Il Premier Draghi annuncia l’obbligo vaccinale: con nove mesi di ritardo
Una misura del genere, ora che il traguardo dell’80% di immunizzati è alle porte, non ha senso. Un po’ come l’Ema che fa allarmismo preventivo (e antiscientifico) sulla variante Mu
Il Premier Draghi ha laconicamente affermato che l’obbligo vaccinale, proprio come la terza dose di siero, è ben più di una semplice ipotesi. Un programma che, anche prescindendo da considerazioni di altro tipo, suona come minimo tardivo, visti i numeri più che incoraggianti della campagna di vaccinazione. D’altronde, quanto a tempistiche, diciamo, approssimative l’ex numero uno della Bce è decisamente in buona compagnia.
Gli annunci del Premier Draghi
Il momento clou dell’ultima conferenza stampa chigiana è stato quando il Premier Draghi si è sentito chiedere se si arriverà all’obbligo vaccinale e alla terza dose. «Sì, a entrambe le domande», ha replicato secco SuperMario – perlomeno dopo che Ema e Aifa avranno reso l’antidoto un farmaco ordinario e non più emergenziale.
Un annuncio che ha scatenato la bagarre, in primis politica. Con il leader leghista Matteo Salvini che si è detto contrario al vincolo, «che non esiste in nessun Paese europeo». In effetti, le uniche Nazioni ad averlo introdotto sono Indonesia, Stati Federati di Micronesia e Turkmenistan.
A destare perplessità, però, è anche il momento. Lo stesso Presidente del Consiglio, infatti, ha precisato che «verso la fine di settembre l’80% della popolazione sarà completamente vaccinato, già oggi siamo al 70%». Numeri più che incoraggianti, ma che rendono la misura coercitiva abbastanza illogica: avrebbe allora avuto più senso nove mesi fa, all’avvio della campagna vaccinale. Quando comunque era in carica il secondo Governo a guida Giuseppe Conte.
Anche sull’ulteriore richiamo permangono dubbi, soprattutto perché l’Oms continua a ritenerlo non necessario, se non per gli immunodepressi. In questo caso, però, c’è almeno il conforto dei dati che arrivano da Israele. Dove la terza inoculazione è realtà già da tempo, e fa crollare il rischio di positività dell’84% in 15-20 giorni.
L’allarmismo preventivo dell’Oms
D’altra parte, a livello cronologico neppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità è esattamente irreprensibile. Basti considerare l’allarme, o meglio l’allarmismo ingiustificato dell’ente sanitario dell’Onu attorno alla nuova variante Mu (che in greco, oltretutto, correttamente sarebbe “Mi”). Le cui mutazioni «suggeriscono che potrebbe essere più resistente ai vaccini» ha avvertito il bollettino settimanale della World Health Organization.
Peccato che per la scienza i condizionali non abbiano alcun valore. Salvo che l’obiettivo sia far rivoltare Galileo nella tomba.
Come se non bastasse, ad aggiungere confusione a confusione ci hanno pensato i media mainstream, confondendo le dizioni “variante di preoccupazione” e “variante di interesse”. Queste ultime sono quelle che rappresentano un rischio potenziale, le prime invece sono associate a un pericolo reale. Per intenderci, la famigerata variante Delta fa parte delle varianti di preoccupazione, la Mu (con buona pace della maggioranza del quarto potere) delle varianti di interesse.
Insomma, nell’establishment c’è chi parte troppo in anticipo e chi in vistoso ritardo. E di treni che arrivino in orario, come sempre, neanche l’ombra.