Il Natale ribalta ogni umana prospettiva, per farci liberi nell’amore
Dio non si manifesta in potenza e regalità, ma sceglie di farsi Bambino e nascere poverissimo in una grotta di Betlemme
Il Santo Natale è forse la festa che più di tutte sconvolge ogni umana aspettativa e ribalta ogni umana prospettiva. Il mondo, infatti, e in special modo il mondo contemporaneo propone modelli basati sul successo, la potenza, la ricchezza. Eppure, almeno una volta ogni 12 mesi deve fare i conti con un episodio occorso oltre 2.000 anni fa. Quando il Creatore, tendendo la mano alla Sua creatura, scelse di manifestarSi come un Bambino indifeso, nato poverissimo in una mangiatoia di Betlemme.
Solo l’amore rende realmente liberi
«Fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo super atomico e per far cosa?» Se lo chiedeva, nel 1948, Giovannino Guareschi, l’autore italiano più tradotto al mondo e uno dei più venduti di sempre, nell’antologia “Don Camillo. Mondo piccolo”.
Aveva appena finito di descrivere il parroco e il suo amico-rivale Peppone impegnati nell’allestimento del Presepe. Il sindaco comunista inizialmente non voleva saperne, ma presto si era messo a colorare proprio la statua di Gesù Bambino. Il Messia lungamente atteso, la cui stessa nascita era stata annunciata nell’Antico Testamento come straordinaria.
«Il Signore stesso vi darà un segno» aveva predetto Isaia. «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7, 14). Una profezia avveratasi nel grembo verginale di Maria Santissima, per insegnare all’umanità il vero significato dell’amore, la sola forza in grado di renderci realmente liberi.
Il Santo Natale ribalta ogni prospettiva
«Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano» spiegava Benedetto XVI nella Messa di Natale del 2007. Due anni prima, aveva affermato che «il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. È questo il suo modo di regnare. Egli non viene con potenza e grandiosità esterne. Egli viene come bambino – inerme e bisognoso del nostro aiuto».
E viene in una città minore, «così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda» (Mi 5, 1), e in una grotta, scaldato da un bue e da un asino. Ma forse l’aspetto più mirabile è scoprire, come ha intuito il sociologo Giuliano Guzzo, che quella grotta è il nostro cuore. Quella grotta è ognuno di noi, in cui il Salvatore attende di rinascere e farci rinascere con Lui.
Ecco perché il Santo Natale non può non spiazzare chi si basa su canoni terreni. Ed ecco perché Guareschi ha potuto rispondere alla sua stessa domanda in modo altrettanto sorprendente. «Fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo super atomico e per far cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha pitturato col pennellino».
Buon Natale a tutti!