Il giocatore, Fëdor Dostoevskij
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Cari lettori, ogni tanto vedete ricorrere alcuni scrittori, d’altronde quando spiegai il mio intento, altro non era che la voglia di divulgare l’opera di coloro che ritengo meritevoli dunque questo è il caso di uno scrittore che vedrete ricorrere diverse volte!
Nel 1866 fra un episodio e l’altro di “Delitto e castigo”, in appena ventisei giorni Dostoevskij detta ad Anna Grigorievna Snitkina (che in seguito diventerà sua seconda moglie), “Il giocatore”.
Si tratta di un caso particolare benché il protagonista del romanzo non progredisce, come siamo abituati a vedere in Dostoevskij, verso un arricchimento spirituale o verso una catastrofe grandiosa che ne coroni l’esistenza; il suo è il caso di un progressivo inaridimento morale, di una lenta ma inesorabile perdita di interesse verso tutto ciò che lo circonda, in nome di un’unica passione: il gioco d’azzardo.
Si pensi che Dostoevskij, in un certo periodo della sua vita precedente a questo romanzo, fu un giocatore d’azzardo sfrenato e ossessivo. Alle volte arrivava perfino a lasciare sprovvedute la moglie e la bambina per andare a perdere fin l’ultimo tallero in qualche lontana roulette e tornare a casa sempre più in lotta con il senso morale avvilito da quella divorante e malata passione.
I riflettori si accendono in strani ambienti ed atmosfere allucinate, nella fittizia cittadina tedesca di Roulettenburg. Dostoevskij racconta in prima persona la vicenda del protagonista Aleksej Ivanovic: un uomo debole, insicuro, rabbioso verso se stesso e gli altri, desideroso di mostrare al mondo quanto vale. Aleksej dà vita alla trama con i suoi ricordi attraverso i quali ripercorre i tempi in cui era precettore della famiglia di un generale russo, e il disperato amore per l’enigmatica Polina Aleksandrovna, la quale lo disprezza e lo sottomette con “ricatti amorosi” e in nome di un aiuto economico lo convince ad incominciare a giocare alla roulette, instradandolo così sul lento e indecoroso declino verso la rovina.
Il narratore, svolge la professione di precettore presso una famiglia stravagante, composta da un vecchio generale perdutamente innamorato di una giovane francese dal passato turbolento, mademoiselle Blanche, da due bambini dei quali Aleksej è il maestro e dalla figliastra del generale, Polina Aleksàndrovna. Attorno a questo nucleo gravitano Mr. Astley, un ricco inglese, onesto e timido, anch'egli innamorato di Polina e il marchese francese des Grieux, amato da Polina.
Aleksej pur di suscitare interesse in Polina, arriva a compromettersi burlando un barone tedesco. Si trova spesso a giocare e vincere soldi per lei, che necessita di grosse somme di denaro, poiché la famiglia è al limite della rovina a causa delle manipolazioni del marchese des Grieux, il quale ha ipotecato una grossa parte del patrimonio familiare. L'unica via di salvezza consiste nella morte della 'baboulinka' (in russo "nonnina"), Antonida Vasil'evna, l'anziana nonna proprietaria della futura eredità.
Tutti attendono con ansia l'arrivo dalla Russia della lettera con la notizia del decesso della nonna, malata da tempo, in modo tale che il generale possa pagare i debiti al "francesino" des Grieux, così da poter celebrare il matrimonio tra Polina e lo stesso marchese, e che il generale possa sposare mademoiselle Blanche. La lettera non arriverà mai per lasciare spazio ad una serie di vicende tra il comico e il grottesco…
Il gioco da sempre rappresenta per l’uomo una sfida personale contro se stessi e contro gli altri e un modo per scaricare i propri impulsi con l’irrazionalità del rischio che permette di abbandonarsi al caso e di sognare una via di salvezza che in realtà è prigionia. Quando accade che crea una forte dipendenza, una passione distruttiva, una fissazione che porta l’uomo alla distruzione interiore è il caso del cosiddetto “gioco d’azzardo”. E’ proprio questo potere distruttivo che Dostoevskij testimonia nel romanzo, analizzando l’animo del giocatore. Egli descrive il vizio del gioco come una droga che sotto mentite spoglie crea assuefazione, distruggendo come un cancro anche la mente più savia; poiché il gioco non è un problema di mancanza di cultura, il giocatore è una vittima a prescindere dal suo ceto sociale, una vittima che diviene carnefice verso gli altri e verso se stesso.
Una storia assurda questa di Aleksej, come assurda è stata la vita di chi l’ha generata. Una storia dedicata a chi, nonostante tutto, decide di continuare il suo folle cammino.
La frase finale del romanzo è significativa all’inverosimile, in essa si concentra tutto l’animo del giocatore d’ogni tempo, la speranza di dominarsi e la tragica consapevolezza di non potervi riuscire; il rifugio sempre pronto e sicuro del domani.
“Domani, domani tutto finirà!”