Il futuro della Capitale: nel 2030 Roma esporterà la sua periferia nella Regione
Con il Giubileo 2025 si creerà un sistema di strutture di ricerca che proietterà Roma come capitale di una nuova economia fondata sulla conoscenza
Roma nel prossimo futuro subirà la sorte dell’Europa e vedrà diminuire, come tutta l’Italia, il suo potere economico nel mondo. Ma la sua inclinazione turistica prenderà il sopravvento su altre caratteristiche.
Come diventerà la Capitale nei prossimi anni
Nel saggio Roma 2030. Scenari di sviluppo nel prossimo decennio, iniziato nel dicembre 2017 e terminato nel maggio 2018, realizzato dallo Studio De Masi per conto della Camera di Commercio di Roma, nel 2030 si investirà per lo sviluppo e la modernizzazione. La crescita dell’economia si legherà al turismo. Si acuiranno fenomeni di polarizzazione della ricchezza e di ulteriore erosione del ceto medio. La Capitale tenderà a esportare la sua periferia nell’area regionale.
Le sue comunicazioni avranno un incremento per il legame sempre più forte di interdipendenza con i centri di prima corona che la circondano e che oggi fungono da satelliti. Nel futuro avranno un ruolo maggiore, diventando centri interattivi tra loro e con la Capitale, la quale perderà una parte di popolazione a vantaggio del suo hinterland. Il Giubileo 2025 avrà una funzione acceleratrice di questo fenomeno. Si creerà un sistema formidabile di concentrazione interdisciplinare di strutture di ricerca e un grande giacimento di intelligenze che proietterà Roma come capitale di una nuova economia fondata sulla conoscenza.
Da una concorrenza potrà nascere una unione di forze che operano nella stessa direzione
Roma subirà una duplice concorrenza da Nord con Milano e da Sud con Napoli. Ma questa potrebbe non essere una situazione negativa, tutt’altro. La collaborazione potrebbe dare a tutte le realtà in atto una forte accelerazione se si sapranno coordinare e sfruttare le forze e le rispettive capacità, indirizzandole in una prospettiva di crescita futura del Paese.
Il Mediterraneo sarà il campo geopolitico delle principali questioni del secolo XXI: pace e guerra, grandi migrazioni, sviluppo (improbabile) dell’Africa o di parti di essa. Roma in quanto capitale avrà successo come luogo di promozione delle politiche di cooperazione Nord-Sud. Si dovrà arrivare volenti o nolenti a una concertazione europea delle politiche di immigrazione. Al dialogo tra le grandi religioni. Allo scambio culturale tra le università e i centri di ricerca.
Se i finanziamenti pubblici sapranno migliorare le infrastrutture della Capitale lo sviluppo del turismo sarà certo. Perché la tendenza del futuro è l’appagamento dei possibili sogni e l’aumento del tempo libero eserciterà una notevole spinta verso un turismo d’arte, culturale e gastronomico che vede nell’Italia la sua meta privilegiata.
Si tratterà solo di rendere efficiente il settore per non deludere il turista e indurlo a restare più tempo o a tornare più volte. L’incremento della spesa turistica farà evolvere l’economia della Capitale come delle principali città d’arte e di quei borghi di rilevanza culturale e artistica che verranno inseriti nei circuiti di vacanze.
In crisi i settori tradizionali e in crescita turismo, gastronomia, biotecnologie, informatica
Da qui al 2030 settori in crisi saranno quello bancario tradizionale e la pubblica amministrazione, l’industria classica, hi tech, l’edilizia, tranne che per le ristrutturazioni.
I campi di maggiore sviluppo saranno quello agroalimentare, enogastronomico, biotecnologie, biomedicale, farmaceutica, big data e informatica, software per il tempo libero e i giochi, grandi eventi, nutriceutica, wellness, restauro, cinema e telecomunicazioni, valorizzazione dei beni culturali, servizi finanziari innovativi, aerospaziale, robotica e droni.
Si sfrutterà la centralità geografica della Capitale quale risorsa preziosa per i servizi di logistica. Riducendosi la popolazione è possibile che la città avrà un assetto più moderno e una fruibilità più facile per i suoi abitanti. Saranno possibili parziali miglioramenti nelle aree semiperiferiche con programmi di rigenerazione urbana e riuso di vasti complessi abbandonati, per esempio le caserme, che si trovano in centro, per destinarle a funzioni miste (produttive, commerciali, residenziali) in modo da ridurre la necessità di spostamenti quotidiani. Aumenteranno programmi per promuovere e realizzare il telelavoro.
A Roma ci sono 44 università tra pubbliche, private e confessionali
Nello studio si tracciano linee molto positive sullo sviluppo dei vari settori trainati dal turismo e dall’efficientamento delle infrastrutture. Vedo tutto questo però più come una prospettiva che andrebbe seguita, che come una certezza. Non si tiene conto della preponderante presenza della criminalità organizzata nel Paese e della corruzione che approfitta di ogni crescita per trarne vantaggi che tuttavia non aiutano, perché producono ricchezze che vengono utilizzate per fini speculativi e non per la crescita.
Si ritiene che la delusione verso la politica continuerà. Non si vede una soluzione possibile da parte dei politici, che fingono di temerla ma in realtà se ne avvantaggiano. Di fatto però il mancato impegno politico delle persone potrebbe far aumentare quello sociale. Oggi è più facile intraprendere nuove attività (start up) e lo sarà ancora di più nel futuro. Una nuova offerta imprenditoriale è da mettere in conto anche da parte degli immigrati che riescono a integrarsi. Sempre che cambino gli atteggiamenti di parte della politica e della popolazione verso questi nuovi membri della nostra società.
Aumenterà il peso della ricerca tecnologica e di quella scientifica: entrambi diventeranno fattori decisivi per il futuro della città. Roma avrà una concentrazione elevata di studi scientifici. Ad oggi ospita 44 università tra pubbliche, private e confessionali. Le tre università pubbliche sono frequentate da 180.000 studenti. Da qui al 2030 si crede che si creerà un maggiore raccordo tra le università pubbliche, nasceranno altre università private e migliorerà la qualità di quelle esistenti. Il ricambio generazionale favorirà una maggiore sensibilità dei dipartimenti verso la ricerca applicata alle grandi questioni della città. Ma se diminuiranno le nascite siamo certi che queste 44 università potranno crescere? Forse solo un’immigrazione filtrata, agevolata, seguita, riuscirà a mantenere alti i flussi di studenti.