Il pesce ci tiene lontani dalle malattie, mangiamolo 3 volte a settimana
Mangiare sano è una delle cose a cui non dobbiamo mai rinunciare per mantenerci in salute. E il pesce azzurro soprattutto ci fa stare meglio
Mangiare sano è una delle cose a cui non dobbiamo mai rinunciare per mantenerci in salute. Ecco quali sono i cibi che fanno meglio al nostro organismo e che ci tengono lontani dalle malattie.
Il pesce che consumiamo da dove arriva?
Una volta sapevamo che veniva dai nostri mari ma adesso pare non sia più così. Nei mercati ittici comunali, dove i commercianti acquistano le cassette di pesce all’ingrosso, vediamo prodotti che arrivano da Grecia, Tunisia, Spagna e Marocco.
Sui bancali colmi di ghiaccio e nelle cassette di polistirolo ci sono pesci spada, calamari, vongole, merluzzi, gamberetti rosa e rossi, orate e spigole. Si notano anche alcuni esemplari di pesce illegale, come la “neonata”, anche chiamata “bianchetto”, ovvero novellame di pesce azzurro in età giovanile, in particolare sardine e acciughe, la cui vendita è vietata dal Regolamento dell’Unione Europea 1967/2006. Si trovano anche cassette di legno piene di giovani triglie, troppo piccole per essere vendute legalmente, e polpi privi di alcuna certificazione di tracciabilità. Pescare i piccoli del pesce ne riduce drasticamente la riproducibilità. È uno dei danni maggiori alla fauna ittica.
Siamo più consumatori che produttori
Il pesce ha un consumo locale e un consumo nazionale, concentrato a Milano per i mercati del nord Italia. Secondo le stime di Assoittica del 2020, in Italia si consuma 28 Kg all’anno pro capite di pesce. Secondo Eumofa (Osservatorio europeo del mercato della pesca e dell’acquacolturala) la spesa totale è di 11 miliardi di euro annui e quella pro capite di 207€. Tra le specie più consumate in Italia ci sono acciughe, vongole, orate, spigole e naselli.
Negli ultimi 25 anni, mentre la nostra flotta peschereccia perdeva progressivamente pezzi, passando da oltre 18 mila a circa 12.500 imbarcazioni, e i posti di lavoro calavano di 18 mila unità, le importazioni crescevano di pari passo con l’aumento del consumo di pesce, quello importato era il 27% nel 1985, oggi è il 79%. Il pesce pescato nei mari italiani raggiunge oggi la quota di 180 mila tonnellate. Quello importato si attesta invece su 1.069.343 compresi pesci congelati, essiccati e preparazioni, tra questi quello fresco importato arriva a quasi 240 mila tonnellate. Il consumo italiano è in gran parte orientato al pesce fresco, che rappresenta la maggior parte del totale, mentre il consumo di congelato si aggira attorno al 20%, il conservato 22% e affumicato 9%.
La maggior parte del pescato consumato in Italia, quindi, è importato dall’estero e per tre quarti è venduto attraverso la Grande distribuzione organizzata. Le importazioni di pesce in Italia, nel 2021, arrivavano principalmente da Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Spagna e Grecia. Quest’ultimo paese in particolar modo ci rifornisce di orate e spigole. Pesce a basso costo che proviene principalmente dagli allevamenti intensivi di acquacoltura. Ve ne sono diversi anche in Italia ma evidentemente siamo grandi consumatori e dobbiamo importarlo da fuori.
La pesca in crisi per lo sfruttamento e l’inquinamento
Nonostante vi sia un’alta domanda di pesce da parte dei consumatori, la flotta di pescherecci italiani vive una crisi senza precedenti. Negli ultimi mesi, anche a causa dell’aumento del prezzo del gasolio, numerosi sono stati gli scioperi organizzati da parte di diverse marinerie in tutta Italia. La crisi della pesca è dovuta a diversi fattori che non possiamo approfondire qui. Tra i più importanti vi sono lo sfruttamento intensivo dei mari da parte dell’industria ittica internazionale, che non ha soste nel depredare i mari e dall’inquinamento, in particolare di residui chimici sversati dai fiumi e le plastiche che formano ormai delle vere e proprie isole al centro degli oceani, grandi come la Francia o la Spagna.
Per questi motivi ci si rivolge sempre più spesso al pesce di allevamento, che comunque delle differenze rispetto al pescato selvaggio le deve avere. Anche perché quella delle orate e delle spigole tirate su nelle vasche, è una condizione di vita innaturale, con un’alimentazione controllata e anomala, rispetto alla cattura selvaggia. In molti sostengono che il sapore del pesce di allevamento è meno apprezzabile rispetto allo stesso pesce catturato in mare. La cosa si riflette anche sul salmone.
Possiamo mangiare il salmone di allevamento?
Salmone, trota, sgombri, aringhe, sardine e acciughe: sono pesci ricchi di sali minerali (tra cui il selenio, un efficace antiossidante, calcio, fosforo, ferro e iodio) e vitamine (in particolare A e B), è facile da masticare e da digerire e contiene anche un’altissima concentrazione di omega-3, gli acidi grassi polinsaturi che svolgono effetti benefici sul cuore e la circolazione in generale, abbassando il livello di colesterolo. Si tratta di grassi che non vengono prodotti dal nostro organismo e che quindi dobbiamo introdurre attraverso l’alimentazione, mangiando pesce azzurro almeno tre volte a settimana.
Si fa una differenza tra salmone di allevamento, solitamente norvegese e salmone selvaggio che proviene dalla pesca lungo le coste di Alaska, Scozia o Cile. La differenza c’è sicuramente nel sapore del pesce ma secondo molti anche nell’apporto salutare. Si ritiene che nell’allevamento vengano forniti al pesce farina di animali terrestri, che solitamente non potrebbe trovare in mare e anche antibiotici per evitare che si verifichino malattie. Per avere maggiori delucidazioni ho verificato quello che sostiene una cara amica, da me invitata spesso a Unomattina e a Linea Verde (Rai uno), quando gestivo quei programmi come autore: Valentina Tepidino, medico veterinario specializzata nell’ispezione dei prodotti ittici e referente nazionale della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP) per il settore ittico.
L’allevamento del salmone norvegese nelle vasche in mare
Il programma di allevamento norvegese si basa su 40 stock di salmoni selvaggi provenienti dai fiumi norvegesi: questo significa che i salmoni allevati oggi sono molto vicini ai parenti selvatici perché sono solo alla 30esima generazione da quando sono stati catturati i primi pesci selvaggi. I salmoni adulti in allevamento vivono in grandi aree in mare aperto, delimitate da reti , in modo che ci sia un flusso costante di acqua: le reti sono profonde 50 metri e hanno una circonferenza tra 60 e 160 metri. Secondo la legge norvegese, in un metro cubo d’acqua possono stare al massimo 25 chili di salmone. Cosa significa? “Che il 97,5% del volume nella rete è…acqua, i salmoni rappresentano solo il 2,5%”, assicura Valentina Tepidino. “Qui trascorrono da uno a due anni di vita, con un’alimentazione regolata in base alle stagioni.”
Secondo l’Unione Europea, con il Regolamento n. 1276/2011: le procedure standard di produzione e alimentazione applicate all’industria dell’acquacoltura norvegese garantiscono che le specie di salmonidi allevati in Norvegia non siano portatori di nematodi o parassiti potenzialmente pericolosi per i consumatori. E l’Autorità Norvegese per la Sicurezza Alimentare ha dichiarato sicuro mangiare il salmone d’allevamento crudo, per esempio nel sushi, senza un precedente abbattimento.
“I salmoni norvegesi vengono vaccinati, quindi non c’è alcun bisogno di antibiotici e c’è una regolamentazione molto severa a riguardo”, assicura la dottoressa. Inoltre, l’Ue vieta l’uso di ormoni della crescita, dei quali non c’è traccia nei salmoni norvegesi.
Proteine, lipidi, carboidrati, vitamine, minerali e antiossidanti: è la dieta del salmone norvegese d’allevamento. Si tratta di prodotti naturali ottenuti dall’agricoltura: il 70% di quel che mangiano i salmoni allevati sono prodotti a base vegetale, il 30% prodotti derivati dalla pesca come farina di pesce e olio di pesce. Non fanno parte della dieta dei salmoni di allevamento norvegesi: Antibiotici, Ogm, Farina da animale terrestre.
L’omega 3, previene le malattie cardiovascolari
Oltre il salmone, anche il pesce azzurro, come lo sgombro, le acciughe e le sardine, sono una preziosa fonte di omega 3, acidi grassi che agiscono come antiossidanti, prevenendo le malattie cardiovascolari e mantenendo giovare l’organismo. Il pesce è l’alimento giusto anche per migliorare l’umore o contrastare l’insonnia.
Va da sé che un’alimentazione ricca di omega-3 renderà il cervello più reattivo, giovane e in salute e gli regalerà, grazie anche al loro potere antiossidante che fa da scudo agli effetti negativi dei radicali liberi, migliori capacità cognitive e più memoria, oltre a costituire un valido sostegno contro la depressione collegata, come molti studi dimostrano, anche a bassi livelli di omega-3. Meglio inserire nella propria dieta questi acidi grassi per avere una mente più attiva e un umore migliore.