Il sindacato di polizia e la mascherina rosa. C’è proprio bisogno di sollevare un polverone?
La notizia è di quelle che solleticano tanto le testate giornalistiche quanto la canizza sui social. Come sempre in cerca dell’effetto e – non fa mai male – della zampata ideologica
Il fatto
E’ successo che il generale Figliuolo ha fatto distribuire set di mascherine Ffp2 rosa a settori della PA. Naturalmente non solo di questo colore; ma ci sono capitate anche queste, inviate, fra l’altro, alle forze di polizia di alcune province. Di qui l’iniziativa del Sindacato Autonomo di Polizia (SAP) di scrivere una lettera al Capo della Polizia, chiedendo di correggere la fornitura, in quanto il colore “inusuale” non si addice all’autorevolezza dell’istituzione.
Le reazioni
Inutile dire che la notizia è stata ripresa da tutti quelli (noi compresi) che hanno un qualunque megafono a disposizione; non escluse – anzi..!, come sempre – le comunità dei social, la pancia del Paese digitale.
Uno potrebbe obiettare: ma di questi tempi non avete niente di meglio a cui pensare? E l’obiezione, a seconda dei casi e delle casacche, potrebbe essere rivolta tanto al SAP stesso quanto alle testate giornalistiche e para-giornalistiche. E, siccome l’antagonismo attizza più dell’obiettività, le critiche al sindacato di polizia la fanno da padrone.
La lettura dell’episodio
Ora, separando un fatto dai suoi protagonisti, dovremmo sempre chiederci se una certa posizione ha senso di per sé. E secondo me qui, anche se l’emergenza dovrebbe indurre a sorvolare su tante cose, una sua sensatezza ce l’ha.
In un Paese in cui le forze dell’ordine fossero diffusamente percepite come un presidio di sicurezza (volenteroso anche se fallibile) da cui attingere noi tutti fiducia, e questo stesso sentire si trasferisse al tono e ai contenuti dei pubblici commenti, il colore di una mascherina non farebbe protestare nessuno; rimarrebbe confinato a qualche battuta fra agenti, al massimo a qualche imbarazzo dei più tradizionalisti. Ma diverso è il sentimento che emerge oggi sfogliando i quotidiani – per non parlare dei social! – dove dall’ironia verso gli autori della richiesta si passa ad accostamenti spropositati (Il Post ci ricorda che “quello stesso organo nel 2014 a un suo congresso applaudì a sostegno degli agenti condannati per l’uccisione di Federico Aldrovandi, e che nel 2018 si espresse a favore della nomina di Salvini a ministro dell’Interno”), per dire che siamo in presenza di una protesta scorretta e rivelatrice, figlia di atavico maschilismo e non solo. Lo stesso Riformista, interprete controcorrente di tante giuste perorazioni anche in senso contrario alle facili certezze, si sente di titolare “«Le mascherine rosa non le indossiamo», l’assurda protesta ‘per il decoro’ della polizia”.
Nei panni di un agente
Provate a mettervi nei panni di un agente di polizia – anche donna – chiamato a intervenire su una piazza “difficile” (penso a quartieri romani come San Basilio o Centocelle, o a Napoli Scampia o Montecalvario; con tutte le degnissime persone che pure li abitano). Ce lo vedete a vestirsi d’autorità con una mascherina rosa? Giusto o sbagliato che sia trarre conclusioni dal colore. Pragmaticamente, non tutti gli agenti sono filosofi, sociologi, antropologi o amanti dello spettacolo; alcuni vedrebbero sommarsi alle difficoltà oggettive del loro lavoro anche una quota di imbarazzo personale. In fin dei conti – come quella lettera pure ricorda – “l’uso dell’uniforme è regolamentato” e ispirato a criteri di sobrietà; cosa su cui in passato erano arrivati più volte ammonimenti e reprimende.
La leggerezza. Sappiamo ancora esercitarla?
Insomma. Cosa sarebbe ora più ragionevole fare? Azzarderei: che la struttura commissariale sostituisse le mascherine (tanto, ormai le forniture di dispositivi di protezione dovrebbero essere assicurate). Così, senza clamori, precisazioni e polemiche.
E noi commentatori? Finirla di alludere alludere alludere.
Con un po’ di leggerezza. Che significa lievità: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” (Italo Calvino – Lezioni Americane).