Il monumento al Circo Massimo per dare voce al mondo dell’arte
Intervista all’autore dell’opera e della protesta, Francesco Visalli
Dal red carpet al Circo Massimo. “La Grande Bellezza”, o forse no. Era il 27 gennaio, e a Roma il pittore Francesco Visalli si autodenunciava per aver commesso un atto di abusivismo, ovvero per aver installato nei pressi del Circo Massimo un monolite dedicato all’artista olandese Mondriaan, senza che nessuno se ne accorgesse. Questo gesto, che altro non è che un atto di protesta, ce lo ha raccontato lo stesso Francesco Visalli.
“Il concetto fondamentale, non pienamente compreso da tutti, è che io non ho trovato un modo beffardo e abusivo per esporre una mia opera. Ciò che ho esposto posizionando quel monolite è tutt’altro: l’azione è stata pensata appositamente per compiere un atto di protesta e di denuncia. Quel monolite non è la rappresentazione di se stesso, ma è un simbolo, un modo per dire a tutti a chiare lettere che esiste un totale abbandono e lassismo nei confronti dell’arte da parte delle istituzioni. Ma anche una totale assenza di controlli e un totale disinteresse nei riguardi del patrimonio storico-artistico che possediamo, nonché un totale menefreghismo nei confronti dell’arte contemporanea”.
Abbiamo incontrato Francesco Visalli nel suo appartamento, dove porta avanti anche il suo lavoro di pittore. Perché la scultura del monolite fa parte di un progetto sperimentale che Visalli sta portando avanti parallelamente alla pittura. Il progetto si chiama “Inside Mondriaan”, e si tratta di uno studio e di una ricerca sull’astrattismo. “Vuole essere una sorta di esplorazione dell’astrattismo – ci spiega Visalli – Ho scelto Mondriaan perché si prestava molto bene a questo progetto”. Partendo da una visione astratta, Visalli vuole quindi portare dalla pittura all’architettura l’astrattismo di Mondriaan, “passando attraverso altre forme, come la scultura, la performance, il design – racconta – Ho trovato molto interessante studiare un quadro, analizzarlo, trasporlo e da questo ricavarne nuove matrici che traspongono l’astratto in materia, quasi come fosse una sublimazione, dare tridimensionalità e corpo a ciò che è effimero, per l’appunto astratto”.
Il monolite installato al Circo Massimo, dal quadro Place De La Concorde, è solo un passaggio intermedio del progetto, una sperimentazione per verificare “come da questa nuova matrice l’applicazione della tridimensionalità potesse trasporre la materia astratta in materia concreta e reale”.
Fatto sta che quel monolite, che rientra in un progetto più grande, è stato il mezzo per veicolare una protesta. Una protesta che è durata circa 2 mesi, dalla notte fra il 24 e il 25 novembre, fino al 27 gennaio, quando l’autore dell’opera e della protesta si autodenunciava.
“Il nostro patrimonio artistico è un bene incommensurabile – continua Visalli – e invece è considerato l’ultima risorsa. Ho voluto esporre l’ottusità delle istituzione nel non riconoscere la validità dell’arte contemporanea. Per fare un esempio: il progetto di valorizzazione delle sponde del Tevere di William Kentridge è stato cassato. E allora io, che non sono nessuno, ho voluto piazzare lì quel bestione per dimostrare a chi ogni giorno sventola e sbandiera l’interesse per il patrimonio artistico che in realtà, se poi gli piazzano un monolite sotto il naso, nemmeno se ne accorgono”.
Ma perché proprio al Circo Massimo? “Perché volevo dissacrare un luogo così importante”. Un luogo così importante, appunto, che nessuno si è accorto del monolite di Visalli. Questo, secondo l’artista, “denuncia non solo il disinteresse nei confronti dell’arte, ma anche la mancanza di sicurezza in questa città, perché ognuno potrebbe fare qualunque cosa alla luce del giorno”. Nella fattispecie, il monolite è stato piazzato lì di notte, “ma per 2 mesi lì è rimasto alla luce del giorno”. Il Circo Massimo è stato scelto come luogo anche perché “vicino a una serie di organi di controllo”, che però evidentemente non controllano come dovrebbero.
Ma c’è dell’altro. Visalli ha voluto denunciare anche “l’impossibilità per gli artisti di esprimersi, a meno che non si faccia parte di una casta, che decide tutto, che decide chi-come-quando può apparire. Casta che sfrutta l’arte e gli artisti solo per i suoi beceri interessi di mercato”. “E se sei un artista che viene dal basso – denuncia Visalli – a Roma non ti viene data l’opportunità di esprimerti. A meno che tu non sia ricco; e allora in quel caso paghi per esporre, e paghi anche la critica di parte”.
Un monolite, 2,50×2,50, che nasconde un mondo: nasconde un progetto artistico e nasconde una denuncia, una protesta. “Ma invece di capirlo e comprenderlo, il mio gesto è stato strumentalizzato – ci racconta Francesco Visalli – Perché uno che non è nessuno, si è preso la libertà di far fare una pessima figura a tutti. E allora, hanno subito spostato l’attenzione su di me, sulle mie vicende personali o sulla valenza artistica dell’opera. Hanno creato una cortina di fumo, per nascondere la verità”. Verità che invece Visalli ha voluto rivelare all’opinione pubblica.
“Quello che è successo – incalza – è la perfetta metafora del mito della caverna di Platone”. Le ombre, se le vediamo da sempre, crediamo siano la realtà. E se qualcuno viene a dirci che la realtà è un’altra, non quella che abbiamo visto, né quella che ci hanno raccontato, “allora viene lapidato”, come sostiene l’artista. E così, si è verificato.
“Quello che ho esposto, lo ripeto, non è una mia opera, perché non cercavo la pubblicità. Speravo che ciò che quel monolite rappresentava, proprio addosso a quel monolite si infrangesse, per poi suscitare una profonda riflessione”. E invece? “E invece hanno solo provveduto a cancellare tutto in fretta, per nascondere la vergogna delle istituzioni e delle amministrazioni”.
Istituzioni e amministrazione che, non accorgendosi di nulla, “hanno contribuito a portare avanti questa performance, fino alla mia autodenuncia”, commenta ancora. Per questo, appena la notizia è venuta agli onori della cronaca, subito si è cercato di mistificare la protesta. “La stessa casta dell’arte – ci dice ancora Visalli – ha riso di me. Invece, se a farlo fosse stato un artista della casta, oggi tutti avrebbero le mani spellate per gli applausi, i complimenti giungerebbero da ogni dove per una protesta condotta in questo modo”.
Dalle parole di Francesco Visalli trasuda amore. Amore per l’arte, amore per questa città. E ce lo conferma: “A me non interessava la pubblicità, tanto che 2 mostre che avrei dovuto fare quest’anno a Roma le ho disdette, proprio perché non si dica che è stato uno spot pubblicitario. Né ho fatto dell’abusivismo. Il mio gesto è stata una protesta, e ho sperato fino alla fine che molti altri si affiancassero, ma questo non si è verificato per via della campagna denigratoria e di mistificazione che è stata portata avanti. Questa città non ha accolto nel modo giusto un atto d’amore che io ho fatto. Perché questo è stato: un atto d’amore, per far risvegliare questa città dal torpore. E per farlo ci ho messo la faccia, mi sono esposto in prima persona. Mi sono impoverito”.
Al momento, da quanto si apprende, alcuni si sono offerti per acquisire il monolite di Visalli, tra cui una scuola e il Comitato della Centocelle storica. “Ovviamente ne sono lusingato e onorato, ma questa città quel monolite non lo avrà mai, perché non lo ha amato come avrebbe dovuto. Quando lo avrò recuperato lo porterò via da qui. Sperando di trovare qualcuno che lo apprezzi e lo tuteli fino alla fine dei suoi giorni. E spero lo voglia acquistare, perché ogni centesimo lo donerò in beneficenza”. Perché anche questo fa l’arte, secondo Visalli: “Non può essere solo fine a se stessa. Deve far del bene agli altri”.
E poi, cosa succederà? “Io sparirò da Roma, e non ci metterò mai più piede”.
Perché Roma è una città che non apprezza ciò che ha. Detiene il più grande patrimonio storico, artistico e culturale del mondo, e lo lascia abbandonato a se stesso. “Non farebbe male a questa città avere un progetto culturale globale, che possa mettere in condizione gli artisti – qualunque forma artistica assumano – di potersi esprimere liberamente. Perché l’arte è libertà, non può essere castigata dagli interessi del momento. E la libertà ancor più dovrebbe esistere nell’arte, che è la quint’essenza dell’espressione. E invece, qui l’arte è considerata l’ultima risorsa”.
E se Visalli si è preso la libertà di compiere un’impresa di questo tipo, che potremmo definire epica, è solo perché ci crede veramente. Anche se si è dovuto rendere conto che quello che fa “non è per questo tempo”. Ma la storia, ne è convinto, “non cancellerà mai quanto è successo, la storia parlerà e dirà la verità. Anche se ora stanno facendo di tutto per nascondere la polvere sotto al tappeto”.