondere, ecco perché abbiamo investito la Procura a verificare la presenza di responsabilità amministrative e per danno erariale”.
Come già spiegato a Romait in un’intervista, i consiglieri del M5S Roma non si dicono contrari alla realizzazione della metro C e più in generale alle grandi opere, purché utili a realizzare concretamente gli interessi dei cittadini. Insomma, se dovessimo utilizzare uno slogan, riproporremmo quello proprio a firma di Romait: sì alle grandi opere, no ai grandi sprechi, come ha puntualizzato nel corso della conferenza anche il consigliere Daniele Frongia. Ma si può davvero parlare di una grande opera quando ci riferiamo alla metro C, così come i 10 anni trascorsi e le 45 varianti ce la presentano oggi? Dal punto di vista prettamente trasportistico – rileva Enrico Stefàno – “troviamo degli errori anche quando si parla di apertura della metro, che avrà una frequenza di 12 minuti e quindi in pratica sarà un treno regionale: il tronchetto di inversione che permette ai treni di fare inversione infatti mancherà finché non aprirà la fermata Colosseo e noi, umili consiglieri comunali, ancora non sappiamo quando effettivamente aprirà la prima tratta della metro C”.
L’opera infrastrutturale, infine, nasconde altri lati oscuri. Non solo relativamente a un esborso continuo ed infinito di soldi, ma anche in relazione alla sicurezza della statica degli edifici. “Noi siamo contro la tratta T3 che attraversa il Centro storico – insiste Frongia – e parliamo di sicurezza della statica degli edifici, visto che si passa 13 metri sotto al Colosseo. 20 anni fa Lamberto Dini chiese un parere a una supercommissione tecnica che disse categoricamente ‘no’ all'idea di una metro pesante consigliandone una leggera e trasmise questo risultato a Tocci e Rutelli. Quest'ultimo magicamente cambiò il parere, confermò la metro pesante sotto il Colosseo e disse che la metro C sarebbe stata aperta entro il Giubileo, anche se non aveva detto quale… In questo – conclude Frongia – vedo una perfetta continuità fra Rutelli, Veltroni, Alemanno e Marino”.