Il Lupo della Steppa, Hermann Hesse
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Nel 1924 lo scrittore svizzero-tedesco Hermann Hesse dopo il suo secondo divorzio inizia a lavorare al romanzo “Il lupo della steppa”.
Un intreccio di temi sul tempo, attualità, politica, filosofia, arte, natura umana, religione e tanto altro ancora, animano la storia di un signore borghese di alta cultura e spiccata sensibilità letteraria, artistica e musicale, in piena crisi esistenziale.
Il tipo di narrazione a primo impatto può sembrare difficoltoso da comprendere, per il motivo che si svolge a “scatole cinesi”: Harry Haller, il protagonista, è continuamente assorto in emozioni e azioni, spesso inserite l’una nell’altra in sequenza; pensieri che lo allontanano da una società che sta cambiando rapidamente, in cui egli non si riconosce.
Ma l’isolamento totale è impossibile, ad un ballo Harry incontrerà Ermina. “Era come la vita: sempre attimo, mai calcolabile in anticipo (…)”, la donna del destino, tramite la quale conoscerà Marie e Pablo, un giovane musicista e non solo…
La duplice natura di Harry, come d’altronde tutta la natura umana, è divisa dal mondo (uomo) e dall’estraniamento (lupo). Prendendo atto di questo, Hesse nasconderà l’arte di vivere dietro il segreto di non rinunciare alla convivenza delle migliaia di personalità e universi che possono coesistere nella stessa persona, elevando alla fine il romanzo in una dimensione positiva che a mio parere stravolge completamente la negatività della più ampia dimensione precedente.
Un romanzo che non deluderà i lettori più esigenti; questi ultimi in particolare Hesse li accomoderà su una sedia accanto a Mozart, per loro sarà questione di un attimo sentirsi improvvisamente stupidi perché “nell’eternità, vedi, il tempo non esiste; l’eternità è solo un attimo, quanto basta per uno scherzo”.
Alla fine non è molto chiaro cosa abbia imparato Harry, noi sicuramente ci siamo ricordati di ridere della nostra persona e del mondo.