Il Liceo del Made in Italy esiste: “Intrecci”, l’Accademia delle sorelle Cotarella
Dominga Cotarella: “Valorizzare il made in Italy non significa chiudersi, costruire barriere, muri. L’importante è fare bene e presto”
L’idea di un liceo del Made in Italy, lanciata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante la sua visita al Vinitaly di Verona, sta facendo discutere il mondo della scuola e della politica. Ma cos’è il liceo del Made in Italy? E perché Fratelli d’Italia punta a istituirlo? Già nel corso della campagna elettorale, Meloni aveva parlato del prestigio del marchio italiano, aggiungendo che bisogna “investire su questo, difendere il marchio, formare i nostri giovani”.
Made in Italy? La differenza come sempre è nella qualità
“Voglio in Italia un liceo del made in Italy che formi i giovani, per dare continuità a una serie di settori della nostra economia che rischiano di essere totalmente perduti”, insisteva la premier. Ma scuole e indirizzi che formano gli studenti sugli ambiti proposti da Meloni, esistono già. Ci sono gli istituti agrari e turistici, i licei alberghieri, e poi gli istituti di moda e grafica, e i licei artistici, musicali e coreutici.
E allora probabilmente bisogna lavorare sulla qualità degli istituti, sulla loro credibilità e reputazione anche fuori dai nostri confini.
Abbiamo interpellato sul tema Dominga Cotarella, direttore commerciale, Marketing e amministratore delegato di “Famiglia Cotarella”, una delle più importanti aziende vinicole e vitivinicole del nostro Paese e deus ex machina di “Intrecci”, l’Accademia di Alta formazione di Sala, prima scuola in Europa esclusivamente dedicata all’arte dell’accoglienza ristorativa.
“Intrecci”, una scuola di assoluto livello qualitativo, nata nel 2017, ma già con una reputazione solidissima e un potenziale futuro brillante per i ragazzi che seguono i corsi.
Intervista a Dominga Cotarella
Dominga, il settore che più da forza all’idea del Made in Italy, è senza dubbio quello del food e del vino.
Sappiamo bene che l’Italia è un luogo unico al mondo, riconosciuto, apprezzato e amato da tutti. Credo che porre sul tavolo, in modo concreto, il tema della valorizzazione del Made in Italy attraverso la scuola sia assolutamente utile, urgente e indispensabile. Metterlo al centro del dibattito è una scelta giusta.
Nella nostra esperienza, io, insieme a Marta ed Enrica Cotarella (cofondatrici di Fondazione Cotarella) e alla nostre persone, ci occupiamo di vino e di formazione all’accoglienza dell’alta ristorazione e del turismo. E abbiamo sentito l’esigenza di impegnarci anche nel terzo settore, sviluppando con la Fondazione Cotarella progetti finalizzati alla valorizzazione dei territori e ad un nuovo rapporto con l’ambiente, la natura e il cibo.
Nell’idea della premier Meloni di un Liceo del Made in Italy alle materie tradizionali andranno aggiungendosi materie di diritto, economia, marketing e tutela del made in Italy oltre a studi sul mercato internazionale “per tutelare il brand italiano”, nonché studi sulla conoscenza di come sono strutturate e lavorano le piccole e medie imprese italiane. Che ne pensa?
Stiamo toccando con mano che ci sono tutte le condizioni per creare una nuova connessione fra il mondo dell’istruzione e della formazione e il mondo del lavoro. C’è poca conoscenza, troppi luoghi comuni, poca consapevolezza. Credo che parlare dei mestieri legati al Made in Italy sia molto importante e credo che sia anche responsabilità di noi imprenditori ridare valore a professioni che, di solito, vengono percepite di serie B.
Ad esempio, la filiera dei mestieri dell’enogastronomia è molto lunga: agricoltori, agronomi, enologi, camerieri, maitre, sommelier, chef, esperti del territorio, solo per citarne alcuni. E così anche nel mondo del turismo, dell’arte, della moda. L’Economia della Bellezza in Italia, secondo uno studio pubblicato da Banca Ifis un anno fa, vale in Italia circa il 20% del nostro PIL. Dobbiamo ridare valore a tutto questo.
Lo dobbiamo a noi, a chi ci ha lasciato questo straordinario patrimonio e ai nostri giovani. Dobbiamo fare bene e presto.
Mancano risorse umane nel Made in Italy
“Non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti”, ha detto la Meloni premiando al Vinitaly gli studenti degli istituti agrari…
Secondo i dati di Unioncamere, oggi mancano oltre 400.000 persone, concentrate soprattutto nei settori del cosiddetto Made in Italy. Dobbiamo parlarne, dobbiamo raccontare l’importanza di questi mestieri, dobbiamo ovviamente fare in modo che vengano correttamente apprezzati e remunerati.
Ma il ritardo non è solo di fase. E’ un ritardo culturale. Di lungo periodo. E quindi credo sia giusto che anche la scuola e le famiglie possano fare la propria parte. Soprattutto, credo che la scuola debba recuperare un rapporto più stretto con la realtà. Ad esempio, piuttosto che caricare i ragazzi di compiti a casa, sarà molto più utile sviluppare laboratori, esperienze sul campo, incontri con giovani che già lavorano e che possono raccontare le loro prime impressioni.
La dispersione scolastica è spesso figlia della sfiducia, delle paure, delle prime difficoltà. Quante volte sentiamo dire dai giovani, ma anche dai meno giovani: non è per me, non sono capace? Quanti ragazzi finiscono per fare i lavoretti, i lavori di serie B, perché non si sentono all’altezza? E quanti di loro, se fossero, stimolati, incoraggiati, mentre studiano, potrebbero apprezzare quei mestieri parlando direttamente con chi è impegnato in settori così importanti per le transizioni che dovremo realizzare?
Ha aggiunto ancora la premier “Il vino è un pezzo fondamentale della nostra identità e della nostra cultura, è un dovere sostenere questo settore perché funziona anche grazie alla capacità di mettere insieme tradizione e modernità“.
Le famiglie, i ragazzi, gli imprenditori, chi fa sacrifici immensi e spesso non vede la luce, non trova utile ascoltare e leggere tutti i giorni polemiche, dichiarazioni, critiche non costruttive. Chi vive, come noi, le difficoltà e la bellezza di fare impresa, sa che non ci sono scorciatoie. Credo che la necessità di fare bene e di essere concreti stia cominciando a farsi strada. L’esempio del Vinitaly di quest’anno credo sia emblematico.
C’è tanta gente, ma soprattutto c’è un’aria diversa, c’è voglia di fare squadra, di sviluppare le nostre eccellenze. C’è un rapporto diverso fra il pubblico e privato. Abbiamo apprezzato le dichiarazioni e gli impegni del Presidente del Consiglio. E abbiamo avuto l’opportunità di confermarglielo nell’incontro che abbiamo avuto lunedì scorso presso il nostro stand.
Io sono ottimista. Credo sarà importante coinvolgere tutti gli attori che potranno dare il proprio contributo. Anche le critiche e i suggerimenti, serviranno. L’importante è fare bene e presto.
Valorizzare il made in Italy non significa chiudersi, costruire barriere, muri.
Significa essere noi per primi consapevoli di quanto valga il nostro brand Italia e quante ricadute positive potrà avere per la nostra economia e per tutti noi, in tutto il mondo.