Il Governo combatte l’evasione fiscale accanendosi con chi paga le tasse
Il Governo fa le pulci sempre ai soliti noti e ai soliti fessi che pagano le tasse da sempre e fanno la fila per essere in regola
Il Governo prova a risolvere il grande problema dell’evasione fiscale esclusivamente con misure poliziesche anziché pensare e progettare un vera riforma fiscale. E si accanisce essenzialmente con i cittadini censiti fiscalmente e che già pagano le tasse. Mentre per i percettori del reddito di cittadinanza e del reddito di emergenza non mette in atto alcun controllo, anzi chiede una semplice autocertificazione. Eppure il 65 % dei percettori del reddito sono extracomunitari e comunitari che svolgono quotidianamente un lavoro retribuito e a nero.
Una riforma fiscale tanto attesa
Questo fiume di denaro pubblico va a finire nelle loro tasche e conseguentemente finisce direttamente all’estero. Lo Stato dovrebbe recuperare circa 980 miliardi di tasse non pagate attraverso l’Agenzia delle Entrate. Mentre recupera soltanto 17 miliardi di evasione mentre il restante 80 % finisce sotto la voce “inesigibili “. Cosi è stato ammesso recentemente dal Direttore generale dell’Agenzia delle Entrate. Evidentemente lo Stato è compiacente con gli evasori e con i percettori del reddito di cittadinanza e di emergenza.
I controlli su chi paga
Per i cittadini censiti fiscalmente scattano controlli sui conti correnti, sulle spese sostenute, sulle auto, su tutto. Inoltre il governo sta riesumando il redditometro retroattivo dal 2016 in poi. Cosi faranno le pulci sempre ai soliti noti e fessi. Può uno Stato generare leggi macchinose presumendo quali siano i redditi dei cittadini? Perché non ideare e progettare una vera e seria riforma fiscale con norme semplici e chiare consentendo la detraibilità in percentuale di tutte le spese che si sostengono nell’arco dell’anno?
Di conseguenza una riduzione a una sola aliquota del 20 % su tutti i redditi delle persone fisiche e di quelle giuridiche. Si potrebbe pensare anche a ritoccare le tasse sulle imposizioni indirette. Ce la faranno?
Cesare Giubbi